Nel primo capitolo "Preziose conferme l'Arcivescovo sottolinea la
realtà popolare e i segni di vitalità, ma nota anche come
il cattolicesimo ambrosiano sia "chiamato a rinnovarsi
Nel secondo capitolo "Il 'buon seme' del Vangelo", viene presentato
il Vangelo del buon seme e della zizzania, evidenziandone alcuni insegnamenti.
Il mondo è il luogo in cui Dio si manifesta gratuitamente agli uomini.
Gesù "ama la nostra libertà e la pro-voca chiamandola
a decidersi per Lui" e "la risposta personale della libertà
che permette al buon seme di diventare grano maturo ha bisogno di tempo".
"Non tocca a noi giudicare in modo definitivo, condannare senza appello":
serve quello "sguardo nuovo sul mondo" che dona Gesù per
essere capace di non inoltrarsi "sui sentieri della condanna, del lamento
e del risentimento".
Il terzo capitolo "Il campo è il mondo" pone in evidenza
alcuni punti centrali: è Dio che viene al nostro incontro, "la
fede è riconoscerLo"; l'entrata di Dio nella storia ha cambiato
la vita degli uomini attraverso "una trama di relazioni nata dall'incontro
con Lui"; il mondo "che Gesù chiama "il campo""
è costituito da tutti gli ambiti dell'esistenza quotidiana (famiglie,
quartieri, scuole, università, lavoro, modalità di riposo
e di festa, luoghi di sofferenza, di fragilità, di emarginazione,
luoghi di condivisione, ambiti di edificazione culturale, economica e politica...).
Si individuano poi i "cardini" dell'esistenza umana - affetti,
lavoro, riposo - e importanti implicazioni come fragilità, tradizione
e giustizia.
Nel quarto capitolo "Gesù Cristo Evangelo dell'umano",
partendo dal presupposto che nulla e nessuno è estraneo ai seguaci
di Cristo, si afferma che "non dobbiamo costruirci recinti separati
in cui essere cristiani". Si ribadisce che il mondo è il campo
in cui è offerto l'incontro con Gesù e che l'attenzione non
va posta sul "fare", "ma sul seme buono che il seminatore,
Gesù, vi ha gettato". Dio, entrando nella storia, vuole fecondare
la realtà "con la sua presenza rinnovatrice". Ogni fedele
e ogni realtà ecclesiale della Diocesi sono quindi chiamati a rileggere
il senso dell'esistenza cristiana alla luce dell'urgenza "a uscire
da se stessi per entrare in campo aperto" attraverso la testimonianza,
"esponendo se stessi". E il testimone, quando è autentico,
"fa sempre spazio all'interlocutore e a tutte le sue domande".
Il cattolicesimo popolare ambrosiano deve radicarsi "più profondamente
nella vita degli uomini attraverso l'annuncio esplicito della bellezza,
della bontà e della verità di Gesù Cristo all'opera
nel mondo". Non in modo egemonico, però, perché i cristiani
non cercano la vittoria: ciò a cui sono chiamati "è solo
l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà
degli uomini". Ecco dunque il senso di una verifica "non più
rinviabile" sulla propria testimonianza nelle "tre dimensioni
della comune e elementare esperienza umana" - affetti, lavoro, riposo.
Nel quarto capitolo "Gesù Cristo Evangelo dell'umano", partendo dal presupposto che nulla e nessuno è estraneo ai seguaci di Cristo, si afferma che "non dobbiamo costruirci recinti separati in cui essere cristiani". Si ribadisce che il mondo è il campo in cui è offerto l'incontro con Gesù e che l'attenzione non va posta sul "fare", "ma sul seme buono che il seminatore, Gesù, vi ha gettato". Dio, entrando nella storia, vuole fecondare la realtà "con la sua presenza rinnovatrice". Ogni fedele e ogni realtà ecclesiale della Diocesi sono quindi chiamati a rileggere il senso dell'esistenza cristiana alla luce dell'urgenza "a uscire da se stessi per entrare in campo aperto" attraverso la testimonianza, "esponendo se stessi". E il testimone, quando è autentico, "fa sempre spazio all'interlocutore e a tutte le sue domande", in un confronto leale, a 360 gradi, "con tutti e in tutti gli ambienti dell'umana esistenza". Il cattolicesimo popolare ambrosiano deve radicarsi "più profondamente nella vita degli uomini attraverso l'annuncio esplicito della bellezza, della bontà e della verità di Gesù Cristo all'opera nel mondo". Non in modo egemonico, però, perché i cristiani non cercano la vittoria: ciò a cui sono chiamati "è solo l'essere presi a servizio del disegno buono con cui Dio accompagna la libertà degli uomini". Ecco dunque il senso di una verifica "non più rinviabile" sulla propria testimonianza nelle "tre dimensioni della comune e elementare esperienza umana" - affetti, lavoro, riposo -, a cui l'Arcivescovo dedica specifici interrogativi.
Il quinto capitolo "Uno strumento offerto a tutti" rimarca come la Lettera pastorale sia offerta a tutti come strumento di riflessione sul senso, il significato e la direzione della vita. "Mi permetto di chiedere una lettura attenta attraversata da autentica simpatia", scrive il Cardinale. E, rivolto in particolare ai fedeli ambrosiani, "la Lettera pastorale deve mettere in moto un confronto che aiuti ciascun fedele e ciascuna comunità a rivisitare la vita ordinaria, la prassi abituale, le iniziative e i calendari".
Per questo, nel sesto capitolo, sono indicati "Tre criteri":
valorizzare l'esistente, attraverso la "grammatica comune" fornita
dalla Lettera pastorale; assumere "con decisione" il criterio
della "pluriformità nell'unità", nell'accoglienza
e nel coinvolgimento dei diversi carismi presenti nelle parrocchie e comunità
pastorali, negli istituti religiosi, nelle associazioni, nei movimenti a
livello diocesano; ripensare l'attività della Curia e degli uffici
diocesani.
Il settimo e ultimo capitolo "Una metropoli europea, una Chiesa presa
a servizio", parte dalla "ambrosianità" di Milano,
nelle sue dimensioni civile e religiosa impossibili da separare. Nella metropoli
anche le contraddizioni e le fragilità, i conflitti e le manifestazioni
del male fisico e morale chiedono di essere affrontati con "amicizia
civica resa possibile da un incessante dialogo, teso al riconoscimento reciproco".
Poi lo sguardo si allarga all'Europa, dove "si riconosce in una fede
religiosa ancora il 71% della popolazione", anche se l'esperienza religiosa
"tende a caratterizzarsi in modo spiccatamente individuale". Un
altro dato significativo è la permanenza di "una spinta inequivocabile
a fare famiglia". In questo quadro, i nuovi orientamenti della società
plurale vanno considerati "più che una minaccia, una opportunità
per annunciare il Vangelo dell'umano". Così intende guardarli
la Chiesa ambrosiana, perché i cristiani "sono presi a servizio
dal Seminatore e cercano, al di là dei loro limiti e peccati, di
favorire la crescita del buon grano".
Nell'appendice, infine, sono elencati alcuni appuntamenti e impegni comuni:
non un programma vero e proprio, quanto lo stimolo a maturare uno stile
missionario rinnovato.