LUOGHI DELLA FEDE NEL DECANATO DI LUINO
Agra
La chiesa di S. Eusebio (ora S. Giuseppe) ora unita al Monastero delle suore
Romite Ambrosiane.
Brissago Valtravaglia
La chiesa di S. Giorgio, ricca di affreschi del XV-XVI sec.
Curiglia con Monteviasco
Il rustico monumento di fede dedicato a S. Carlo Borromeo d'epoca seicentesca.
I santuari della Madonna del Tronchedo e della Madonna della Guardia che
aprono la via verso gli alpeggi dove si conservano alcuni incisioni rupestri.
Dumenza
La chiesa di S. Giorgio a Runo, di origine romanica ma rifatta nel 1494.
Il campanile del XIII sec. era forse una torre militare. Chiesa e romitorio
a Trezzo con percorso Via Crucis da Trezzino.
Germignaga
La chiesa di S. Giovanni al cimitero sorgeva dentro il castello medioevale.
La chiesa di S. Rocco in stile barocco conserva un organo del Carnisi (1852).
Grantola
La chiesa di S. Carlo disegnata dal Richini e quella di S. Pietro al cimitero,
con qualche antico affresco ed un bel campanile.
Pino sulla sponda del Lago Maggiore
La torre medioevale dove ha sede il municipio, risalente al '200. La chiesa
di S. Quirico rifatta nel '700 offre un bel sagrato con panorama sul lago.
Dal lago è ben visibile lo spuntone di roccia detto "sasso di
Pino" ramm
Tronzano Lago Maggiore
La chiesa dell'Assunta nella frazione di Bassano, affiancata da un integro
campanile romanico, con spettacolare vista sul lago. Così pure dalla
chiesa di S. Maria al cimitero dove si ammira la Cappella "liberty"
della fam. Marchelli. Altre chiese: S. Rocco a Tronzano e S. Sebastiano
a Bassano.
Veddasca
La chiesa di S. Silvestro a Cadero con il suo campanile romanico; dei Ss.
Gervaso e Protaso a Graglio; di S. Lorenzo ad Armio; dell'Assunta a Lozzo
e della Natività di Maria a Biegno. Possibilità di escursione
al lago Delio.
(continua)
Luoghi dello spirito sul lago di Como
BASILICA DI SAN PIETRO AL MONTE E ORATORIO DI SAN BENEDETTO
Sono considerati le più importanti e articolate testimonianze dell'arte
romanica nell'occidente europeo e fanno parte, con il Monastero a valle
di San Calocero, di un unico insediamento benedettino. L'origine si perde
nei secoli: i primi documenti di fondazione riportano al VII-VIII secolo
mentre la tradizione ne fa risalire la fondazione all'epoca longobarda.
La chiesa risale all'XI secolo. All'interno cicli di affreschi e modellati
plastici dell'XI e XII secolo oltre alla narrazione apocalittica più
interessante del romanico italiano: il trionfo del bene sul male con la
sconfitta del drago da parte dell'arcangelo Michele.
Informazioni utili
Sito web: http://www.amicidisanpietro.it - Email: info@amicidisanpietro.it
Tel.: +39 346 3066590 Associazione Amici di San Pietro al Monte (per visite
guidate) - +39 0341 550711 Parrocchia
Aperta domenica dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 13:30 alle 16:00 con visite
semplici o guidate a richiesta.
Ogni prima domenica del mese si celebra la messa alle 10:30.
Raggiungibile solo a piedi su un sentiero montano (300m di dislivello) di
circa un'ora di cammino.
Indirizzo: Pendici del Monte Cornizzolo - Civate
ABBAZIA DI PIONA
La storia di Piona mette radici nel 610 d.C., quando sulla penisola venne
fondato un oratorio dedicato a Santa Giustina. Fu consacrata nel 1138 accanto
ai resti di un altro edificio romanico, di cui resta la sola abside. Negli
anni Sessanta è stato elevato ad abbazia. La navata a capriate ha
leoni marmorei e affreschi del XII e XIII secolo; a lato si entra nel suggestivo
chiostro (1252-57) circondato da raffinate colonne e decorato da dipinti
di diversa data tra cui raro calendario. Presso l'Abbazia è ancora
oggi possibile acquistare rimedi di erboristeria e liquori prodotti dai
monaci seguendo antiche tradizioni.
Informazioni utili
Sito web: http://www.cistercensi.info/pionaTel.: +39 0341 940331 Fax: +39
0341 931995
Aperto tutti i giorni dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 14:30 alle 17:00.
Indirizzo: Via Abbazia di Piona, 55 - Loc. Piona - Colico
SANTUARIO DI GESU' BAMBINO DI PRAGA
Arenzano (Genova)
La devozione a Gesù Bambino nel convento di Praga nacque dalla
fede di padre Giovanni Ludovico dell'Assunta nel 1628.
Secondo la narrazione del cronista, appena eletto priore, "ordinò
al sottopriore e maestro dei novizi, padre Cipriano di Santa Maria, che,
per educare i nuovi religiosi, procurasse una bella statua o un'immagine
rappresentante il figlio di Dio in forma infantile e la collocasse nell'oratorio
comune, dove i frati ogni giorno, mattino e sera, si dedicavano alla preghiera.
La principessa Polissena che donò al convento la statua desiderata.
Era un ricordo di famiglia; rimasta vedova, nel 1628 donò la statuetta
di cera di Gesù Bambino al convento, affinché vi fosse degnamente
custodita. Alcuni anni più tardi, nel 1641, su richiesta dei laici
devoti, trovò posto in chiesa, offerta alla pubblica venerazione
dei fedeli.
Fin dai primi anni del 1600 i Carmelitani scalzi valutarono la possibilità
di fondare un convento ad Arenzano come punto di appoggio nel cammino tra
i conventi genovesi ed il Deserto di Varazze. Solo nel 1889 padre Leopoldo
Beccaro poté realizzare il sogno accarezzato da anni e intitolò
la nuova casa religiosa a santa Teresa di Gesù.
Il padre Giovanni della Croce, priore dei Carmelitani scalzi di Arenzano,
con il consenso della comunità, il 25 settembre 1900 collocò
un piccolo quadro raffigurante Gesù Bambino sotto la statua della
Madonna del Carmine nella chiesetta del convento. Da quel momento le cose
progredirono con rapidità. Il quadretto fu presto sostituito da una
statua, donata anche questa volta da una donna, la marchesa Delfina Gavotti
di Savona. Essa fu benedetta il 2 giugno 1902 da padre Giovanni della Croce.
Nel 1904 iniziò la costruzione di una chiesa più ampia, inaugurata
quattro anni dopo. Nacque la Confraternita del santo Bambino Gesù
di Praga, approvata da Pio X nel 1903 e nel 1904. Una serie successiva di
avvenimenti contribuì a proiettare il santuario al di là degli
orizzonti locali. Il 7 settembre 1924, in seguito ad un decreto del Capitolo
Vaticano, la statua di Gesù Bambino fu solennemente incoronata dal
cardinale Merry del Val con una corona benedetta personalmente da Pio XI.
Il santuario fu consacrato nel 1928 e ricevette in quell'occasione il titolo
di "basilica minore".
Passati gli anni del dopoguerra, nel 1962 fu deciso un ampliamento del santuario,
portato a termine nel 1966. Non solo la chiesa, ma anche la struttura circostante
divenne più funzionale per accogliere l'accresciuto numero di pellegrini
e visitatori.
Oggi la devozione a Gesù Bambino di Praga, diffusa in numerosi paesi
del mondo, ha nel santuario di Arenzano il suo centro di irradiazione più
universale e più vivace. (nov. 2012)
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SASSO
Orselina, Locarno (Svizzera)
E' un' importante meta di pellegrinaggio, sorge a Orselina, frazione
di Locarno (Svizzera) sulla sommità di uno sperone di roccia che
s'innalza davanti al Lago Maggiore. Oltre al convento il complesso architettonico,
o Sacro Monte, comprende la chiesa dell'Annunciazione, le cappelle lungo
la vecchia strada di accesso a valle col portico della croce, la salita
della Via Crucis e le sue stazioni in edicole, la cappella della Pietà
nel cortile, del Compianto sul Cristo morto, dell'Ultima Cena, e dello Spirito
Santo, poste sotto il portico del santuario, la scalinata, la croce votiva
cimiteriale, il sagrato e infine la Chiesa di Santa Maria Assunta detta
Madonna del Sasso, i cui imponenti ed accurati lavori di restauro, iniziati
nel 2010, sono terminati nel marzo 2012.
Alla fine del XV secolo, il religioso francescano fra' Bartolomeo Piatti
d'Ivrea, si insediava come eremita in un luoghetto alla base della rupe,
proveniente dal convento di San Francesco a Locarno. La sua vita ascetica
promosse nella popolazione locale un forte culto alla Vergine, che secondo
la tradizione sarebbe apparsa al frate. Una edicola votiva affrescata ricorda
l'evento dell'apparizione.
Con l'intenzione di realizzare un Sacro Monte sul modello di quello di Varallo
in Val Sesia, a seguito di una visione avvenuta nel 1480, fece costruire
l'oratorio della Vergine Avvocata e la cappella della Pietà, consacrati
nel 1487. Poi venne dato inizio alla costruzione della chiesa di Santa Maria
Annunciata che fu consacrata nel 1502. Sul finire del XVI secolo si diede
inizio alla costruzione di una seconda chiesa, collocata in cima alla rupe,
che venne consacrata nel 1616. Con l'incoronazione della Madonna del Sasso,
avvenuta l'anno successivo, si diede inizio a tutta una serie di lavori
di abbellimento e di completamento del Sacro Monte. Sono di questo periodo
le cappelle e le sculture fittili poste al loro interno.
La chiesa conserva importanti opere d'arte, statue, quadri di varie epoche.
Di notevole pregio la statua miracolosa della Madonna del Sasso, opera lignea
della fine del Quattrocento. (ott. 2012)
Santuario Madonna del Rosario
Varallo Pombia (Novara)
Situato nei pressi della parrocchiale, il Santuario Madonna del Rosario,
restaurato nel XVIII secolo, presenta una facciata a capanna in cotto ancora
incompleta.
L'altare maggiore per molti secoli è stato oggetto di intensa religiosità
da parte di numerosi devoti ed anche oggi il sentimento di venerazione è
fortemente sentito, come l'altare posto nella navata settentrionale, dedicato
a Santa Cristina.
In particolar modo è oggetto di culto l'immagine, raffigurante la
Madonna col Bambino in trono e quattro angeli ai lati, ritenuta miracolosa
a cui la popolazione è sempre stata molto devota.
Numerosi i restauri succeduti nel corso degli anni: nel 1830 ampliamento
della sacrestia, trent'anni dopo vennero aggiunte due navate ed è
del 1863 l' altare in marmo in onore di Santa Cristina.
Tale altare è sovrastato dalla pala di Andrea Lanzani (1641-1712)
raffigurante il Martirio della Santa. Il campanile è del XIII secolo.
A lato dell'altare maggiore, due grandi dipinti del Novecento, eseguiti
da un artista originario di Varallo Pombia, raffigurano il Miracolo della
giovinetta che riacquistò l'udito e la parola davanti all'immagine
mariana e la Madonna del Rosario con Santi e committenti in abiti rinascimentali,
con i quindici tondi dei Misteri del Rosario. è un rifacimento secentesco
della precedente chiesa romanica.
Di pregio è la pala posta sopra l'altare di Santa Cristina che raffigura
il Martirio della Santa.(sett. 2012)
L'Eremo di Bienno
Si trova in Valcamonica ed è aperto a famiglie, gruppi, singoli per esercizi spirituali, incontri, ritiri.
L'Eremo di Bienno sorge nella media Vallecamonica, nel comune di Bienno
(Brescia), su un colle che domina la valle. Ospita comunità parrocchiali
e religiose, gruppi giovanili, familiari, professionali, culturali, associazioni
e movimenti, singole persone. Offre molte possibilità di formazione
e di crescita nella fede: esercizi spirituali, ritiri, incontri di preghiera,
corsi di formazione teologica e biblica, incontri per giovani, per i ragazzi
che si preparano a ricevere i sacramenti della iniziazione cristiana, per
i laici nelle loro diverse vocazioni, per i sacerdoti e le religiose.
Ha corsi di preparazione al matrimonio; accoglie anche persone singole per
un'esperienza di dialogo spirituale. La struttura può contare su
circa 50 camere per gli ospiti, un auditorium di duecento posti, con annesse
sale per gruppi e dunque può accogliere convegni culturali, congressi
di categoria o aziendali. È dotato di una biblioteca con circa 30.000
opere, ancora in fase di sistemazione definitiva. La posizione in cui si
trova la casa costituisce una terrazza naturale a picco sulla Valle Camonica
nella suggestiva cornice dei monti appartenenti alle catene dell'Adamello
e della Concarena. A centro metri sorge il Monastero delle Clarisse che
volentieri condividono i momenti di preghiera liturgica e la celebrazione
eucaristica.
La vita dell'Eremo è animata da una piccola comunità: un sacerdote
diocesano e tre suore dorotee di Cemmo. Per l'ospitalità a gruppi,
famiglie e giovani verranno applicati prezzi concordati di volta in volta.
(Ago.2012)
Per informazioni e prenotazioni:
Eremo dei santi Pietro e Paolo, direttore: don Roberto Domenighini.
Località San Pietro 1 - 25040 Bienno (Brescia) Tel. 0364/40.081
Sito: www.eremodibienno.it; e-mail: info@eremodibienno.it
IL SACRO MONTE DI ORTA
Il Sacro Monte di Orta, situato sulle alture che si affacciano sul Lago
d'Orta (Novara), è un percorso devozionale che risale al secolo XVII,
composto da venti cappelle decorate da pitture murali e statue a grandezza
naturale in terracotta, che illustrano alcuni episodi della vita di san
Francesco d'Assisi.
Nella prima fase costruttiva le soluzioni architettoniche prescelte fanno
riferimento a modelli tardo rinascimentali: attivi in questa fase, tra gli
altri, lo scultore Cristoforo Prestinari, i pittori Giovanni Battista e
Giovanni Mauro della Rovere e il Morazzone, che realizzarono gruppi scultorei
intimi e raccolti, definiti con sobrio realismo e raffigurazioni pittoriche
descrittive chiare, ma anche eleganti ed aggiornate alla moda dell'epoca.
Dalla metà del Seicento si fa strada un profondo cambiamento nel
modo di intendere il percorso sacro che viene riproposto in chiave di sfolgorante
spettacolo barocco: protagonisti in questa fase sono lo scultore Dionigi
Bussola ed i pittori fratelli Nuvolone.
A fine secolo il pittore lombardo Stefano Maria Legnani introduce al Sacro
Monte il nuovo gusto rococò che contraddistingue anche gli interventi
settecenteschi, sia per gli affreschi che per le sculture realizzate dal
Beretta.
A fine Settecento si chiude definitivamente la storia del cantiere del Monte
con la costruzione della neoclassica Cappella nuova, rimasta incompiuta.
Il Sacro Monte di Orta, unitamente agli altri sei Sacri Monti del Piemonte
e due della Lombardia, è dal 2003 Patrimonio dell'Umanità
dell'Unesco in quanto rappresenta "la riuscita integrazione tra architettura
e belle arti in un paesaggio di notevole bellezza, realizzati per ragioni
religiose in un periodo critico della storia della Chiesa cattolica".
L'afflusso al Monte di visitatori è sempre intenso. I fedeli e turisti
provengono oltre che dall'Italia, da tutta Europa e dal mondo.
Santuario Madonna della Neve - Adro (Brescia)
Il Santuario è sorto in seguito all'apparizione della Madonna
in questo luogo a un pastorello sordomuto l' 8 luglio 1519. Il messaggio
della Madonna conteneva un richiamo ad una vita cristiana un po'... più
cristiana, e la costruzione di un santuario. Il miracolo del sordomuto che
ha cominciato a udire e a parlare ha fatto sorgere in tempo di record il
santuarietto (1521). Di questo si conserva solo l'abside con l'affresco
dell'apparizione a fianco dell'altare maggiore attuale. L'affresco è
del 1550 circa. Il santuario fu visitato da San Carlo Borromeo nel 1581.
Divenuto troppo piccolo per l'affluenza dei pellegrini, nel 1750 fu demolito
per far posto a quello attuale. Fu costruito su disegno dell'architetto
Gaspare Turbini e inaugurato nel 1776. La sua vita ha incominciato a rifiorire
non appena ebbe un'appropriata assistenza con lo stabilirsi dei Carmelitani
di Santa Teresa, che costruirono il convento qui accanto con il loro seminario.
Sotto il profilo architettonico il santuario è veramente pregevole.
Il centro spirituale, dopo il tabernacolo, è la Cripta (scuròlo)
posta sotto l'altare maggiore. La statua attuale in legno dorato è
dello scultore Poisa di Brescia e sostituisce la primitiva del Fantoni.
Fu visitato da Giovanni XXIII e Paolo VI quand'erano cardinali. Accanto
al Santuario un discreto parco ben ombreggiato, con tavoli e panchine offre
gradito ristoro ai pellegrini.
Il Santuario Madonna della Neve si trova in Via Nigoline, 2 ad Adro -
Tel. 030. 7356623 (diocesi di Brescia).
La festa principale del Santuario si celebra il 5 agosto: Madonna della
Neve, giorno in cui si ricorda la dedicazione di S. Maria Maggiore in Roma.
Il Santuario è aperto dalle 6 alle 12 e dalle 14,30 alle 19,30. Il
Santuario offre ambienti per ospitalità diurna: un salone della capienza
di 250 persone per raduni e conferenze.
Santuario della Beata Vergine Addolorata- Caderizzi (Bergamo)
Il Santuario è custodito dai Monaci Benedettini Cassinesi e si trova
in Via Santuario dell'Addolorata a Pontida (Tel.035.795025) in diocesi di
Bergamo.
Come si raggiunge. In auto: autostrada A4 Torino-Venezia, uscita a Bergamo
o Dalmine, proseguire per la statale Briantea, fino a Pontida. In treno:
linea Bergamo-Lecco, stazione di Pontida.
Il Santuario, posto su uno dei declivi boscosi della Val San Martino, risale
al 1683, ed è sotto la giurisdizione dei Monaci Benedettini dell'Abbazia
di Pontida, fondata da sant'Alberto da Prezzate nel 1076.
Subito si diffonde la devozione alla Madonna dell'Addolorata, e il Venerdì
di Passione del 1735 si parla per la prima volta di una festa all'oratorio
di Caderizzi.
Nel 1737 ci fu il primo ampliamento con l'erezione dell'altare dedicato
a S.Antonio di Padova, alla Madonna del Carmine e a S.Bernardino da Siena.
Nel 1876, l'intervento materno della Madonna, in seguito a un voto fatto
da tutta la popolazione, stroncava una misteriosa malattia che colpiva tutte
le gestanti e le partorienti.
Da allora non è mai venuta meno la processione votiva annuale al
Santuario di Caderizzi, soprattutto da parte delle spose e delle mamme,
nel Venerdì della prima settimana di Passione.
Al primo ampliamento del 1737, ne seguì uno straordinario dopo la
prima guerra mondiale e nel 1919 l'abate Schuster pose la prima pietra.
Nel 1954 ci fu un ulteriore rinnovamento accompagnato da opere di abbellimento.
La festa principale con processione dell'abbazia al Santuario si celebra
il venerdì prima della domenica delle Palme. Messa feriale ore 15,30,
festiva ore 16,30
Santuario Madonna delle Grazie - Ardesio (Bergamo)
Il Santuario ad Ardesio Tel.0346.33097 (diocesi di Bergamo). Le giornate
commemorative dell'apparizione ricorrono il 22 giugno con la grande processione
della sera; il 23, giorno dell'apparizione e il 24, anniversario dell'incoronazione.
Il Santuario è aperto dalle ore 7 alle 20.
COME SI RAGGIUNGE In auto: da Bergamo, strada della Val Seriana, a Ponte
Selva deviazione per Valbondione (circa 38 km da Bergamo).
In pullman: S.A.B. (Servizio Autolinee Bergamo-Clusone), linea Valle Seriana
Il 23 giugno 1607 un certo Marco Salera aveva nella sua stanza una sacra
immagine, fatta dipingere nel 1449 dal pittore Busca di Clusone, che raffigurava
Gesù in croce con a lato la Madonna e i Santi. In quella stessa giornata
Salera aveva mandato le due figliolette, in questa stanza a pregare.
All'improvviso apparve la Madonna, ai piedi del Crocifisso, tutta risplendente,
seduta su un trono d'oro, con in braccio il Figlio.
A ricordo di quella apparizione venne costruito un Santuario con il titolo
di Madonna delle Grazie: la stanza delle immagini fu conservata intatta
e divenne la cappella Maggiore del Santuario.
L'edificio barocco fu eretto da Giovanni Maria Bettera, e possiede oltre
ad importanti dipinti, un grandioso organo e un monumentale campanile (1681).
Sull'arco trionfale che chiude il presbiterio si trova il grande affresco
della scena dell'Apparizione di Cesare Maironi. Una sequenza di affreschi
sui fianchi della volta commenta le invocazioni della Salve Regina, opera
di Francesco Bergametti.
La venerata immagine della Madonna fu solennemente incoronata per decreto
del Capitolo Vaticano il 24 giugno 1872 dal vescovo di Bergamo Mons. Luigi
Speranza.
SANTUARIO DELLA PASSIONE
SACRO MONTE di TORRICELLA VERZATE (Pavia)
L'edificio venne infatti innalzato, senza fondamento, direttamente sul'"emergenza
rocciosa, d'origine vulcanica che domina la valle del Verzate. E' un luogo
davvero suggestivo l'insieme costituito dalla chiesa parrocchiale e dalle
Cappelle della Via Crucis. Emozionante - è quasi un colpo di teatro
l'incontro, dopo '"erta salita, con la chiara e lineare facciata della
chiesa inquadrata dalle Cappelle e interessante, sotto il punto di vista
devozionale, naturalmente, ma non meno sotto quello storico-artistico. Il
Santuario della Passione di Torricella, chiesa parrocchiale intitolata alla
Natività di Maria Vergine, è uno dei Santuari più antichi
dell'Oltrepo. Sorge sulla collina dalla quale già dominava in epoca
medievale il castello, del quale sono ravvisabili tracce nei resti delle
mura che corrono intorno al complesso, nonché del ponte levatoio,
ancora oggi ben visibile al'inizio della strada dei Dolori della Vergine.
Sul luogo della chiesa settecentesca esisteva già, nel secolo XVI,
una chiesa intitolata a Santa Maria, della quale possono essere ravvisate
tracce delle mura nella cripta dell'attuale tempio, da poco restaurata dove
oggi è stata collocata una scultura lignea raffigurante la Vergine,
rinvenuta in un sottoscala nel 1996. La fabbrica per la costruzione dell'attuale
chiesa fu aperta nel 1764: il terreno destinato alla nuova edificazione
era quello già occupato dalla rocca medievale, donato all'allora
parroco Filippo Montagna da Benedetto Ardengo Folperti, magistrato comunale
di Pavia.
I lavori furono ultimati nel 1770. All' interno si conserva un organo realizzato
dalla Ditta Lingiardi. Fu per volontà del parroco Filippo Montagna
che, pochi anni dopo l'ultimazione della chiesa di Santa Maria, fu iniziata
la costruzione del complesso delle Cappelle, di stile barocco, edificate
tra il 1776 e il 1780 sul piazzale antistante la facciata della parrocchiale.
Ognuna delle Cappelle ospita un gruppo scultoreo raffigurante, a grandezza
naturale, un episodio della Passione di Cristo: sono complessivamente 52
le opere, realizzate in ceramica policroma dall'artista Pietro uriosa di
Arosio, attivo tra la fine del secolo XVIII e gli inizi del XIX. Ma altri
ancora sono i motivi grazie ai quali il complesso di Torricella Verzate
si presenta assai interessante. Tra questi la cappella rappresentante l'incoronazione
di spinte di Cristo, realizzata nello stesso periodo nel terreno di poco
sottostante la chiesa e la "Scala Santa" (coperta nel corso degli
anni '30), voluta nel 1876 dall'allora parroco Don Persi.
Infine è da sottolineare che il ricco complesso del Santuario che
si completa con la presenza delle sette cappelle rappresentanti i dolori
della Vergine, edicole, un tempo tutte affrescate, realizzate nel 1880,
sorge in prossimità di un bosco che ne accresce la bellezza.
SANTUARIO DI S. VITTORE martire
BREMBATE (Bergamo)
Il Santuario di S. Vittore sulla riva destra del Brembo, tra i due ponti,
l'uno vecchio detto di S. Vittore, l'altro nuovo, costruito sulla fine del
secolo scorso, sorge un'antica chiesetta dedicata a S. Vittore Martire Mauritano.
Non è mai stata chiesa parrocchiale di Brembate perché fino
al 1487, anno in cui s'è ingrandita e dichiarata chiesa parrocchiale
la chiesa dei SS. Faustino e Giovita, Brembate era sotto la parrocchia di
Canonica d'Adda; però doveva servire prima di quel tempo probabilmente
come chiesa principale del paese, essendo la più ampia e la più
devota. V'è una chiesa superiore e una chiesa inferiore, o grotta
di S. Vittore. Dagli stipiti di due finestre esistenti nella chiesa inferiore
si può dedurre con probabilità che quella costruzione sia
anteriore al mille. Poi si è fabbricata una chiesa più ampia
sopra la grotta stessa e questa, sebbene toccata e ritoccata più
volte, non lascia però dubbio sulla esistenza fin dal 1400. Sopra
la porta sta un affresco del 1400 rappresentante S. Vittore a cavallo colla
bandiera in mano, avente a sinistra S. Sebastiano e a destra S. Rocco. Il
presbiterio è a volta, e nella sua forma ricorda assai più
l'antico stile di chiese anteriori al mille. È tutto ornato da copiosi
affreschi fatti da un certo Giovanni Battista Botticchio nel 1663 e restaurati
nel 1881 da Giovanni Tiraboschi. Appena dopo l'arco di apertura nel bel
mezzo della volta del presbiterio campeggia S. Vittore in gloria seduto
sopra una nuvola e con la palma del martirio in mano. Prima che si apra
la piazzetta che sta davanti alla chiesa superiore, verso il fiume Brembo,
scende una scaletta, sormontata da quattro archi in pietra, la quale conduce
alla grotta. Innanzi a noi si profila un lungo speco, al quale si aggiunge
verso il fiume, una specie di atrio artificiale sostenuto da due colonne
e chiuso da un muro nel quale si aprono, sempre verso il fiume, due finestre
che illuminano il sacro recinto. A metà circa della grotta si trovano
una vasca in pietra che dà l'idea di antichissimo fonte battesimale,
ed è sottoposta ad un pezzo di roccia sporgente, dove, secondo la
tradizione, sta l'impronta della mano di S. Vittore, donde sempre, anche
nelle più ostinate siccità, come quella nel 1895, è
stillata abbondante acqua e stilla pure oggi una goccia perenne. Adiacente
alla grotta è collocata una Scala Santa (così chiamata perchè
i penitenti la salgono in ginocchio). Si compone di 33 gradini e porta nella
chiesa superiore davanti all'altare della Beata Vergine.
L'EREMO DI SANT'ALBERTO DI BUTRIO
PONTE-NIZZA (Pavia)
Si svela adagio, l'eremo di Sant'Alberto di Butrio. Ramo dopo ramo, pietra
dopo pietra. Qui, nell'alta Valle Staffora, la ricca terra dell'Oltrepo
si fa più aspra, densa di pini e castagni. E tutto tace quassù,
mentre le nuvole vagano pigre e lente in un cielo che a sera si tinge sovente
di rosso, tra le mormorate benedizioni dei piccoli frati. Era in cerca di
pace e verità, il nobile Alberto. Stanco di guerre e contese, un
giorno, improvvisamente, vestì di sacco e si esiliò nella
selva più profonda, lontano dagli uomini, vicino a Dio. Pochi lustri
erano trascorsi dall'anno Mille. Alberto viveva di nulla, dell'acqua di
una fonte, delle radici e dei frutti del bosco. Pregava e meditava, meditava
e pregava. Ma era questo ciò a cui il Padre lo chiamava? "Un
segno, Signore, manda un segno affinché io comprenda la tua volontà...",
implorava l'inquieto eremita.
Un mattino Alberto si sentì chiamare. Il Marchese di Malaspina lo
cercava tra gli anfratti della montagna, la ricca veste strappata dai rovi,
il volto stanco di un padre che non dorme da tempo. "Mio figlio non
parla, non sente... Porta conforto alla mia casa, Alberto, te ne prego".
L'eremita avrebbe voluto spiegargli che lui, di miracoli, non ne aveva mai
fatti, che a malapena riusciva a badare a sé stesso, che a volte
gli sembrava che Dio non ascoltasse neppure le sue di suppliche... Ma non
disse nulla. Seguì quell'uomo triste fino al suo castello, impose
le mani sul piccolo sordomuto, e questi guarì. Alberto pensò
che poteva essere quello il segno divino tanto atteso: aprire le orecchie
degli uomini perché potessero udire la Parola di Dio, sciogliere
la loro lingua perché ne cantassero la gloria... Così, quando
il marchese, raggiante di gratitudine, chiese all'eremita quale ricompensa
poteva offrirgli, Alberto gli propose di aiutarlo a costruire una piccola
chiesa e qualche cella, lassù, su quello sperone di roccia affacciato
sull'Oltrepo. Nacque così l'abbazia di Butrio. Quel che i documenti
riportano è che Alberto morì nel settembre del 1073, abate
potente la cui autorità si estendeva sull'intera regione e il cui
nome era noto e rispettato anche a Roma. Venne canonizzato in brevissimo
tempo, e la sua fama di santità andò radicandosi nella tradizione.
I secoli seguenti furono quelli più intensi per il cenobio della
Valle Staffora. La primitiva cappella intitolata a Santa Maria venne attorniata
da altri due edifici di culto, dedicati al fondatore Alberto e all'abate
Antonio; le semplici celle organizzate in un vero e proprio monastero, dotato
di chiostro, aule per la vita comune, stanze per i pellegrini. Il declino,
lento quanto inesorabile, giunse invece negli anni della Controriforma,
quando anche i bianchi Olivetani, dopo una breve esperienza, dovettero lasciare
Sant'Alberto, privo ormai di vocazioni.Tempi tristi, di abbandono e rovina.
L'abbazia tornò a risuonare delle salmodie degli eremiti solo nei
primi anni del nostro secolo, quando il beato don Luigi Orione chiese che
il luogo venisse affidato al ramo contemplativo della sua famiglia religiosa,
facendolo rinascere a nuova vita. E così è ancor oggi. La
chiesa è interamente ricoperta di affreschi, che raccontano le storie
di santa Caterina e di san Sebastiano, intervallate e sottolineate da una
folla di profeti, di santi e di martiri. Realizzati nel 1484, questi affreschi
sorprendono per la vena freschissima, espressa nella predilezione per i
colori chiari e i toni squillanti, nel tratteggio vivace delle figure, nella
semplicità ed efficacia degli schemi narrativi.
Da qui attraverso un'arcata si può accedere alla chiesa di Santa
Maria, la più antica, quella che lo stesso Alberto avrebbe costruito
attorno alla metà dell'XI secolo, e a quella di Sant'Alberto, eretta
pochi decenni più tardi, forse alla morte del santo fondatore. Proprio
qui, secondo la tradizione, in una tomba scavata nella viva roccia, riposano
le spoglie di Edoardo II, re d'Inghilterra che fuggì l'amara patria
per trascorre a Sant'Alberto di Butrio gli ultimi anni della sua vita, in
preghiera e penitenza.
L'abbazia di Morimondo
Si trova a pochi chilometri a sud di Abbiategrasso (MI), facilmente raggiungibile
quindi anche da chi giunge in autostrada.
"Morimondo", morire al mondo. Volgevano le spalle al secolo, i
cistercensi che nel 1134 giunsero nella valle del Ticino, vicino ad Abbiategrasso.
Un desiderio grande di spiritualità, una vocazione all'ascesi, un'ideale
di perfezione da raggiungere attraverso il silenzio e la meditazione. Con
il passare del tempo, quest'ansia di rinnovamento e di fedeltà al
Vangelo sarà duramente messa alla prova. Ma nella prima metà
del XII secolo, negli anni colmi d'entusiasmo in cui andava nascendo questa
nuova comunità, la croce e l'aratro erano davvero gli strumenti quotidianamente
nelle mani dei cistercensi di Morimondo. Anche l'arte diventerà uno
strumento di rivelazione, di rinascita, di una conversione. Il complesso
di Morimondo non farà eccezione. La sua chiesa, dedicata a Maria
come tutte quelle dell'ordine di Citeaux, appare come una summa del pensiero
teologico di s. Bernardo: ampia, spaziosa, retta su forti pilastri, anelante
al cielo. E tuttavia semplice, essenziale, dove l'equilibrio stesso diventa
bellezza, e dove perfino le irregolarità sono memento al monaco del
suo faticoso cammino verso la perfezione cristiana. La costruzione del tempio,
avviata attorno al 1180, proseguirà per oltre un secolo, giovandosi
delle esperienze fatte nella vicina Chiaravalle e in altri cantieri lombardi,
e determinando così, quaggiù, un'architettura più matura
e completa, gotica nella forma, monastica - secondo la declinazione cistercense
- nell'essenza. Ma non mancarono le difficoltà. Morimondo crebbe
rapidamente, forse persino troppo rapidamente. Nel giro di pochi anni aveva
generato due filiazioni, Acquafredda nel comasco e Casalvolone nel novarese,
mentre il numero dei suoi monaci andava sempre più aumentando. Nello
scriptorium lavoravano alcuni tra i più abili copisti e miniaturisti
dell'epoca, producendo volumi ricercati in tutta Europa. Acquisizioni e
donazioni ne avevano esteso i possedimenti, portando maggiori ricchezze,
ma anche nuovi problemi. L'abbazia ticinese ebbe Federico Barbarossa per
amico, il che non le giovò certo nei rapporti con Milano. Federico
II, più tardi, le negò quella protezione che pur le aveva
assicurato, lasciandola in balia di saccheggi e distruzioni. Nel Quattrocento
finì in commenda, ma riuscì a riprendersi grazie all'innesto
di cistercensi fiorentini. San Carlo Borromeo volle affidarle nuovi compiti
pastorali, quale parrocchia dei centri rurali attorno. Ma dalla fine del
Settecento, con le soppressioni napoleoniche, Morimondo vide disperdersi
l'intero suo patrimonio, i suoi ambienti trasformarsi in cascine e case
coloniche, deperendo, stravolgendosi, giorno dopo giorno. Il disinteresse
e l'abbandono sono durati a lungo. Ma da una decina d'anni le cose stanno
cambiando. Per le antiche sale, all'ombra del chiostro, oggi si incontrano
le nere vesti dei Servi del Cuore Immacolato di Maria, che con passione
e modestia hanno riannodato i fili di una lunga storia, prendendosi cura
di quel che rimane, promuovendo il restauro di ciò che va salvato.
E l'abbazia di Morimondo finalmente rinasce.
La chiesa dei Santi Colombano e Gottardo, ad Arlate
Situata nel territorio del Comune di Calco (Lecco), la chiesa parrocchiale
di Arlate ha già festeggiato il millenario della sua dedicazione.
Documenti ve ne sono pochi. Le fonti, per lo più, tacciono. Ma della
chiesa dei Santi Colombano e Gottardo, ad Arlate, nel cuore della Brianza,
a parlare sono le pietre stesse. Pietre che raccontano di veglie monastiche,
di mormorate preghiere di generazioni e generazioni, di un intero millennio
di storia e di fede. Con un linguaggio i cui accenti sono forse cambiati
nei secoli, ma che resta immediatamente, naturalmente comprensibile a tutti,
ieri come oggi: quello della bellezza.
Un'autentica gemma dell'arte romanica, questa parrocchiale di Arlate, seppur
forse poco nota. Dove anche le aggiunte e i rifacimenti succedutisi nei
secoli, fino agli interventi di restauro di quarant'anni fa, sembrano essere
stati intimamente rispettosi, caso non comune, dello spirito iniziale dei
fondatori. Fondatori che, al principio dell'XI secolo, avrebbero portato
il nero abito dei monaci di Cluny, gli illuminati riformatori dell'ordine
di san Benedetto, che nel solo territorio lombardo diedero vita, in rapida
successione, a una settantina di priorati: centri di spiritualità,
ma anche di cultura e di ospitalità, per viandanti e pellegrini.
Incuriosisce, tuttavia, quella duplice dedicazione a Colombano e Gottardo.
Vescovo e abate cluniacense, quest'ultimo, e quindi caro alla memoria dei
benedettini, invocato contro la grandine, la febbre, le malattie dei fanciulli
per i molti miracoli compiutisi in suo nome. Missionario, invece, il primo,
e proveniente dalla lontana Irlanda, che all'inizio del VII secolo, fra
invasioni barbariche, scismi ed eresie, con i suoi compagni scese fino in
Italia, promuovendo un grandioso rinnovamento evangelico e culturale. La
chiesa di Arlate, insomma, potrebbe avere un'origine ancora più antica,
precedente al Mille e scaturita, chissà, dalla presenza quassù
di quei monaci nordici e itineranti. Ma anche restando alla solida realtà
dell'edificio, le suggestioni non mancano. Come la rude eleganza delle murature.
Come l'accostamento, ben riuscito, fra vetuste memorie e artistiche opere
contemporanee. Come i pochi, e quindi ancora più preziosi, frammenti
degli originari affreschi. E come, soprattutto, la simbologia che pervade
l'intero tempio, insistendo sul numero tre. Tre, infatti, sono le navate
della chiesa. Tre le absidi. E tre le finestre che si aprono ad oriente,
nell'abside centrale, illuminando la mensa eucaristica al sorgere del sole.
Luminosa allusione al mistero della Trinità, caro alla teologia benedettina
e alla spiritualità monastica.
La badia di s. Gemolo a Ganna
L'antico priorato di San Gemolo, appartato e discreto sulla strada che
porta a Bedero Valcuvia, emana un fascino reale, a cui non è possibile
sottrarsi. Solida come una fortezza, la badia pare vivere d'esasperati contrasti
- i pieni e i vuoti, le luci e le ombre, l'alto e il basso - esaltati dalla
grigia pietra e dagli intonaci bianchi.
L'ospizio venne fondato, sul finire dell'XI secolo, da alcuni monaci benedettini
dell'ordine riformato di Cluny. Il loro scopo? Quello di sempre, in simili
circostanze: offrire riparo e protezione, materiale e spirituale, a viandanti
e pellegrini. E davvero ce ne era bisogno.
La storia stessa insegnava, del resto. Gemolo a cui la chiesa della Valganna
è dedicata era un giovane che proveniva d'oltralpe. Accompagnava
lo zio, vescovo di una qualche città di Francia, nel suo viaggio
verso Roma. E proprio da queste parti, si narra, una banda di predoni assalì
i viandanti privandoli di tutto. Cosa affatto rara, purtroppo. Gemolo reagì,
inseguendo i banditi e implorandoli di restituire le sacre cose che avevano
sottratto al convoglio episcopale. Per tutta risposta ricevette un fendente
che lo uccise. Si era allora nei primi decenni dopo il Mille.
Una brutta vicenda di violenza, e che tuttavia non doveva finire così.
Perché il luogo dove Gemolo era stato sepolto divenne ben presto
meta di visite e pellegrinaggi, e il suo nome venerato come martire e come
santo. Se ne ricordarono i cluniacensi, appunto, che proprio attorno a quella
prima cappella diedero vita ad un'abbazia di grande importanza per la vallata,
perpetuando il ricordo di quel giovane generoso e sfortunato.
Il complesso così come oggi ci appare è il risultato di varie
epoche costruttive, ma l'impostazione romanica è certamente quella
che più si evidenzia. Una struttura massiccia, che non concede fronzoli
né facili estetismi. La chiesa non ha quasi facciata, perché,
come in altri templi lombardi della medesima epoca, il campanile le sorge
direttamente addossato. Il tutto è realizzato con grandi blocchi
di pietra locale, quella porfiroide con venature rossastre del monte Mondonico
e quella arenaria e grigiastra di Cuseglio, giustapposti e alternati secondo
un gusto che non può non essere intenzionale, proponendo un evidente
gioco decorativo.
Tre le navate, dove quelle laterali appaiono coperte da volte a crociera,
mentre quella centrale è a botte e decorata a più riprese.
Sparsi qua è là, quasi come relitti, spuntano brani d'affresco
databili tra il XIII e il XV secolo, alcuni di viva bellezza. Ma il tutto
è bisognoso di restauri, ormai non più procrastinabili.
Lo spazio più interessante della badia di San Gemolo resta tuttavia
quel suo chiostro pentagonale di cui si diceva, che offre suggestivi scorci
e belle prospettive. Differenti sono i tempi della sua realizzazione, e
questo potrebbe forse spiegare la singolarità della pianta: tre lati
presentano archi a sesto acuto poggianti su pilastri ottagonali in cotto,
e datano al Trecento; gli altri due sono più tardi, più massicci,
frutto probabilmente di rifacimenti seicenteschi. Ma chi conosce la vera
storia di questo chiostro pentagonale? Forse quell'enigmatica figura lassù,
sul campanile. Che però tutto osserva e nulla dice...
In visita alla casa natale di Giovanni XXIII
C'è un continuo affluire di gente, in questa bassa cascina di Sotto
il Monte, luogo natio di Angelo Roncalli, che ascese al soglio pontificio
scegliendo per sé il nome di Giovanni. Uomini, donne, anziani, bambini
entrano come in chiesa, in punta di piedi, in silenzio. È che fra
queste ruvide pietre, nel raccolto cortile acciottolato, fra le travi ormai
secolari, si respira come un'aria d'incanto, che non sa di favole ma di
umanissima realtà, impastata di una fede genuina trasmessa di generazione
in generazione. Davvero, dicono gli sguardi attenti e commossi dei visitatori,
questo Papa Buono, questo uomo santo innamorato di Dio, era uno di noi.
E chissà che anche noi, allora, si possa essere un poco come lui...
"Umile e semplice", definiva il suo amato paese Giovanni XXIII.
O anche "il mio caro nido". Sotto il Monte si trova ai piedi di
una leggera collina, in cima alla quale svetta una torre antica, mèta
preferita dei passi di Roncalli. E dei suoi occhi. Quando infatti, consacrato
vescovo, Ca' Maitino divenne la sua estiva dimora, egli, fra tutte, si scelse
proprio la camera che s'apriva intera sul suo "bel San Giovanni".
Angelo nacque il 25 novembre 1881, quarto di tredici figli. La sera di quello
stesso giorno ricevette il battesimo nella chiesa di Santa Maria in Brusicco
che si trova a pochi passi soltanto. Padrino fu scelto il prozio Zaverio,
detto "Barba" in quanto celibe: "Uomo pio, devotissimo e
istruito la sua parte nelle cose di Dio e della religione", lo ricordava
il Papa, con fervida gratitudine, anche a distanza di tanti anni. Come mamma
Marianna ("pia, innocente, laboriosissima, dalla coscienza semplice
e pura"), come papà Giovanni Battista ("quei suoi occhi
pieni di luce e di sorriso, di onestà scrupolosa"), come il
parroco don Francesco ("ottima e viva figura di integerrimo sacerdote").
Un piccolo, vitale mondo domestico, colmo di affetti, pronto alla generosità.
E quei volti ancora ci guardano. Cotti dal duro lavoro nei campi, ma soprattutto
sereni, illuminati da una quiete interiore, si mostrano nelle fronde dipinte
in una stanza al pian terreno, simpatico albero genealogico che dalle radici
in terra bergamasca è fiorito fino in San Pietro.
"La Provvidenza", raccontava Roncalli, "mi trasse dal mio
villaggio nativo e mi fece percorrere le vie del mondo in Oriente ed in
Occidente". Per questo, proprio accanto al focolare che lo aveva scaldato
bambino, volle dar vita a un luogo di formazione per missionari, per accendere
il cuore di tutti i popoli sulla terra nell'annuncio di Cristo. E davvero
non stride questo accostamento di vecchio e di moderno, di intimità
e di mondialità, fusi nel ricordo e nel magistero di un pontefice
che seppe infondere nuova linfa nelle vene bimillenarie della Chiesa.
Nella corte, tra i rami del gelso posto nel mezzo, un merlo ripete il suo
verso, canoro, insistente, al quale fa eco lo scampanare della chiesa parrocchiale,
che chiama a raccolta per il vespro. Quelle campane che, come confidava
il Papa Buono ricordando i suoi giorni a Sotto il Monte, "sono musica,
poesia e anche canto".
Sotto il Monte Giovanni XIII (BG) è collegato con un servizio di
autobus da Bergamo. La stazione ferroviaria più vicina è quella
di Calusco. Per chi arriva in auto, percorrendo la A4, l'uscita è
quella di Capriate. Apertura tutti i giorni, dalle 8.30 alle 17.30.
Info in parrocchia (tel. 035.791146) e casa natale e Pime (tel. 035.791101).
Agliate Brianza - Basilica di San Pietro
Accade a volte di sentire il bisogno di un desiderio di quiete interiore,
una necessità di bellezza. Qualcosa che ci aiuti a riflettere, che
ci inviti a ricordare. E magari a pregare, con franchezza, con serenità.
Sono semplici pietre ad attirarci in questa porzione di terra brianzola.
Quelle di una chiesa antica, dedicata agli apostoli Pietro e Paolo, e del
suo battistero accanto. Superfici rugose, ciottoli informi, scarne decorazioni.
Ma forse è proprio di essenzialità che proviamo nostalgia.
Bisogna girarle attorno, permettendo allo sguardo di abbracciare il fianco
solenne della basilica, l'aula battesimale, lo snello campanile. Tre absidi:
la maggiore al centro, pressoché doppia per dimensioni rispetto alle
altre. L'equilibrio è mirabile, assoluto. Quello stesso equilibrio
che ritroviamo nell'interno della basilica, impostata su una pianta a tre
navate, classica, lineare, priva di transetto e di cupola. A dividere lo
spazio due file di sei colonne, tutte diverse, la maggior parte di recupero.
Come pure i capitelli, ricavati da materiali romani, are o cornici. Facendo
attenzione si noterà una pietra miliare, con tanto di iscrizioni
degli anni dell'imperatore Giuliano; si scorgeranno due delfini abbeverarsi
a un vaso da cui spunta un tridente: elegante rilievo, quasi di cesello,
del III secolo. Le ampie superfici sovrastanti i colonnati non furono sempre
spoglie come appaiono ora. A ben cercare, infatti, si scopriranno frammenti
d'affresco, e anche un paio di scene quasi integre, verso l'altare maggiore,
come la creazione di Adamo. Sotto il presbiterio si stende la cripta. Luogo
raccolto, oratorio protetto di invernali liturgie, in cui lasciarsi irradiare
dai primi raggi mattutini, volgendo lo sguardo all'Oriente da cui giunge
la Salvezza. Anche qui colonne salde, ma non tozze, con capitelli incisi,
più che scolpiti, in un'astrazione di forme vegetali e di spirali.
Le volte sono a crociera, spigolose, ossute, quasi a voler dare risalto
alle ombre. La dignità plebana di Agliate è ricordata anche
dal battistero quasi addossato alla basilica, con i suoi affreschi, che
sono belli anche senza voler tenere conto della favola popolare che li vuole
di mano di Giotto.
Agliate fu la destinazione di don Luigi Panzeri (nato a Bosisio Parini
il 2-2-1906), parroco di Porto Valtravaglia dal 1948 al 1963, quando lasciò
la nostra parrocchia. Qui morì il 9-3-1980.
FERMARSI A CONTEMPLARE IL MISTERO
Santuario di S. Caterina del Sasso
In una splendida giornata di primavera potremmo riscoprire la straordinaria
bellezza paesaggistica dell'Eremo di Santa Caterina del Sasso, un luogo
estremamente suggestivo, ma anche ricco di cultura, di arte, di storia e
di fede, che, ad opera della Provincia di Varese la quale ha provveduto
al restauro, alla messa in sicurezza, all'allestimento di un ascensore,
ha reso molto più agevole e sicuro, anche ad anziani o portatori
di handicap, l'accesso e la fruizione di questo luogo. Riflettendo sulla
natura di questo monumento, vorremmo fare qualche riflessione che può
aiutare a capire più a fondo il suo valore per la vita di tutti.
Si tratta innanzitutto di un Eremo, cioè di un luogo isolato che
sfida la natura impervia in cui è collocato (in questo caso le rocce
a picco sul lago), scelto da alcune persone per vivere nel raccoglimento,
nel silenzio, nella riflessione, nella preghiera perché sentivano
la necessità di un colloquio con Dio per ridare fiato e fondamento
alla vita. Qualcuno dirà: ma questo avveniva molti secoli fa; adesso
la comunicazione, la frequenza e la facilità dei contatti, gli spostamenti
a cui costringe un lavoro che non è più alle porte di casa,
rendono superfluo, se non addirittura impossibile, un atteggiamento di questo
tipo. A noi sembra, invece, che la vita troppe volte convulsa ed accelerata,
se mai, rende questi atteggiamenti ancor più necessari: abbiamo bisogno
di qualche momento di pausa, di silenzio, di meditazione (magari di preghiera)
se non vogliamo che la vita diventi una successione di atti e di gesti di
cui, alla fine, non si riesce neanche più a cogliere il significato.
E l'Eremo di Santa Caterina è lì ancora oggi a dire, a testimoniare,
a richiamare questa necessità: vorremmo auspicare che tante persone,
visitando questo luogo e cogliendone il fascino e il significato profondo,
avvertissero questa nostalgia che, crediamo, c'è nel profondo del
cuore di ogni persona.
Un ultimo pensiero: questo luogo riparato, paradossalmente è proprio
in un luogo di transito, perché le grandi comunicazioni di una volta
si svolgevano non solo per terra ma anche per vie d'acqua, le autostrade
degli antichi TIR che erano i barconi: quelli, ad esempio che trasportavano
dalle cave di Candoglia la pietra necessaria per la costruzione del Duomo
di Milano. Un richiamo al passante al viaggiatore di allora all'esigenza
profonda di non perdere di vista quello che dà valore, spessore,
significato, valore alla persona umana.
Un richiamo che, anche con la sua eccezionale bellezza, questo sito rivolge
oggi a noi, gente affannata e travolta da mille cose da fare: fermarsi un
attimo per contemplare il Mistero.
Tre Santuari mariani nella zona del Cremasco
Tre santuari, due diocesi, una provincia. E un'unica, sentitissima devozione:
quella nel nome della Vergine. Siamo in terra cremasca, là dove l'occhio
si perde in tremule distese di terra grassa e di campi generosi, e le memorie
vagano sospese come una nebbia leggera, raccontando di uomini e donne, delle
gesta dei grandi, della fede dei semplici. Santa Maria della Croce, Santa
Maria della Misericordia, Santa Maria in Bressanoro hanno titolo i tre santuari.
Il primo ai margini della nobile Crema, attorno alla laboriosa Castelleone
gli altri due. In tutti e tre, insistito, ripetuto, sottolineato l'affidamento
alla Madre. A cui rivolgersi nel momento del dolore e del bisogno, a cui
invocare l'abbraccio che protegge e che conforta, a cui affidare la propria
terra. E soltanto pochi chilometri li separano, un breve percorso da pellegrini,
in cui sgranare il rosario, meditando i misteri di lassù. Anche i
tempi e i modi della loro realizzazione, in verità, li hanno resi
parenti. Testimoni, tutti, di quella straordinaria stagione bramantesca
che da Milano, sul finire del Quattrocento, si irradiò per tutta
la Lombardia, e nella bassa padana in modo particolare, con esiti notevolissimi.
Il gusto appassionato per i volumi, il senso classicamente ritrovato delle
proporzioni, la gioia, esuberante persino, della decorazione. È come
se il piacere di vivere di questa parte lombarda, così evidente nella
parlata, così manifesto nella buona cucina, si sia trasferito anche
nell'idea costruttiva, e da lì nell'arte, ampia, vivace, ubertosa.
Un fuoco di mattoni inciso nell'azzurro del cielo.
Il nostro breve itinerario può prendere le mosse proprio da Crema,
da quel sobborgo a settentrione dominato dalla mole maestosa di Santa Maria
della Croce. Non si è preparati a tanta meraviglia. Forse perchè,
con un ingiustificato pregiudizio, ci si aspetta di trovare qui una chiesa
di "campagna", grande sì, antica forse, ma non un simile
edificio, armonioso nelle linee, elegante nelle masse, splendido per equilibrio.
Sorprendente, in una parola.
Un fatto criminoso, una tragedia familiare è purtroppo all'origine
di questo tempio. Qui, fuori dalle mura della città, nella boscaglia,
tale Bartolomeo Petrobelli si accanì contro la moglie, Caterina.
Si era nell'anno di grazia 1490. Il delitto avrebbe potuto rimanere impunito,
ma l'apparizione della Vergine confortò gli ultimi istanti di vita
della sventurata e consegnò alla giustizia l'assassino. Da allora,
nelle settimane e nei mesi successivi, in questa zona furono molteplici
gli episodi miracolosi e i fatti prodigiosi, tali e tanti da convincere
anche gli animi più scettici.
Madonna della riconciliazione e della pace
Santuario di Monte Croce - Balestrino (Savona)
Una vetta di 756 metri che diventata popolare dal 5 ottobre 1949.
In quella data la Madonna, in base alle dichiarazioni di Caterina Richero,
a quel tempo bambina dell'età di nove anni, sarebbe apparsa sulla
vetta del Monte Croce. Caterina Richero nacque il 7 ottobre 1940 a Bergalla,
la frazione più alta di Balestrino, da una umile famiglia di contadini.
Era la prima di quattro fratelli e la sua vita trascorse nella serenità
della fanciullezza sino all'età di nove anni. Il 4 ottobre 1949 qualcosa
cambiò radicalmente la sua vita. Qualcosa che porterà Caterina
a sacrificare umilmente la sua vita con una testimonianza di fede continua
e silenziosa. Una vita rivolta alla preghiera ed alla devozione per quella
figura femminile che le si presentò ben 138 volte sino al 5 novembre
1986 e che il 5 giugno 1950 alla domanda: " Chi sei? " Ella rispose
:" Io sono l' Immacolata Concezione ". La vita di Caterina da
quel lontano giorno del 1949 non fu affatto facile. Dovette affrontare lo
scherno e la diffidenza di molti e soprattutto dovette attenersi a quello
che le veniva impartito dal vescovo. Le fu anche proibito di recarsi sul
monte Croce ma la Madonna le iniziò ad apparire in casa. In tutti
quegli anni la Madonna chiese di pregare molto, di convertirsi, di avere
fede e di fare molte penitenze per la conversione dei peccatori. Il 5 ottobre
1971 disse: "Sul monte Croce troverete la luce e la forza, ed Io, in
questo luogo, vi otterrò numerose grazie" ed ancora: "questa
è l'ultima volta che vengo in mezzo a voi. Verrò un'altra
volta solo per te, ma la data ti resta sconosciuta". Il 5 novembre
1986 la Madonna, le riapparve in casa. Dall'ultima apparizione erano passati
ben 15 anni di appassionata attesa poi meravigliosamente premiata.
Mons. Mario Oliveri nel luglio 1991 acconsente alla preghiera pubblica,
compresa la celebrazione della Santa Messa, e auspica che a Monte Croce
si preghi la Mamma del Cielo con l'appellativo di "Madonna della Riconciliazione
e della Pace". Il 7 ottobre 1992 incorona la statua adorata nella cappella
del Santuario, per poi recarsi a Monte Croce due volte ogni anno per venerazione
personale e per stimolare i pellegrini a rendere vive le comunicazioni che
la Madonna ha dato a Caterina.
Santuario della Beata Vergine della stella
Lombardia (Brescia)
Sul colle della Stella tra le colline della Franciacorta tra la vastissima
pianura e le prime prealpi, dove si ammira uno stupendo panorama, il 31
maggio 1536, apparve la Madonna ad un povero sordomuto, Antonio de Antoni
di Gardone Valtrompia, che stava pascolando il gregge di Bonomo Bonomi di
Gasparino, possidente di S. Vigilio e proprietario del terreno. Il pastore
recitava il Rosario quando gli apparve una stella talmente lucente da superare
i raggi del sole ed in mezzo a quella luce apparve la Vergine con il Bambino
in braccio. Aveva semplici vesti da popolana e parlò con dolcezza
al pastore chiedendogli di invitare gli abitanti dei paesi circostanti a
dedicarle un tempio in quel luogo, promettendo dei prodigi e grazie per
convincere il popolo. Primo prodigio fu quello di restituire la parola al
pastore stesso. Informati dell'apparizione e spinti dal miracolo molti paesani
dei tre comuni di confine: Cellatica, Gussago e S. Vigilio, si recarono
sul luogo dell'apparizione e poterono ammirare con sorpresa, nel ben mezzo
d"una pianura, un disegno di fondamenta al centro del quale si elevava
un giglio di inimmaginabile bellezza, sul quale una stella spargeva i suoi
raggi.
Di fronte ad un tale prodigio, nel medesimo anno dell'apparizione, si diede
inizio ai lavori. Per portare avanti i lavori Paolo III concesse l"indulgenza
a chi collaborava alla costruzione del sacro tempio. Il documento dal quale
risulta tutto lo svolgimento dei fatti è costituto dai verbali della
riunione tenutasi il 24 giugno 1536 tra i rappresentanti dei tre Comuni
di Cellatica, Gussago e S. Vigilio. Il 2 giugno del 1537 fu posta la prima
pietra del Santuario la cui costruzione ebbe termine due anni dopo. Ma,
nel tempo, il santuario fu costantemente abbellito e completato con numerosi
altari tra i quali quello dedicato ai SS. Vigilio, Lorenzo e Giorgio, patroni
dei tre Comuni e S. Fermo e Gottardo, invocati nelle più gravi necessità.
Nel 1634 venne eretto un altare a S. Carlo Borromeo; nel 1679 venne costruito
l"altare maggiore; nel 1691 furono costruite le eleganti balaustre;
nel 1696 furono posti i quadri della "flagellazione" e l'"Incoronazione
di Maria" e furono costruite le mura di cinta al piazzale; nel 1704
furono poste le due porte dell'altare maggiore e nel 1713 fu posta la cornice
dell'immagine della Madonna. L"interesse della gente al Santuario è
dimostrata dai continui miglioramenti interni ed esterni continuati ancora
in tempi recenti, come la sistemazione all'esterno, sul lato est, di una
statua bronzea di Paolo VI dello scultore Minguzzi benedetta da Giovanni
Paolo II nel settembre del 1982.
Madonne del latte: un itinerario fra Brianza e Martesana
Alcune venerate immagini nei santuari di Cremeno e di Concesa.
Davvero numerose sono le immagini della Madonna del latte presenti nei
sacri edifici della diocesi di Milano.
Un nostro breve itinerario - soltanto un e circoscritto forzatamente a una
ridotta aerea territoriale - può prendere il via, allora, dalla chiesa
di Santa Maria Nascente presso il convento francescano di Sabbioncello,
a Merate. Qui, infatti, lungo la parete destra della navata, si dipanano
oltre una cinquantina di affreschi devozionali, databili per lo più
alla prima metà del XVI secolo. Fra questi si segnalano ben cinque
dipinti raffiguranti, appunto, la "Madonna del latte" nella sua
iconografia più consueta: la Vergine siede su un alto trono, reggendo
in grembo il piccolo Gesù che accosta le labbra al seno della Madre.
Maria - che in alcuni casi accarezza teneramente i piedini del Bambinello,
in altri stringe con la mano destra un libro di preghiere - è ritratta
solitamente con sguardo malinconico e pensoso, a indicare la sofferenza
che le si agitava nel cuore presagendo il destino del Figlio. Il Divino
Infante, invece, è raffigurato ora nel gesto di benedire i fedeli,
ora mentre si regge, realisticamente, al busto materno. In un caso, inoltre,
in un tondo dipinto nel passaggio fra la sacrestia e il coro, Gesù
trattiene con una mano un piccolo uccello, che non è il più
consueto cardellino (quale allusione alla futura Passione), ma piuttosto
una rondine, come probabile richiamo alla Resurrezione. Si tratta, per tutti,
di veri e propri ex voto che recano i nomi dei dedicatari di tali affreschi.
Poco oltre, a Garbagnate Monastero, l'antico oratorio dei Santi Nazaro e
Celso conserva l'immagine di una Madonna che allatta particolarmente interessante,
che reca il giorno preciso della sua esecuzione: 27 febbraio 1526. L'interesse
di questo affresco risiede soprattutto nella resa, assai particolareggiata,
dell'abito di Maria, rappresentativo della moda tardorinascimentale. Curiosa
anche la raffigurazione della Vergine a capo scoperto, senza velo, con i
lunghi e mossi capelli che scendono sulle spalle, così come di solito
appare più di frequente nell'iconografia della Maddalena.
Spostandoci più a nord, a Cremeno, in Valsassina, troviamo un'altra
pregevole Madonna del latte sulla pala d'altare della chiesetta di San Rocco,
oggi destinata a Sacrario dei Caduti. L'opera fu realizzata probabilmente
durante una delle ricorrenti pestilenze che si abbattevano a quel tempo
sul territorio lombardo, come testimonia la presenza accanto alla Vergine
col Bambino dei santi Rocco e Sebastiano, invocati appunto contro il contagio.
Si tratta di un dipinto dall'efficace forza espressiva, dagli accenti quasi
fiamminghi nella resa del paesaggio sull sfondo, e reca la firma del frate
domenicano Stefano da Pianello e la data d'esecuzione del 21 aprile 1523.
Nell'angolo in basso a destra si può notare il volto del committente,
che osserva in preghiera.
Una devozione ancora ben viva è quella che si sviluppa attorno al
santuario della Divina Maternità di Concesa, nel territorio di Trezzo
sull'Adda. Anche qui, infatti, troviamo un'antica immagine con Maria che
porge il seno a Gesù in fasce: un'icona semplice, e che tuttavia
agli occhi dei fedeli è sempre sembrata "opera più di
un angelo che di un uomo, dipinta in Cielo più che in terra",
come si legge nelle cronache dei secoli passati. I padri carmelitani, secondo
quella loro particolare spiritualità che ha sempre esaltato la maternità
della Vergine, accolgono ancor oggi i genitori che vogliono consacrare i
loro figli alla Madonna, soprattutto in occasione di una particolare cerimonia
che si celebra nei primi giorni dell'anno, in concomitanza con la festa
liturgica del Battesimo di Gesù. La consacrazione, infatti, avviene
proprio davanti all'altare della Madonna del latte, verso la quale i bambini
vengono sollevati e simbolicamente "offerti".
Santuario di Monte Perello
SELVINO (BG)
Era il 2 luglio dell'anno 1413 quando a Rogiero, un contadino della Val
Serina, apparve una donna ammantata di luce, splendente tanto da oscurare
il sole, che stava lì davanti a lui, apparsa dal nulla. E lo guardava,
con una dolcezza infinita, con tenerezza di madre. Il giorno dopo davanti
a lui, in un'esplosione di luce, era apparsa di nuovo quella donna, bella,
dolcissima. "Non avere paura
", gli sussurrava. Rogiero cadde
in ginocchio, mentre il cuore gli batteva forte e le mani gli tremavano.
Quando tornò al villaggio, la sera, davanti alla gente accorsa, Rogiero
gridava che gli era apparsa la Santissima Vergine, lassù sulla montagna
del Perello, e che gli aveva parlato. "È impazzito", dicevano
alcuni, infastiditi. Il giorno dopo Maria fu di nuovo accanto a lui. Ma
questa volta Rogiero non ebbe paura. Anzi, si sentì prendere da una
gioia grandissima, incontenibile. E ora aveva un segno, qualcosa da far
vedere ai suoi increduli concittadini, perché avessero fede: il tronco
rinsecchito di un faggio. E sopra, incredibile a dirsi, stava germogliando
un ramo d'ulivo. Un ulivo, lassù, non si era mai visto e per di più
spuntato da una pianta morta, secca, senza più linfa né radici
Allora quel giovane aveva ragione! Allora veramente quassù, sul Perello,
era successo qualcosa di eccezionale, di meraviglioso! Per il resto dei
suoi giorni, Rogiero continuò a chiedersi perché proprio a
lui la Vergine aveva voluto rivelarsi. Maria, agli abitanti di queste vallate,
aveva chiesto fede, preghiera, carità. E un santuario, che fosse
segno della devozione di un popolo, anche per le generazioni a venire.
La prima chiesa fu costruita subito: piccola, raccolta, sorse proprio sul
luogo dove la Madonna apparve, in una radura circondata di boschi. Quasi
una grotta dalla bassa volta, ombrosa, come per trattenere i pensieri, per
concentrarsi nella preghiera. Qui, su un modesto altare, venne conservato
a lungo il tronco del miracolo. Ma quella cappella, già pochi decenni
più tardi, non poteva bastare alle folle di pellegrini che da valli
e contrade arrivavano fin lassù. Uomini e donne, giovani e vecchi,
in tanti, tantissimi salivano al Perello per pregare la Vergine, chi con
una sofferenza nel cuore, chi in cerca di pace, chi per rendere lode di
una grazia invocata e ricevuta. E, con pratica saggezza, invece di ampliare
la chiesetta esistente, se ne costruì una seconda sopra la prima.
Nessuno restò sorpreso quando, più tardi, si propose di erigere
al Perello una terza chiesa: sopra alle altre due, sfruttando la conformazione
del terreno. Il santuario così, anche esteticamente, venne ad assumere
l'aspetto di una religiosa fortezza, saldo, massiccio, e allo stesso tempo
vera oasi di preghiera immersa nel verde, lontano da tutto e da tutti, vicino
a Dio. Cinquecento anni sono passati da quando la Vergine, quassù,
apparve a Rogiero. E c'è ancora qualcosa di fresco, qualcosa di bello
che ad ogni passo qui ci ricorda quel prodigioso incontro tra cielo e terra,
tra l'umano e il divino. E ci sentiamo meno soli, trovando la forza, con
una insospettata gioia nel cuore, di far germogliare anche nei nostri cuori
una nuova speranza.
Santuario Beata Vergine della Creta e delle Grazie
Castellazzo Bormida (AL)
Risale all'epoca della famosa peste di manzoniana memoria del 1630-31
che colpì anche Castellazzo Bormida. Se la peste decimò la
popolazione, fece aumentare la devozione dei cittadini che ricorrevano alla
Vergine, raccogliendosi in preghiera attorno ad un'immagine riproducente
la Madonna di Creta e delle grazie, in una chiesetta che Giovanni Viola,
fece costruire nel 1631, fuori del borgo. Il Santuario attuale fu costruito
nel medesimo luogo dove era la Cappella campestre. L'immagine della Vergine
è in atteggiamento maestoso e pieno di materna indulgenza e regge
soavemente il Bambino che sostiene, nella mano sinistra, il mondo. La vecchia
chiesa, a causa delle guerre combattute nei dintorni di Alessandria, fu
abbandonata, andando in rovina e fu demolita l'11 marzo 1763. La statua
della Madonna fu portata nella chiesa di San Carlo. Dopo alcuni anni il
Vescovo di Alessandria disposte per la costruzione di una cappella edicola,
facendo dipingere un'immagine di Maria identica a quella del quadro custodita
nella chiesa di San Carlo. Al 1796 risale un fatto eccezionale: un uomo,
peccatore e vizioso, passava davanti all'edicola e sentì una voce
che lo invitava a fermarsi per pregare in ginocchio. Obbedì all'invito,
si inginocchiò in preghiera e da allora divenne uno dei più
ferventi fedeli di Maria. Gli episodi miracolosi sono stati tanti e documentati,
non solo da precise testimonianze, ma anche da numerosi ex voto. Nel 1797,
con il danaro raccolto, fu posta la prima pietra per la costruzione del
nuovo tempio, però, purtroppo, il dilagare della rivoluzione francese
portò danni incalcolabili anche al nascente Santuario e, nel 1800,
i lavori furono sospesi fino al 1836 quando il Vescovo di Alessandria, Mons.
Pasio, rispondendo alle istanze del popolo, che non aveva dimenticato la
Madonna, riprese l'iter per la costruzione del nuovo tempio. L'8 novembre
del 1842, la nuova chiesa fu consacrata dallo stesso Vescovo. Nel 1848 attorno
all'antico pilone fu costruito un tempietto di forma circolare. Il 12 settembre
1880 vi fu la solenne incoronazione della statua e della immagine dipinta
sul pilone. Ben presto, però, il Santuario si dimostrò insufficiente
ad accogliere i propri fedeli, per cui furono intrapresi lavori di ampliamento
che terminarono nel 1905. Nel 1947, esaudendo il desiderio delle Associazioni
dei motociclisti, Pio XII proclamava la Madonna della Creta, patrona dei
"Centauri". Questi nel giorno del loro raduno, la seconda domenica
di luglio, partecipano al rito presso il Santuario e poi danno luogo a sfilate
e caroselli ed a competizioni spettacolari. Particolari sono gli ex voto
dei motociclisti conservati nel Santuario.
Santuario della Madonna delle Lacrime
Treviglio (Bergamo)
Nel Santuario è custodita l'immagine della Madonna dalla quale, il 28 febbraio 1522, sgorgarono lacrime mentre le truppe francesi si accingevano a distruggere tutto. Il generale che li comandava fermò i soldati e Treviglio fu salva.
Il Santuario si offre al pellegrino come luogo di fede e di riflessione, nel contesto di un territorio intriso da secoli di una religiosità forte e popolare. Il santuario trevigliese sorse per commemorare un avvenimento miracoloso verificatosi il 28 febbraio 1522, in un periodo travagliato da continue lotte tra i Veneziani, i Francesi, gli Spagnoli e lo Stato della Chiesa. L'immagine della Madonna col Bambino, dipinta a fresco sul muro del campanile nel monastero di Sant'Agostino, pianse lacrime silenziose che rigavano il volto della Vergine, mentre le truppe francesi, ormai entrate in Treviglio, si apprestavano al saccheggio e alla distruzione della città. Il miracolo fermò le truppe francesi intenzionate a distruggere la città: infatti il maresciallo francese Lautrec, venuto a conoscenza del fatto straordinario, ordinò di risparmiare Treviglio e depose le proprie armi ai piedi dell'immagine miracolosa. E' da allora che l'immagine è oggetto di una venerazione costante che trova spazio nel grande santuario cinquecentesco, rinnovato agli inizi del nostro secolo. A conferma di un culto e di una devozione continui nel tempo sono le celebrazioni annuali del 28 febbraio, che vedono anche la partecipazione dell'arcivescovo di Milano.
La costruzione dell'attuale santuario risale al 1594, su progetto dell'architetto
romano Tolomeo Rinaldi. Nel 1835?38 venne costruito il nuovo campanile e
nel 1854 si ebbe il primo progetto di ampliamento a opera del trevigliese
Renzanigo. Nel 1897 venne affidato all'architetto Cesare Nava l'incarico
di un nuovo progetto di ampliamento e nel febbraio del 1899 il Cardinal
Andrea Ferrari pose la prima pietra della nuova chiesa, che consacrerà
nel 1902. La facciata ha le caratteristiche della costruzione settecentesca,
con il campaniletto dell'800 ed è sovrastata dell'elegante cupola
ottagonale del tiburio. L'interno ha una pianta a croce latina. La navata
centrale è l'unico spazio appartenente all'edificio orginario e corre
verso l'altare, chiusa in alto da una volta a botte. Nelle due pareti laterali
si aprono due cappelle affrescate. Gli affreschi della navata centrale e
delle cappelle sono di Gianluca e Carlo Molinari (1720) e Bernardino Galliari.
Sull'altare maggiore è posta la Madonna col Bambino del miracolo,
qui trasportata nel 1619. Un'arcone ricco di decorazioni introduce alla
cupola ottagonale sotto cui si dipartono i due transetti terminanti in due
cappelle minori. Gli affreschi dell'interno della cupola, eseguiti dai pittori
Gaetano Cresseri e Giovanni Bevilacqua tra il 1920 e il 1940 e danneggiati
dall'umidità, sono stati restaurati nel 1996; raffigurano scene della
vita di Cristo e di Maria e i maggiori templi mariani d'Europa, affiancati
da figure di Santi e angeli. Le volte sono affrescate dai Molinari, pittori
trevigliesi, tra il 1717 e il 1721, ma necessitano di un restauro per riguadagnare
l'originale bellezza.
CONVENTO DI SABBIONCELLO E CHIESA DI SANTA MARIA NASCENTE
MERATE (Lecco)
Fondato nel 1568, il convento di Sabbioncello, dedicato a S. Maria Nascente,
ospita dal 1884, la comunita francescana ritornata dopo le bufere delle
soppressioni. Ampliato e abbellito in piu riprese, Sabbioncello per molti
anni fu sede dello Studentato Liceale e per un breve periodo, dopo la chiusura
della teologia di Busto Arsizio, sede dello Studentato Teologico. La chiesa
del 1500, nel corso degli ultimi restauri, ha rivelato preziosi affreschi
di cui si era perduta memoria. Anche il convento conserva l'antica struttura
sebbene vi siano state apportate modifiche ed ampliamenti di volta in volta
resi necessari dalle varie attivita qui portate avanti. Il l° maggio
1967 lungo la salita che porta al convento sono state inaugurate le cappelle
della Via Crucis rifatte in cotto da P. Nazareno Panzeri. Il Capitolo del
1982 stabili che "un Convento della Provincia, posto in luogo salubre
e facilmente accessibile, (fosse) adibito anche a comunità per lungodegenti,
ed adattato opportunamente"; si scelse per questa finalità l'antico
studentato di Sabbioncello che venne adattato secondo i criteri medico-sanitari
piu moderni cosi da accogliere nel modo migliore i frati infermi.
Posizionati su un colle dove un tempo esisteva un castello. Nel sedicesimo
secolo i Frati Amadeiti (confluiti poi nei Frati Minori Francescani), presero
possesso della chiesa e delle costruzioni circostanti trasformandole in
convento. Sulla salita che porta al convento, sono posizionate le cappelle
della via Crucis, erette nel 1715 con dipinti dell'epoca, sostituiti da
pannelli in cotto nel 1965.
La Chiesa, dedicata alla Madonna degli Angeli, è una costruzione
in stile lombardo, di grande suggestione con i suoi archi a sesto acuto
e alle pareti affreschi cinquecenteschi attribuiti a Giovanni Fiamminghino.
Dal 1884 sul colle del Sabbioncello funziona l'antico convento francescano.
Fu edificato nel '500 sui resti di un castello e ricostruita nelle forme
del tardogotico, con tetto a capanna retto da arconi ogivali traversi. 50
ex voto che decorano con grande suggestione l'intera parete destra della
navata datano tra gli anni 1508-1531. Nel corso degli anni sono state aggiunte
le cappelle laterali, il chiostro e il campanile. All'interno varie opere
seicentesche e settecentesche.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE LACRIME
Lezzeno (Lecco)
Il 6 agosto 1688 una Madonna Addolorata effigiata da un rilievo in gesso
custodito presso la cappelletta di Lezzeno avrebbe pianto.
In suo onore, con l'approvazione dei vescovi di Milano e Corno e con l'interessamento
del parroco di Bellano, Paolo Antonio Rubini, venne fondato nel 1690 un
Santuario su progetto di Giovanni Battista Quadrio, ultimato nel 1704, di
cui è ancora ben leggibile l'elegante struttura, con facciata mistilinea,
campaniletto e interno dall'elegante e robusto tono classicista.
Della fase sei-settecentesca della chiesa avanzano numerose testimonianze:
l'altar maggiore (1746); l'altare di S. Giuseppe a sinistra con la pala
coeva; l'altare dei SS. Anna e Gioacchino a destra, con una copia del dipinto
di Francesco Albani; i confessionali in noce; i numerosi exvoto; gli oggetti
più antichi del tesoro.
Nel 1896 la chiesa veniva elevata a Santuario arcivescovile e in tale occasione
Luigi Morgari realizzò coi suoi collaboratori una complessa decorazione
ad affresco dell'edificio, comparabile con quella del Santuario di Rho.
E' scomparso l'oratorio di S. Giuseppe fondato nel 1676.
Santuario della Madonna della Cornabusa
Valle Imagna (Bergamo)
Una grotta è oscurità e mistero. Come una porta che s'apre su un mondo sconosciuto, invisibile, sotterraneo. Come l'imboccatura di un cammino verso il cuore della terra, verso abissi nascosti al chiarore del sole. Rocce, acqua stillante e vento, vento che s'insinua in mille fessure e che mormora, e che urla. E ci si affaccia incerti, inquieti di tanto silenzio, e del buio che sale, velando ogni cosa. Eppure, qui, sulla soglia del santuario della Cornabusa, sentiamo, sappiamo che c'è di più. Che una grotta è anche rifugio che protegge, asilo che difende. Ed è luogo dove il tempo svanisce nel lento ticchettio di una goccia, dove non c'è più giorno né notte, dove tutto è possibile, anche perdersi nei propri pensieri, e poi ritrovarsi. Come quegli eremiti che volontariamente hanno cercato la clausura di una spelonca per contemplare le cose celesti, senza più poterlo vedere, il cielo. A pensarci, proprio in una grotta ha scelto di nascere un Dio fattosi uomo per amore. E da una grotta divenuta sepolcro il Cristo risorse. Ma grotte e caverne erano sacre già agli antichi, graffite e dipinte dai cacciatori paleolitici, venerate dai greci razionalisti, meta di pellegrinaggio per i popoli del lontano Oriente. Perché una grotta è oscurità e mistero, ma se ci si volta, se si sa dove andare, infine c'è sempre la luce ad attendere. Lo sguardo si perde, nell'ampia, profonda grotta della Cornabusa, in Valle Imagna. Niente colonne ma stalattiti, niente marmi ma pareti di roccia, niente organo ma il suono scrosciante di una sorgente. Tutto è diverso, tutto è nuovo. Le proporzioni a cui siamo abituati, le simmetrie, le volte, le navate o le campate che ci sono note qui sembrano non avere più senso. Si stenta a crederlo, ma davvero questo è un santuario mariano: "il" santuario per i vallimagnini e per molti tra i bergamaschi, che lo amano di un amore generoso, a cui sono legati da una storia specialissima e secolare. "Corna-busa", ovvero montagna bucata, apertura nella roccia. Una definizione dialettale, un nome semplice, immediato, come semplice e diretta è la gente di quassù, come semplice e grandioso è questo luogo dedicato alla Vergine. Ai giorni nostri vi si arriva con una comoda strada, ma in passato non era così. Situata a mezza costa, aperta quasi sull'orlo di uno strapiombo, circondata da una fitta macchia d'arbusti e da irti crepacci, la grotta della Cornabusa era per i pellegrini una piccola, grande conquista: l'avvicinarsi era lento, meditato, quasi una processione, solitaria o comunitaria che fosse. Resta, oggi come allora, lo stupore della scoperta, la meraviglia di fronte a un prodigio della natura che gli uomini hanno voluto rivestire di rinnovata sacralità. Diciamo subito che chi di un simile luogo volesse conoscere origini certe, date, fatti e avvenimenti, rimarrebbe deluso. Il santuario della Madonna della Cornabusa, in verità, non sembra essere fatto per carte e documenti d'archivio. La sua storia la si legge sulla nuda pietra, la sua memoria è nella preghiera incessante di generazioni e generazioni di fedeli. E se in tanti secoli nulla di eclatante vi è forse accaduto, si ripete quotidiano il miracolo di una fede grande, di un dialogo tenero e ininterrotto tra la Madre e i suoi figli. Si capisce allora come non sia facile sapere come, quando e perché questa grotta fu "trasformata" in chiesa. Forse da sempre. Le cronache medievali narrano di come la Valle Imagna, secondo una destino comune a molte parti di Lombardia, fosse funestata da lotte tra fazioni diverse, tra principi e potenti, con un seguito scontato quanto doloroso di saccheggi, ruberie e ammazzamenti. E nella grotta della Cornabusa, come del resto in altre caverne della zona, la popolazione locale cercava scampo e salvezza, rifugiandovisi nei momenti di maggior pericolo e sventura.
Accadde un giorno - ma qui la cronaca lascia spazio alla tradizione -
che una pastorella sorda e muta, riparatosi in quest'antro con il suo piccolo
gregge, trovò tra le rocce una statuetta raffigurante la Vergine
Addolorata, forse lì dimenticata da qualche devoto, o volutamente
lasciata a vegliare in quella grotta. Fatto sta che la ragazzina, al colmo
della gioia e dell'eccitazione, corse in paese per gridare a tutti della
sua inaspettata scoperta
Già, a "gridare": perché
miracolosamente la sua lingua si era sciolta, le sue orecchie si erano aperte.
E tutto ciò avveniva, dice la voce popolare, nei primi anni del Quattrocento.
Da allora quell'antico, prezioso simulacro mariano non ha più abbandonato
la grotta della Cornabusa. A lei, alla Madre dolente che culla in grembo
il corpo del Figlio morto in croce, si sono levati gli sguardi imploranti
di tante generazioni, le mani giunte in preghiera di uomini e donne, con
una grazia da chiedere, con un ringraziamento da offrire. Perché
la Valle Imagna fu ed è terra amata, ma non generosa, non ricca.
I suoi figli hanno dovuto conquistarsi giorno dopo giorno il diritto di
viverci, tenacemente, duramente. Molti hanno dovuto emigrare nei decenni
passati: lasciare tutto, amici, affetti, montagne, per cercar fortuna, o
soltanto per riuscire a sopravvivere, fuori della valle. Ma la Madonna della
Cornabusa è sempre restata con loro, nei loro occhi, nel loro cuore.
Una casa per chi non ha casa, o per chi ha dovuto abbandonare la sua. Qua
e là, nella grotta, un ciuffo verde spunta caparbio tra le rocce.
Piccole, tenere foglie che fanno fatica a crescere e svilupparsi, anelando
alla luce, chiedendo vita. E sembrano il riflesso della nostra fragile fede,
talvolta in balia di eventi più grandi delle nostre forze, spesso
insicura, ma sempre desiderosa di nuova linfa. Forse li avrà notati
anche papa Roncalli, questi germogli che sembrano far corona tra le pietre
all'immagine della Vergine. Perché Giovanni XXIII era pellegrino
assiduo alla Madonna della Cornabusa. Vi si ritirava per giorni, in solitudine,
in preghiera. "È il santuario più bello che esiste",
diceva con un sorriso sulle labbra. "Perché non l'ha fatto la
mano dell'uomo, ma Dio stesso"
Santuario di Madonna in Campagna
Gallarate (Varese)
La parrocchia Santuario di Madonna in Campagna è situata in un
quartiere di periferia della città di Gallarate. Il territorio di
riferimento, un tempo sede di cascine agricole collocate in mezzo a campi
coltivati e interminabili prati, ha subito ultimamente notevoli cambiamenti,
legati allo sviluppo della città, per anni una delle più ricche
della provincia.
LE ORIGINI. Il 21 novembre dell'anno 1601 Festa della Presentazione al tempio
di Maria tra i fedeli raccolti in preghiera dinnanzi alla immagine della
Madonna del latte venerata in una cappella campestre fuori il borgo di Gallarate,
lungo la strada per Milano, avvengono miracolose guarigioni, Il popolo accorre
devotamente e decide di costruire sul luogo un tempio mariano. La sera del
19 dicembre dell'anno successivo viene posta con solennità la prima
pietra del Santuario.
LA RAMA Dl POMM. Nell'anno 1630, una grave epidemia di peste, dopo aver
infierito a Milano, miete numerose vittime a Gallarate e nei dintorni, I
borghigiani fanno voto, se liberati dal flagello, di celebrare con un solenne
pellegrinaggio la ricorrenza del 21 novembre; ad essi si uniscono nel voto
gli abitanti di Verghera e di Buscate. L'anno successivo, in novembre, il
morbo scompare. Nasce la festa votiva della Presentazione, la Rama di Pomm,
celebrata ancora oggi con gran concorso di popolo e con l'offerta della
cera al Santuario da parte delle autorità civiche. Tradizione antica,
donde la festa ha tratto il suo appellativo popolare, è quella di
vendere sul sagrato del Santuario le mele, "i pomm", infilzate
nei rami spinosi dell'albero di Giuda.
L'ALTARE MAGGIORE. Il 16 maggio del 1666 viene eretta in Santuario la confraternita
dei Trinitari. Nell'aprile, il ticinese Giovan Battista Rigoli inizia l'altare
maggiore che verrà concluso nel 1686 dal gallaratese Giuseppe Rosnati,
protostatuario del duomo di Milano. Monumentale è l'impianto del
complesso, ricco di preziosi marmi e di intarsi policromi. Le statue del
Rosnati sono di squisita fattura, felice compendio di classica bellezza
e levità pienamente barocca. Al centro dell'ancona, entro una splendida
cornice, è l'antica immagine della Madonna del latte trasportata
dal primitivo gesiolo. Ignoto ne è l'autore, un tardo seguace del
Foppa operante a cavallo tra il XV ed il XVI secolo.
IL CAMPANILE. Costruito in laterizio è alto 33 metri. Venne iniziato
nell'anno 1756 e terminato l'anno successivo. L'attuale concerto campanario,
che sostituisce uno più antico, è stato installato nel 1946.
IL CROCIFISSO. L'anno 1801 viene eretta in Santuario una nuova confraternita
detta della Divozione. Il confratello Francesco Ambrosoli dona al tempio
l'artistico grande Crocifisso in legno policromo (sec. XVI) proveniente
dal soppresso monastero delle Clarisse di Milano. L'interno del Santuario
assume l'attuale veste neoclassica. Sei anni dopo, su progetto di Gaetano
Borgomaneri, viene innalzata l'attuale facciata.
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEI GHIRLI
Campione d'Italia (Como)
Posto in un angolo incantevole del Lago Ceresio, scenograficamente affacciato
sullo specchio d'acqua, il tempio mariano ha origine remotissime, ed è
poi stato rivestito di affreschi gotici e barocchi, ma anche di luminosi
stucchi. E padrone di casa sono le rondini: i "ghirli", per l'appunto...
Sulle pareti del santuario ci sono anche loro, i Magistri campionesi: ritratti
come i "santi quattro coronati", eccoli nel loro laboratorio mentre
scolpiscono, misurano, creano... E accanto a loro, una raffigurazione davvero
particolare: il Cristo in croce di Lucca, ovvero il Santo Volto, come memoria
di una delle loro imprese più alte. E fu sempre la confraternita
degli scultori locali, che aveva eletto a propria patrona la Vergine dei
Ghirli, a volere il policromo altare lapideo, sorta di summa dell'arte ticinese,
esuberante nella ricchezza cromatica, popolaresco nei tratti.
Ben diverso, insomma, dalla sontuosa, leggiadra pittura di Isidoro Bianchi
campionese anch'egli, che dopo aver mietuto allori alla corte dei Savoia,
volle tornare attorno al 1640 nella terra natia per onorare con il suo lavoro
il santuario dei Ghirli. Vi dipinse scene tutte mariane, ovviamente, attingendo
ai devoti dettami di Carlo e Federico Borromeo.
Gli stucchi, poi, come in molte altre chiese del ticinese, non sono semplice
ornamento, né cornice lussuosa, ma hanno dignità a sé,
tanto sono elaborati e ricercati. Putti e cherubini, cariatidi e telamoni,
immagini snelle e aggraziate che corrono lungo gli archi e gli stipiti,
incrociandosi con corone di fiori, con fronde vegetali esaltate in un biancore
quasi accecante. Un trionfo di luce, che dilata lo spazio, che nobilita
la povertà della materia. (Luca Frigerio)
Con un territorio di meno di tre chilometri quadrati allungato sulla sponda
orientale del lago di Lugano, Campione d'Italia è raggiungibile dalla
valle Intelvi ed è collegato a Como sia dall'autostrada n.2 che dalla
cantonale Chiasso-Lugano, prosecuzione della statale dei Giovi.
Il Santuario è aperto tutti i giorni da aprile a novembre, mentre
il Museo parrocchiale si può visitare su appuntamento (tel. 0041.91.6498448).
Info turistiche allo 0041.91.6495051.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA NEVE
VILLA GUARDIA (Como)
Una piazza, detta "dei Miracoli", sulla quale si affacciano
tre edifici sacri dedicati a Maria: l"oratorio della Madonna dei Miracoli,
oggi dedicato a San Carlo, del secolo XV; il sacello della Madonna dei Miracoli
del 1618, divenuto Sacrario dei caduti ed il Santuario della Madonna della
Neve.
Questo fu eretto tra il 1580 ed il 1600, con un"architettura di transizione
tra il Rinascimento ed il Seicento, assai raro in Liguria.
Nell"interno a tre navate, sulla volta centrale, campeggia l"immagine
di Maria Assunta.
Sui tre altari domina una statua: sull"altare centrale la statua della
Madonna dei Miracoli che regge il Bambin Gesù, benedetta nel 1640.
Sugli altari laterali a destra vi è San Matteo mentre a sinistra
si trova una pregevole statua lignea della Madonna della Neve, opera di
Gio Batta Drago del 1867.
Vi sono, inoltre altre tele dei secoli XVI e XVII.
Il 5 agosto, per la festa, ritornano anche dall"estero molti abitanti
di Villa Guardia che approfittano del periodo festivo, per partecipare alle
celebrazioni ed alla rinomata sagra campestre.
SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DEL SOCCORSO - OSSUCCIO (COMO)
Nel secolo XII quando la guerra tra Como e Milano seminava danni e lutti
sulle rive del Lario, alcuni fuggiaschi dell'Isola Comacina, portarono in
salvo una Immagine della Madonna e la nascosero in una grotta sul vicino
monte.
La statua fu ritrovata da una fanciulla sordomuta che riacquistò
l"udito e la parola.
Fu quindi costruito un oratorio nel quale si collocò la statua che
successivamente nel 1537 fu completato e la statua della Madonna fu collocata
in una cappella votiva annessa al Santuario, ricca ed addobbata da numerosi
ex voto.
Il Santuario si trova a 400 m. s/m sopra Ossuccio in una incantevole posizione
tra alberi e prati verdi con un panorama che abbraccia tutto il centro del
lago di Como.
Gli affreschi sono di autori ignoti, ma vi sono dei dipinti pregevoli come
il quadro della Madonna con il Bambino e Sant'Eufemia, patrona della parrocchia
di Isola del 1501; un quadro raffigurante San Giuseppe del pittore F. Grandi
delle fine dell'800, donata al Santuario del 1963.
L'organo è del 1700 e nella sacrestia vi è un monumentale
armadio in noce del 1711.
A circa un chilometro dal Santuario inizia il viale delle cappelle, lungo
il quale si allineano i 14 tempietti baroccheggianti, che racchiudono le
scene rappresentanti i fatti della vita di Gesù e della Madonna ricordati
nei misteri del rosario, il Santuario rappresenta il 15° dei misteri
del Rosario.
I fatti sono raffigurati con statue in stucco e terracotta di grandezza
naturale e con affreschi.
Le cappelle realizzate tra il 1635 ed il 1710 sono veri capolavori d'arte
degli stuccatori della scuola intelvese e rappresentano una singolare documentazione
etnologica e folcloristica di quei secoli, con autore principale lo stuccatore
Angelo Silva di Morbio.
Il Santuario e le sue dipendenza possono dare ospitalità a gruppi
che intendono passarvi giornate di studio e di ritiro, mentre per la notte
è possibile ospitare solo gruppi di poche esigenze come gli scouts.
La festa al Santuario si celebra il 27 giugno con la presenza di numerosi
pellegrini che, comunque frequentano il Santuario tutto l'anno ed in particolare
nei medi da maggio ad ottobre.
SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLA SALVE - ALESSANDRIA (Duomo)
E' la Patrona di Alessandria e si venera nella Cattedrale di Alessandria. La beata Vergine della Salve è una statua miracolosa in legno duro scolpito, quasi certamente di origine orientale. Benché il legno sia antico non è stato intaccato dal tarlo. Prima che nascesse Alessandria nel 1168, nella chiesa di Rovereto, un borgo situato presso il Tanaro, già esisteva il miracoloso simulacro. Recenti studi hanno consentito di datare la statua all"inizio del secolo IX. Tra il 1170 ed il 1178 fu costruita la prima cattedrale dove fu portata la miracolosa statua, mentre nella chiesa di Rovereto ne rimase una copia più piccola scolpita in pietra. Da prima la Madonna fu chiamata semplicemente Santa Maria, poi Madonna dello Spasimo, ma, nel 1489, poiché era in uso di intonare dinanzi alla statua la Salve Regina, assunse il tito-lo della "salve" che poi i fedeli Alessandrini interpretarono con le iniziali di: "Salve Alessandria La Vergine Esaudisce". il 24 aprile 1489, giorno sacro a San Giorgio, il simulacro di Maria esposto alla venerazione, fu visto sudare copiosamente. A questo seguirono molti altri prodigi in occasione di guerre, siccità ed inondazioni. Furono stabiliti dei legati come quello del 1600 che faceva obbligo alla famiglia del Marchese Cuttica di Cassine, di fare omaggio ogni anno, di un sacco di grano, tradizione che ancor oggi di rinnova. Ed ancora nel 1700 fu costituito un altro legato che imponeva alla famiglia del Marchese Tomaso Ghilini, divenuto dopo molti anni padre, di ringraziare Maria per la paternità, facendo omaggio di un grosso cero al quale, nel tempo, se ne aggiunsero altri cinque da parte del comune ed ancora quattro da parte di altre organizzazioni. Ancora oggi si offrono dieci ceri da parte di privati fedeli. In tempi molto recenti si sono susseguiti avvenimenti miracolosi: il 24 aprile 1945 la Vergine cominciò a sudare preannunciando un triste evento; infatti dopo due giorni i tedeschi invasero la zona e solo dopo estenuanti trattative si decise di discutere per l"eventuale resa, nella Cattedrale, all"ombra di Maria, e, dopo tre giorni fu definita la resa: la guerra per gli Alessandrini era finita. Nel 1803 per ordine di Napoleone la Cattedrale fu distrutta e la statua fu collocata prima nella Confraternita della SS. Annunziata, poi nella chiesa di S. Alessandro ed infine nella chiesa di S. Marco che il 2 dicembre 1810, fu aperta al culto come nuova Cattedrale con il nome di San Pietro. Molti sono gli affreschi e, tra i più belli, quelli della Cupola che descrivono episodi della vita della Madonna. Nel 1943 si celebrò con grandissima solennità l"incoronazione che era stata deliberata l"8 aprile 1942 dal Capitolo Vaticano.
SANTUARIO DELLA MADONNA DEL BODEN - ORNAVASSO (VB)
La leggenda racconta che il 7 settembre 1528 la pastorella Maria Della Torre si addormentò nella località della Selva del Boden. A notte fonda si svegliò impaurita ed, accortasi di avere perso il gregge, si mise ad invocare l"aiuto della Madonna. Ma la paura la fece cadere in un dirupo, ed in quell"istante una luce illuminò una cappella della Madonna che si trovava lì vicino. Questo fu il segno del miracolo grazie al quale la pastorella rimase illesa, ritrovò il gregge e potè ritornare a casa. In ringraziamento per questo evento, il paese fece costruire sul luogo dell"accaduto il santuario dedicato alla natività di Maria Santissima.
SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SASSO - BOLETO (VB)
Nei dintorni di Borgomanero altri due luoghi importanti di fede e devozione sorgono sulle sponde del lago d'Orta. A sinistra, su uno sperone di roccia granitica, c'è il santuario della Madonna del Sasso. Il rettore don Antonio Spezia racconta come mai, pur essendo dedicato all'Addolorata, il santuario si chiama così. "Il 16 agosto 1752, un gruppo di 350 "picasass" (scalpellini) della cava di granito sottostante furono salvati dalla Madonna. Le mine collocate per lavori avevano fatto cadere un enorme sasso e una pioggia di detriti, ma tutti restarono illesi. Sul grande sasso trovarono una piccola statua della Madonna. Dopo che per tre volte, deposta in una cappellina lì vicino, la statua tornò sul sasso, fu deciso di portarla in processione al santuario". Da allora ogni anno la statua viene esposta alla venerazione dal 5 al 25 agosto e la Madonna è invocata come patrona degli scalpellini e degli operai.
SANTUARIO DI S. MARIA DEL SASSO - CARAVATE
Le prime testimonianze dell"esistenza della chiesa di Santa Maria
si trovano in alcuni documenti del 1107, del 1120 e del 1159.
Altri documenti sono quelli del 1419 del 1569 e del 1592 che ricorda la
visita pastorale del vescovo di Como mons. Feliciano Ninguarda che descrive
la chiesa di Santa Maria del Sasso: "Nella frazione Fornazze vi è
una chiesa su un alto colle, abbastanza elegante, dedicata a S. Maria del
Sasso, ha un piccolo campanile con una sola campana ed un unico altare".
Nelle vicinanze esisteva un piccolo monastero dell"Ordine dei Frati
Eremitani di S. Agostino.
Poi nel tempo le notizie sulla chiesa di Santa Maria del Sasso diventano
poche e scarne mentre il vecchio convento ormai abbandonato era diventato
di proprietà privata.
Nel 1904 i padri predicatori della Congregazione dei Padri Passionisti,
si trovavano nella zona da alcuni anni per assolvere al loro ministero e
cercavano dei luoghi dove potersi stabilire e, mentre i padri Giovanni Battista
della Vergine Addolorata e Anselmo della Visitazione, si trovavano a Gemonio
per la predicazione delle quarantore, tramite il parroco don Cesare Moja,
visitarono il vecchio convento trovandolo adatto alle loro esigenze e non
esosa la richiesta dei proprietari per la cessione.
Il convento fu quindi acquistato ed il parroco di Caravate don Valerio De
Lorenzi, concesse ai Passionisti l"uso perpetuo della chiesa di Santa
Maria del Sasso.
Come si vede il Santuario della Madonna del Sasso è legato strettamente
alle attività che si svolgevano e si svolgono nel convento.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE - COMO (CATTEDRALE)
Si tratta della bellissima Cattedrale di Como, tre volte Santuario Mariano,
costruita nel 1396 sul luogo dove esisteva una basilica del secolo XI.
Nel 1770 fu completata con al cupola opera dello Juvara e dedicata all"Assunta.
Si venera un affresco di Andrea De Passeris del 1502 della Madonna delle
Grazie ed una statua della Madonna col Bambino che sin dal 1686 si trova
sull"altare del Santissimo.
Nel maggio del 1931 a conclusione del 1° congresso Mariano tenutosi
a ricordo del Concilio di Efeso (431) è stata incoronata dal Card.
Ildefonso Schuster.
La festa si celebra il 15 agosto ricorrenza dell"Assunta.
SANTUARIO DELLA MADONNA E SACRO MONTE - CREA (AL)
Su questo bellissimo monte, probabilmente verso il 350 dopo Cristo, S.
Eusebio ha edificato un Oratorio in onore della Madonna, per santificare
questo luogo. In precedenza forse era consacrato a divinità pagane.
Circa dieci anni dopo S. Eusebio avrebbe portato dall'Oriente tre statue
della Madonna. Una sarebbe stata portata a Crea e le altre due a Oropa ed
in Sardegna.
La chiesa, eretta sul luogo dell'oratorio attribuito a S. Eusebio, esisteva
già all'epoca delle Crociate, com'è testimoniato da reperti
di Arte Romanica venuti alla luce recentemente e posizionati nei primi pilastri
della navata.
Fu ampliata da Guglielmo VIII Paleologo alla fine del Quattrocento, poi
ancora nel 1600 quando fu costruita la facciata, su cui ora campeggia il
bel mosaico di Dalle Ceste, che rappresenta l'Assunzione di Maria. L'interno
a tre navate con volte a crociera rialzata, con costoloni rotondi, sostenute
da pilastri, è di stile gotico. Sulla parete di fondo della navata
centrale è collocata la grande composizione pittorica di pittore
ignoto della seconda metà del Settecento che rappresenta l'Assunzione
della Madonna
Queste notizie sono in parte ricavate dai manoscritti dell'archivio capitolare
di Vercelli.
La Statua, che è venerata a Crea, sottoposta ad esplorazione scientifica
durante i restauri eseguiti nel 1981 dal Prof. Gian Luigi Nicola, ha perso
con il velo bruno, la poetica e popolare immagine della "Madonna bruna",
fedele interpretazione figurativa del versetto del Cantico dei Cantici che
recita: "Bruna sono io e pur leggiadra" (1,5).
La Cappella della Madonna la quale presumibilmente sorge su una delle più
antiche costruzioni del Santuario di Crea, è il cuore del Sacro Monte.
"E' qui ai piedi della Madonna che si riassumono le gioie, la speranza,
le angosce e le sofferrenze di tutti" (Mons. Carlo Cavalla).
intorno all'anno mille si stabiliscono a Crea i canonici regolari di Vezzolano
(Asti). A loro succedono, nel 1483, dopo una breve parentesi dei Serviti,
i Monaci Lateranensi.
E' alla presenza di questi uomini di grande cultura e sensibilità
artistica, oltreché di solida formazione religiosa, che dobbiamo
lo sviluppo di Crea favorito anche dai Signori del Monferrato, i Paleologi
prima ed i Gonzaga dopo. Grazie al loro sostegno vengono compiuti ampliamenti
e abbellimenti. nei secoli successivi abbiamo notizie di interessamenti
dei Papi e di visite illustri quali: S. Bernardo, S. Bernardino da Siena,
la Beata Margherita di Savoia, S. Pio V, S. Giovanni Bosco...
Scomparsa la dinastia dei Paleologi, il Monferrato passa nel 1536 ai Gonzaga
e alla fine del secolo il giovane San Luigi venne qui in pellegrinaggio.
Dopo aver subito saccheggi durante le scorrerie militari, il santuario nel
1801 fu devastato nel 1809 chiesa e convento furono venduti all'incanto.
Nel 1820 il santuario è affidato ai Frati Minori osservanti che lo
custodirono amorosamente per 170 anni riportandolo, gradatamente, al suo
primitivo splendore ed a svolgere quella funzione di "città
dello Spirito" che fu nei propositi di S. Eusebio e dei Priori che
ne ressero le sorti nel corso dei secoli.
Nel 1948 avviene qui l'incontro tra Alcide De Gasperi e il ministro degli
esteri francese Bidault. Negli ultimi cinquant'anni Crea è al centro
di una lunga serie di avvenimenti importanti e di lavori legati all'affluenza
crescente dei pellegrini. Dal 1992 il santuario è affidato ai sacerdoti
della diocesi di Casale Monferrato.
Il Sacro Monte si eleva con i suoi 443 metri presso il limite nord del
Monferrato, fasciato da un prezioso manto verde, in uno splendido scenario
naturale.
Circondato da dolci ondulazioni coperte di vigneti e di boschi, offre visioni
panoramiche sconfinate: la pianura padana coronata dalle Alpi e le colline
del Monferrato fino all'Appennino Ligure.
Nel 1980 con legge regionale è stato istituito il "Parco Naturale
e area attrezzata del Sacro Monte di Crea" comprendente 47 ettari di
terreno, prevalentemente boschivo, dei comuni di Serralunga di Crea e Ponzano.
La legge ha riconosciuto il valore culturale del santuario e mira a conservare
integro e valorizzare l'ambiente paesaggistico, la chiesa, il convento,
le cappelle e tutte le attrezzature recettive e di servizio. Un suggestivo
viale pianeggiante circonda il Sacro Monte e altri viali costituiscono la
Via Sacra che collega tra di loro tutte le cappelle.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA NEVE - DOMODOSSOLA
Il santuario della Madonna della Neve è nelle forme attuali una
costruzione della prima metà del XVII sec., commissionata al maestro
Bernardino Lazzaro di Val d'Intelvi, ed innalzata sui ripari che difendevano
il Bogna una precedente più piccola chiesetta. L'iniquo fiume che
scorreva tra il colle Mattarella ed il borgo, lungo gli anni aveva accumulato
attorno all'edificio sacro dei detriti che bisognava scendere ben dodici
gradini per entrarvi. L'immagine della Madonna e del Bambino è affrescata
sopra l'altare su di un muro fatto di ciottoli di fiume; i restauri hanno
permesso di leggerne la data: 1372. L'ancona di legno dorato e dipinto,
che racchiude l'affresco, è opera di Francesco Tatti (1516) ed è
a sua volta contornata da quella più ampia di Bartolomeo tiberino
di Arona, del 1632. Le due grandi tele del presbitero, a destra, sono lo
sposalizio della Vergine del pittore fiorentino Luigi Reali (1639) mentre
a sinistra, il quadro di San Biagio è stato eseguito da un pittore
Ferabosco, con l'offerente Cipriano Capis. Sopra la porta d'ingresso, nell'atrio,
Carlo Mellerio, pittore vigezzino, ha affrescato il miracolo della caduta
neve sul colle Esquilino a Roma. Il campanile fu innalzato nel XVI sec:
la prima campana che funzione tutt'ora, fu innalzata nel 1596 con le altre
due poste successivamente. Il Santuario è ufficiato dai Padri Rosminiani.
Sul piazzale della Madonna della Neve, nel 1925, presente il Re Vittorio
Emanuele III, è stato inaugurato il monumento ai caduti, opera di
Angelo Balzardi (1892 - 1974), scultore ossolano; le tre statue in bronzo
raffigurano il Dolore, il Sacrificio e la Vittoria.
SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE LACRIME - DONGO (COMO)
Lungo la via Regina sulla sponda del lago di Como esisteva un"antica
cappella sulla cui parete vi era un affresco della Madonna col Bambino.
Nel pomeriggio del 6 settembre 1553 l"immagine fu vista spargere lacrime
da certa Maria dè Matti che impressionata cominciò ad urlare
attirando l"attenzione di molta gente che potè constatare la
verità del fatto prodigioso.
Per ricordare il prodigio fu costruito il Santuario con pronao antistante
decorato all"interno da affreschi del "600 e gruppi statuari lignei
della medesima epoca.
Preceduto da un portico completato nel 1615 insieme al convento per accogliere
i frati Minori e che oggi è adibito a biblioteca.
L"interno presenta la tipica struttura barocca ad aula unico con cappelle
laterali affrescate, due delle quali, la prima a destra ed a sinistra, sono
adorne di paliotti in scagliola, e le due successive di grandi gruppi scultorei
seicenteschi raffiguranti l"Ultima Cena e la Crocifissione.
All"altare maggiore vi è un affresco della Madonna con Bambino
attribuito a Giorgio da Saronno del secolo.
Nel 1904 la sacra Immagine fu incoronata.
Alla fine della guerra il Vescovo di Como Mons. Alessandro Macchi, si rivolse
alla Madonna delle Lacrime per scongiurare lo sterminio che si andava delineando.
Dopo lo scansato pericolo fu decisa la nuova incoronazione della Madonna
ed il diadema fu posto sul capo della Madonna dal Card. Schuster il 21 ottobre
1945.
SANTUARIO DI NOSTRA SIGNORA DELLE ROCCHE - MOLARE (Alessandria)
Nei dintorni del paese ad appena 3 km., si trova il Santuario eretto
nel XVIII secolo, situato sull"alto di una scenografica scalinata ed
è meta di frequenti pellegrinaggi. L"origine è legata
ad un miracolo verificatosi nel secolo XVI. Una donna Clarice portava in
un paniere il povero pranzo per il marito che lavorava in montagna. Giunta
in località Rocche, incontrò una Signora con il Bambino in
braccio, che le chiese del pane per il Bimbo. Clarice le disse di non aver
pane, ma solo poca verdura cotta. La Signora le disse di aprire il paniere
ed essa apertolo vi trovò del pane che prima non c"era per cui
esclamò: "O Vergine Santissima" e le offrì il pane.
La Signora precisò che effettivamente era la Vergine invocata e la
invitava a riferire ai molaresi che desiderava si costruisse una chiesa
in quel luogo. Il racconto non fu accolto con molta convinzione fino a quando
non si verificò un altro episodio. Uno storpio G. Battista Gazzulli,
da anni costretto ad usare le grucce, chiese di essere portato nel luogo
"Le Rocche" dove era apparsa, a Clarice, la Vergine Santissima.
Accompagnato in quel luogo invocò con fede la Vergine chiedendole
di essere liberato dal male ed, immediatamente, sentì di poter muovere
le gambe e lasciate le stampelle poté camminare da solo, guarito
dal suo male. Questo ulteriore episodio, convinse la popolazione che volle
subito costruire, in quel luogo benedetto, una cappella con l"immagine
di Maria che, per detta dei pellegrini, "ruba il cuore". Il quadro
di Maria e del Bambino furono incoronati solamente il 10 agosto 1823, anche
se i decreti costitutivi del Santuario risalgono al 6 agosto del 1635 per
opera di Mons. Felice Crova, Vescovo di Acqui. Il gruppo dell"altare
maggiore ed il dipinto della facciata riportano la scena dell"apparizione
ed i personaggi dell"apparizione.
SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SANGUE - RE
Nel 1494 Re è uno dei piccoli villaggi sparsi nella Valle Vigezzo:
sulla facciata della chiesa, protetta da un portichetto, è affrescata
una Madonna col Bambino.
In un momento di stizza, un paesano la colpisce con un Sasso: da quel momento,
e per venti giorni, la Vergine perderà sangue dalla fronte.
Sangue che viene raccolto in un pezzo di tela e al quale si attribuiscono
subito diverse guarigioni.
Una chiesa più grande verrà costruita nel Seicento, ma l'afflusso
di pellegrini dall'Italia e dalla vicina Svizzera richiede la presenza di
un Santuario più imponente.
Iniziato nel 1922, è stato poi insignito da Pio XII del titolo di
Basilica minore. Oggi la festa del miracolo si tiene dal 29 aprile al 1°
maggio con un pellegrinaggio a piedi da Domodossola.
Grazie all'emigrazione vigezzina, la devozione alla Madonna del Sangue si
è allargata alla Svizzera. al Tirolo e all'Ungheria che le ha dedicato
due altri Santuari.
IL SANTURIO DELLA BEATA VERGINE DEI MIRACOLI DI SARONNO
La storia del Santuario della Beata Vergine dei Miracoli incomincia oltre
cinquecento anni fa, attorno al 1460.
Un giovane saronnese, di nome Pedretto, malato e costretto a letto da alcuni
anni, venne miracolosamente guarito dalla Madonna della Strada Varesina,
che lo invitò
a costruire una chiesa in suo onore.
Dopo la costruzione e la rovina di tre piccoli oratori,
l'8 maggio 1498 fu posta la prima pietra ed ebbe inizio
la costruzione del Santuario. Il progetto della parte rinascimentale della
chiesa, compreso il tiburio, è di Giovanni Antonio Amadeo, importante
architetto del duomo di Milano, che ne diresse anche i lavori (1505). Il
campanile sorse tra il 1511 e il 1516 su disegno e per opera di Paolo della
Porta. Il grande afflusso di fedeli e di pellegrini dimostrò che
la chiesa era troppo piccola per accoglierli tutti; così nel 1556
iniziarono i lavori per l'ampliamento, secondo il progetto di Vincenzo Seregni,
con una navata centrale e due laterali su cinque campate. Lo stesso Seregni
diresse i lavori sino alla terza campata.
I lavori si fermarono perché doveva essere abbattuta la piccola cappellina
dove si trovava la statua della Madonna miracolosa. La prosecuzione della
costruzione riprese a seguito della visita pastorale del 1570 compiuta da
S. Carlo Borromeo, che volle che il Santuario venisse completato. Al Santo
il Santuario fu molto caro per la sua devozione alla Beata Vergine e nel
1581 traslò il simulacro dalla prima cappellina all'interno della
chiesa. La direzione dei lavori di completamento venne assunta da Pellegrino
Tibaldi, detto il Pellegrini, che nel 1578 disegnò la maestosa facciata.
La sua costruzione, iniziata nel 1596 e conclusasi nel 1613, fu diretta
da Lelio Buzzi e dall'architetto saronnese Jacopo Borroni.
La parte superiore della stessa fu opera di Carlo Buzzi nel 1630. Il piccolo
campanile delle ore, che svetta sopra il fabbricato del piazzale, è
del 1594.
La decorazione interna, dopo primi lavori, ebbe inizio con Bernardino Luini,
nel 1525, con i due grandi affreschi dell'Adorazione dei Magi e della Presentazione
al tempio e degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa nel presbiterio,
con lo Sposalizio della Vergine e con la Disputa con i dottori nell'antipresbiterio.
Ritornò nel 1531 per dipingere i quattro santi, Sebastiano, Cristoforo,
Antonio abate, Rocco, sulla parte bassa del vano sotto la cupola. L'opera
del Luini è tra l'espressioni più alte della pittura del Cinquecento
lombardo. Nella grande tazza della cupola (130 mq) è affrescato il
Paradiso in festa, opera di Gaudenzio Ferrari (1535), che accoglie la Beata
Vergine Assunta. Nel grande dipinto sono raffigurati 80 angeli che cantano
e che suonano, con 50 strumenti dell'epoca, e, più in alto, 30 angioletti
che danzano in cerchio con al centro la statua del Padre Eterno che, con
le braccia aperte, accoglie la Vergine. E' una grande raffigurazione scenica
dipinta con una maestria non comune, che ha ispirato tanti artisti e che
desta tanta meraviglia. Altri pittori lavorarono in santuario: Cesare Magni
che dipinse due santi, Martino e Giorgio, nel 1534; Bernardino Lanino, allievo
del Ferrari, con le vele della cupola (1545), Camillo e Giulio Cesare Procaccini
con i quadri (1596), il saronnese Stefano Maria Legnani, il Legnanino, con
gli affreschi sulle pareti degli altari laterali (1706). I fregi e le decorazioni,
di Alberto Meleguli da Lodi, sono di gusto squisitamente rinascimentale,
con grande ricchezza di colori e di oro zecchino. Le statue lignee delle
nicchie e dei due gruppi della Deposizione e dell'Ultima Cena sono opera
dello scultore Andrea da Milano (529 - 1531). Lavorarono pure altri scultori,
Giulio Oggioni (1535), Tomaso Bossi (1573), Gerolamo Prestinari (1598) e,
in, epoca più recente, Pompeo Marchesi per il gruppo della Pietà
(1820). Nel chiostro grande è dipinta la Natività di Nostro
Signore, opera di grande delicatezza di Bernardino Luini (1525) e vi è
l'ingresso alla Quadreria - Museo. Il santuario ha avuto, nei secoli, grandi
favori dai Sommi Pontefici, che con 114 documenti (bolle, lettere apostoliche
e brevi), concessero diritti particolari e indulgenze, anche esclusive.
Questi documenti unitamente ad altri 30.000 sono conservati nell'archivio
storico del Santuario. Il Santuario è stato dichiarato Patrimonio
Europeo.
SANTUARIO DELLA MADONNA DI TIRANO (Sondrio)
La storia di Tirano è indissolubilmente legata al Santuario della
Madonna sin dalla sua origine.
Si è nel periodo a cavallo tra il secolo XV e XVI e nella zona dove
poi sorgerà il Santuario vi erano lotte cruente tra gli Sforza signori
di Milano ed i signori dei Griggioni che in più riprese cercarono
di dominare quella zona che apriva la strada alla Lombardia attraverso la
Valtellina.
Sempre nel medesimo periodo le varie incursioni dei mercenari avevano portato
e diffuso il germe della peste che mieteva vittime e seminava distruzioni.
La domenica 29 settembre 1504 verso l"alba, Mario Homodei, mentre si
avviava verso Folliva con il cesto al braccio per cogliere frutta, allontanatosi
di circa cento metri da casa sentì una forza irresistibile e misteriosa
che lo spinse ad entrare in un orticello presso il ponte della Folla.
Qui, in un alone luminoso vide una giovane signora adorna di un manto bianco
che lo chiamò due volte ed alla quale rispose: Bene?
E bene avrai gli rispose la giovane che però continuò:
"Io sono la Gloriosa Vergine Maria: non aver timore.
Quest"anno si è manifestata una grande mortalità di uomini
e di bestiame; e peggiorerà, salvo che in questo luogo s"innalzi
una chiesa in mio onore.
Tutti coloro che verranno a prostrarsi in questo luogo benedetto e santo
e, secondo le loro forze e possibilità, concorreranno con elemosine
ed altro alla costruzione del Tempio, avranno da me protezione ed aiuti
e non permetterò che vengano intaccati dalla peste e molto meno che
siano vittime di così grande mortalità.
Va a Tirano e fin dove puoi arrivare e a tutti fa conoscere la mia apparizione
in questo luogo ed il mio volere".
E disparve.
La notizia presto fece il giro del contado ed il 25 marzo 1505 fu posta
la prima pietra del Santuario.
Già nel 1513 era officiato anche se solo il 14 maggio 1528 il vescovo
di Como mons. Cesare Triulzio lo consacrava solennemente.
Il Santuario ben presto divenne monumento di fede e di arte.
La facciata, unica in Valtellina, fu costruita nel 1676.
Il portale maggiore di Alessandro Della Scala di Carona, in Svizzera, del
1529, è un"opera d"arte di prim"ordine, tutta in marmo
bianco del luogo.
L"altare maggiore è in marmo nero di Varenna intarsiato con
altri marmi policromi, opera di G.B. Galli di Clivio del 1748.
Alle spalle dell"altare vi è il coro, lavoro di intaglio del
trentino Lorenzo Visentini e di Michele Gramatica del 1749.
Nel presbiterio e nell"abside vi sono cinque tele che rappresentano
l"Incoronazione di Maria, La Natività della Vergine, l"Annunciazione,
la Presentazione al Tempio e l"Assunzione, dipinte da G.B. Recchi di
Borgo Vico tra il 1634 ed il 1637.
L"altare dell"Apparizione è il cuore del Santuario.
Originariamente l"altare era ricoperto di lamine d"argento che
furono tolte dal governo Cisalpino nel 1798.
Si salvarono solo le statue in legno della Madonna con il Bambino con le
due corone d"oro ed il gruppo raffigurante l"Apparizione sistemato
nello scurolo dietro l"altare.
L"attuale altare è opera di Gabriele Longhi di Viggiù
del 1801-1802, ricco di preziosi marmi scolpiti in stile impero con artistici
bassorilievi di scuola Canoviana, tra cui, nel paliotto, l"Annunciazione;
sul gradino della mensa la rappresentazione di due miracoli e, sotto la
nicchia, l"Apparizione della Vergine al Beato Mario.
La statua della Madonna è opera bellissima di Giovanni Angelo del
Maino, che seppe dare al viso della Vergine un"espressione veramente
paradisiaca.
Fu incoronata per concessione del Capitolo Vaticano il 29 settembre 1690,
per intercessione del Pontefice Alessandro VIII, con corone d"oro generoso
dono del Conte Alessandro Sforza di Piacenza.
Sotto l"altare protetto da una cancellata in ferro battuto è
visibile il luogo dove la Vergine posò i propri piedi.
Dietro l"altare un gruppo di piccole statue in legno, opera di G. Angelo
del Maino, rappresentano l"Apparizione ed una tavoletta, con la scritta
"ubi steterunt pedes Marae", incorniciata da marmo, indica il
posto consacrato alla Vergine.
Qui accorrono, ogni giorno tutto l"anno numerosi e ferventi i devoti.
Ricordi, fotografie, ex voto, relitti d"infermità rinnovantisi
di giorno in giorno, testimoniano la presenza della Vergine in mezzo ai
dolori dell"umanità, che, per le tante grazie operate già
dal lontano 1504, è venerata con il titolo di "Madonna della
Sanità".
Le feste si celebrano la seconda domenica di settembre per la Giornata della
Carità in favore dei malati ed il giorno 29 settembre per ricordare
l"Apparizione.
SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DELLA PIETA' - VALENZA (Alessandria)
Il culto alla Madonna della Pietà è certamente di origine spagnola "Virgen de la Piedad", particolarmente diffuso in Andalusia e nella Galizia. In Valenza vi si trasferirono, tra il 1535 ed il 1707, molti spagnoli. Che l"effigie sia di origine spagnola lo si deve al fatto che la Pietà è stata effigiata tra San Pietro e San Giovanni come è nella tradizione spagnola. La Sacra Immagine era stata dipinta, come è tradizione in Spagna, sul muro esterno dell"abitazione di qualche famiglia spagnola residente in Valenza Po, e deve essere rimasta esposta per molto tempo alle intemperie. Non si sa come e quando il culto per la Madonna della Pietà sia cominciato, ma è certo che, non ostante la distanza dal paese, molta era la gente che vi si recava per chiedere grazie a Maria. Questa partecipazione portò a costruire intorno al dipinto una cappella, ma poiché molta continuava ad essere la presenza popolare che veniva da tutti i paesi del Monferrato e della Lomellina, si dovette presto ampliare la cappella. Nel corso del 1700 il culto andava sempre più ampliandosi e la partecipazione dei pellegrini era sempre più imponente. Nel 1866 il parroco del Duomo di Valenza Po, don Giuseppe Pellari, acquistò dei terreni circostanti e costruì un"elegante chiesa campestre. Negli anni successivi fu costruito un altare ed eseguiti altri miglioramenti. Nel 1961, con l"aiuto e la generosità del Comm. Ettore Balbi, fu possibile un ulteriore ampliamento e l"Immagine di Maria fu staccata dal muro e sistemata sull"altare ed il muro antico fu abbattuto. Il 21 luglio 1966, il Santuario veniva eretto a Parrocchia e proclamato solennemente il 18 settembre successivo. Il Parroco della nuova parrocchia don Mario Carmelli, così stigmatizzava i momenti fondamentali del Santuario: "Chi avrebbe previsto trecento anni fa, allorché uno sconosciuto dipinse l"affresco della Pietà in una edicola di campagna, che quell"immagine, un giorno, avrebbe richiamato a sé tante anime e sarebbe diventata il cuore di una famiglia parrocchiale? Ma questi sono i piani della Divina Provvidenza che si realizzano per quella catena di interventi che ai contemporanei non dicono nulla di più del fatto in sé stesso e che, nel disegno di Dio, fanno parte di un ordito che diventerà una realtà solo a Lui nota." Le feste si celebrano la 1^ e la 3^ domenica di settembre.
SANTUARIO DELLA MADONNA DEL SACRO MONTE - VARALLO
Il Sacro Monte
Il Sacro Monte sorse per iniziativa del Beato Bernardino Caimi, che, di
ritorno dalla Terra Santa (alla fine del 1400), volle ricreare in piccolo
i luoghi della Palestina.
Al progetto settant'anni più tardi si interessò anche S. Carlo
Borromeo, che diede nuovo impulso all'opera e la denominò "Nuova
Gerusalemme".
Il complesso degli edifici, una cinquantina è stato costruito nel
corso di un paio di secoli. Ogni cappella rappresenta, con affreschi (circa
4.000 figure) e con gruppi di statue (circa 400), scene della vita di Gesù
e di Maria.
Fra gli artisti più importanti che hanno lavorato a Varallo c'è
Gaudenzio Ferrari, che collaborò con il fondatore add avviare il
S. Monte: sua è la grandiosa cappella della Crocifissione.
Il S. Monte di Varallo, per la bellezza del luogo, pr le sue testimonianze
di fede e di arte, costituisce un monumento unico nel suo genere.
La Basilica
Fu voluta nel 1614, sotto gli auspici del vescovo di Novara, Venerabile
Carlo Bascape, e venne finanziata dal nobile cavaliere pavese Agostino Beccaria
e dalle offerte dei pellegrini. Realizzata a poco a poco su disegni di Bartolomeo
Ravelli e di Giovanni d'Enrico (1614), fu terminata nel 1713 con una facciata
di linee molto semplici. La facciata attuale è sorta negli anni 1891-1896
per h munificenza dei coniugi Costantino e Giulia Durio e su disegno dell'arch.
Giovanni Ceruti di Valduggia.
Il portale di bronzo
È tra i capolavori che maggiormente si ammirano appena giunti alle
soglie della Basilica. I vari pannelli che gli danno risalto rappresentano
alcuni episodi della Sacra Scrittura simbolicamente riferentisi alla Madonna.
A Lei infatti e' dedicata la Basilica. Fu disegnata dall'arch. Giovanni
Cerutì. Lo modellò Leone Antonini di Vocca, e lo fuse Giovanni
Lomazzi di Milano.
La Vergine dormiente
Bellissimo simulacro della Madonna venerato fino dai primi tempi quando
era collocato nella chiesa vecchia. È stato portato nell'attuale
Basilica nel 1679 e, attorno ad esso, è polarizzata la vita del Sacro
Monte in quanto Santuario. La tradizione (del seicento) dice che fosse venerata
nella Basilica di S. Sofia, a Costantinopoli, prima del 1453. È la
Madonna del Sacro Monte.