don Hervé - Guardare lontano...
Don Hervé è rientrato in Italia dopo l'esperienza missionaria di Haiti.
Qui trovi le sue riflessioni che hanno come filo conduttore la proposta "Guardare lontano".
La messe è molta - Duomo di Milano, 26 ottobre 2019
E la sera della Veglia missionaria diocesana. Arrivo da Melegnano,
dalla parrocchia di Santa Maria del Carmine, in piazza Duomo.
Appena esco dalla Metro mi trovo in mezzo a tanta gente che unita in gruppi,
gruppetti, a due a due parlano, ridono stando seduti o camminano nella piazza
con lo sfondo della bella facciata del Duomo di Milano. Sono un po' di fretta
perché ero arrivato lì per partecipare alla veglia missionaria
che il Duomo stava già accogliendo nelle sue navate, ma sento il
bisogno di fermarmi e guardare tutte queste sorelle e fratelli che non hanno
minimamente il pensiero di partecipare alla Veglia. Sento dentro di me risuonare
le Parole di Gesù con unincandescenza fortissima: la
messe è molta. Mi siedo anchio sui gradini del Duomo
e silenziosamente prego per questa messe per la quale forse
gli operai sono pochi. Sento fortissima in me il valore di quella
messe ricca di progetti che la conducono senza accorgersi che
nel Duomo cè una veglia missionaria anche per loro. Per loro
il Duomo è solo uno sfondo alla loro presenza che cerca altro.
Mi accorgo di sentire un grande affetto per tutte queste sorelle e fratelli
di cui non so nulla, ma che vedo come quando guardavo lontano dalla collina
di Ka Philip ad Haiti nel misterioso progetto di Dio. Tanti pensieri e domande
sul valore di questa porzione di messe scaldano il mio cuore
che percepisce la sua dignità perché fatta di figli di Dio
Padre. Commosso mi alzo e entro in Duomo portandomi dentro questa
messe di sorelle e fratelli e mi unisco con fiducia alla preghiera
mentre nel mio cuore chiedo la grazia di amare e fare amare sempre più
quella messe incontrata poco prima e per la quale siamo chiamati
ad essere chiesa in uscita. E proclamata la Parola che
cinvita ai tanti cammini di missione anche con i simboli dellacqua,
della terra e del fuoco e dalla parola dellArcivescovo che ci aiuta
a vivere come persone che sappiano farsi prossimo nella messe del Signore.
In me stesso risento vivo il progetto di vita che il giorno dellordinazione
sacerdotale con i miei confratelli avevamo sposato:
-annunciare al mondo il Tuo Amore -. Si, bella veglia missionaria per rinnovare
sempre più in noi il dono di vivere come chiesa in uscita
perché la messe è molta. (26 ottobre 2019)
"Il dono di Haiti" per -guardare lontano -sempre
E' il 18 di agosto e da pochi giorni ero rientrato nella mia parrocchia
haitiana: Santa Croce, che ha il suo centro parrocchiale a Ka Philip che
come sapete si trova al Nord Ovest di Haiti. Il viaggio questa volta era
stato molto più faticoso a causa del lungo tempo di sosta a New York,
una notte intera sulle sedie dell'aeroporto per attendere la coincidenza
per Haiti e anche per il viaggio in auto per raggiungere la parrocchia.
Ma una vola a "casa"tutto ritorna alla serenità perché
finalmente a "casa".
I saluti, i commenti, gli abbracci si susseguivano con la naturalezza che
un cammino d'amicizia aveva già cominciato a far crescere nelle nostre
vite. E così riprendo a parlare creolo con la sorpresa di sentirmi
più sciolto quasi che il tempo passato in Italia fosse servito a
far "maturare" in me il parlare creolo. Non mi sembrava vero,
certo la strada dell'accoglienza profonda della "lingua" era ancora
lunga, ma questa più istintiva capacità di parlare il creolo
mi allargava il "cuore". La vita pastorale del mese di agosto
era ancora accompagnata da tante feste patronali delle nostre tante Comunità
e queste erano vere fonti di "ricchezze" di vita insieme. Il ritmo
era quasi incalzante e in più la rovinosa situazione delle strade
gli dava una mano, ma la gioia delle celebrazioni e degli incontri facevano
scivolare in secondo piano questa fatica fisica.
Ma quella mattina del 18 agosto appena alzato vissi lo stupore di scoprire
che il mio corpo non aveva saputo reggere così bene come il mio "spirito"
a tanta "ricchezza di vita". Ed eccomi di fronte all'apparire
di una "bella", si fa per dire, ernia inguinale. Fu come un tuffo
al cuore perché "ho sentito" subito in me stesso le possibili
conseguenze di movimento, di disponibilità di questa situazione,
non perché ne fossi impressionato, perché capii subito che
dove mi trovavo la non piena efficienza, legata ad un problema fisico di
questo tipo, poteva diventare una fatica per i fratelli della Comunità.
Subito mi risiedo sul letto e con le lacrime nel cuore, tento di reagire
e mi fabbrico un cinto -fai da te- che mi rallegra perché funzionava
bene. Dopo qualche giorno di fiduciosa ripresa nel dialogo con il mio confratello
don Levi arriva però il parere del mio caro amico medico che mi consiglia
vivamente di rientrare in Italia per sottopormi all'operazione perché,
dice lui, potresti andare avanti così per anni, ma se nascono delle
complicazioni, l'ernia diventa un problema grave che ad Haiti sarà
difficile risolvere con rapidità. Iniziano così giorni "tesi"
perché sento dentro di me la responsabilità di non diventare
un "peso" per la vita comunitaria e nello stesso tempo vivo la
tristezza di pensare ad un rientro. Sono giorni di preghiera e di lacrime
nascoste che ad un certo momento però mi aprono ancora alla gioia
del "guardare lontano" quando durante la recita del rosario quotidiano
sono arrivato di fronte ad un resto di palma tagliato e bruciacchiato che
stava rimettendo i germogli. In verità in questo periodo se ne vedono
tanti così, ma ero io che pur vedendo non "guardavo più
lontano" come tante volte vi avevo detto. L'immagine reale di questo
resto di palma che riprende a vivere dischiuse subito evangelicamente il
mio cuore e subito dopo l'incontro sul sentiero con Olby, un ragazzo della
comunità di Ka Philip che mi era venuto incontro per vedere se avevo
bisogno,laceravano la mia tristezza e finalmente capisco che è sempre
necessario rimettersi a camminare con la fiducia del "guardare lontano".
Olby è il nome di uno dei tanti adolescenti che hanno -circondato-
la mia presenza a Ka Philip in una terra tanto diversa dalla mia per cultura,
ritmi di vita, aspettative di vita per quel "troppo" che non hanno
a causa di tante ingiustizie che hanno radici locali e mondiali. Ma anche
da loro ho imparato che la dignità di ogni vita è immensa,
non riducibile alla sua situazione sociale ecc. ecc., ma mi è sempre
pienamente fratello, sorella, padre e madre come mi ha messo nel cuore Gesù.
Pur sapendo che sarà necessario lasciare questa terra, troppo poco
amata, per un "cammino" diverso, nel mio cuore, come sempre, rimarranno
i volti e i nomi di sorelle e fratelli e il loro "silenzioso"
grido di condivisione e d'aiuto. La dignità del fratello e della
sorella più poveri non può rimanere inascoltata, ma mi domanda
di continuare ad amarla e proteggerla continuando quelle relazioni di corresponsabilità
di vita reale, che la Provvidenza mi ha offerto, lottando con la certezza
del Vangelo per rimanere al loro servizio. In quel momento riscoprivo anche
che la mia vita e la nostra vita di credenti sarà sempre missionaria
e per questo aperta ad offrire sempre e fiduciosamente "germi"
di vita nuova come il "resto bruciacchiato"della palma, con il
suo germoglio,mi avevano rispiegato"nel profondo di me stesso".
Buon cammino allora per la nostra comune e rinnovata missione in una quotidianità
evangelica che non riduce mai la possibilità di "germogliare"
a nuova vitaanche quando, apparentemente, tutto sembrava perduto.
don Hervé (18 agosto 2019)
"Guardare lontano con tutti voi"
Mi ha molto aiutato a vivere con voi questi bei giorni di vacanza, prima
dell'ormai prossimo rientro ad Haiti, lo slogan che ha guidato, nella Comunità
pastorale, la vita dell'Oratorio: "Una bella storia". Come sapete
meglio di me la motivazione suscitata da questo slogan era quella di conoscere
e riscoprire la gioia di "camminare" con Gesù e con i Santi
per vivere con felicità e gusto il tempo dell'oratorio estivo così
da rilanciarsi in amicizie più belle e durature. Devo dire che è
proprio così anche per me nella mia vita ad Haiti e più precisamente
nella mia parrocchia dedicata alla Santa Croce a Ka Philippe. Si! "Una
bella storia" il dono della condivisione che sto imparando a vivere
a Ka Philip. Improvvisamente immerso in una "vita quotidiana "tanto
diversa", ma a tu per tu con quelle donne, uomini, ragazzi e bambini
mi ha profondamente coinvolto oltre ogni mia aspettativa. Prima di tutto
per la riscoperta di "un di più" che questa bella storia
haitiana metteva prepotentemente nel mio cammino di uomo e di prete ambrosiano.
La grande novità di vita culturale, sociale e di possibilità
di condivisione con sorelle e fratelli tanto poveri, mi ha come abbracciato
sentendone subito, per grazia, il valore di un "nuovo orizzonte"
che rinnovava il mio "guardare lontano" grazie a quei "nuovi"
fratelli e sorelle. Questo nuovo vivere, ricco e intenso, mi domandava anche
la necessaria "fatica" dell'accoglienza di tanta diversità
e più in particolare di tanta povertà che mi ha aiutato a
rinnovare il mio stile di vita. E non solo questo, ma soprattutto ad imparare
come il "povero" sa accogliere facendo "posto" con disponibilità
alla mia presenza. Già le precedenti esperienze, sia in terra ambrosiana
che in terra africana, mi avevano tanto aiutato nel cammino del lasciarmi
accogliere e dell'accogliere proprio grazie alla mia convinta consapevolezza
della dignità e della corresponsabilità dell'altro con cui
mi era dato di "camminare insieme". Ma ora, con una certa età
sulle spalle e quindi abitudini e limiti più evidenti, gustavo con
gioia questa "bella storia" che mi apriva, come dicevo, nuovi
orizzonti di vita bella e tanto semplice al punto di restarne, in un primo
tempo, anche affaticato, ma gioioso del "guardare lontano" che
mi era un'altra volta offerto. Molti di voi però hanno capito questo
mio cercare di "guardare ancora lontano" e me l'esprimevano con
frasi del tipo: "ma come sei dimagrato, ma stai bene, va tutto bene?".
La risposta a queste fraterne attenzioni non è difficile da dare
e nello stesso da comprendere perché mi è successo quello
che accade anche ad un "atleta" quando deve riprendere il "peso
forma". Così nelle relazioni vere ho dovuto rinnovare il mio
modo di mangiare, di parlare, di vivere perché potessi riprendere
quel peso forma spirituale che mi permetteva di offrire e ricevere l'accoglienza
e la corresponsabilità. E in questo appassionante guardare lontano
è facile quindi comprendere che tutta la persona, spirito e corpo,
è chiamata a trovare il suo "peso forma". Ora sono pronto
a ripartire dopo queste belle vacanze che mi hanno ristorato con le tante
e belle amicizie ricche di aiuti umani e di solidarietà. Vi ho sentito
tanto vicini in questo mio e nostro guardare lontano da poter prendere a
prestito, per salutarvi tutti, il bello slogan che già citavo: anche
la nostra è una bella storia. Ciao con affetto e se il buon Dio vuole
arrivederci fra un anno, don Hervé (28 luglio 2019)
"pasci le mie pecore"
Cari amici è da un po' di giorni che la pur limitata connessione
ad internet non è presente. Così le piccole relazioni quotidiane
con voi rimangono solo un'esperienza del cuore e del pensiero. Tutto questo
mi permette di affondare ancora di più le "miei radici"
nel "guardare lontano" in questa terra così "lontana"
dalle mie esperienze tanto d'aiutarmi a comprendere un po' di più
la mia "piccolezza".In particolare ora che il mio "guardare
lontano" vive dentro una situazione non facile nella mia vita pastorale
perché per ora, nella sua bella e attuale semplicità, non
mi offre molto spazio nella corresponsabilità. La mia presenza pastorale
infatti è per ora principalmente legata alla celebrazione della sana
messa, spesso concelebrata o alla visita ai malati. Quest'ultimaperò
mi permette d'entrare "a tu per tu" con situazioni poverissime
sia per le abitazioni che delle persone, ma molto di più per l'estrema
insufficienza delle cure disponibili per queste sorelle e fratelli malati.
Queste situazioni, devo sinceramente dire, mi toccano profondamente perché
vedo queste sorelle e fratelli capaci di vivere con "serena" disponibilità
la loro grave situazione.Dentro di me è forte il grido d'ingiustizia
che mi scuote, ma il sedermi accanto a loro, che nella grande luce della
loro fede, mi accolgono, percepisco che loro sanno "guardare lontano"
molto più di me per la speranza che le sostiene nella vicinanza del
Signore. La preghiera che prepara il dono dell'eucaristia è tanto
raccolta tanto che "vedo" loro stessi diventare "eucaristia"
per me, cioè una presenza del Signore crocifisso che mi è
donata attraverso queste sorelle e fratelli malati. Quanta luce sanno infondermi
pur nell'ingiustizia della loro situazione.Solo il "guardare lontano"
mi sostiene proprio come sostiene loro, ingiustamente "condannati"
da un mondo che tanto spesso non sa "guardare lontano" e spreca
tante energie solo per se stesso. Dentro queste mie piccole e profonde esperienze
il vangelo di Giovanni mi ha donato un grande aiuto nel continuare a "guardare
lontano" nella prospettiva del servizio al Vangelo. È quella
parte finale del vangelo di Giovanni dove Gesù domanda a Pietro:
"mi ami tu?". Per ben tre volte gli rivolge questa domanda con
un'intensità a cui non avevo mai dato molta attenzione.Questa frase
tanto intima: "mi ami tu?" l'ho finalmente vissuta come un "cuore
a cuore" che va molto oltre quello che fino ad oggimi ero limitato
a pensare. Si! Questa triplice domanda d'amore non è solo la conseguenza
del triplice tradimento di Pietro che, proprio nel momento della prova di
fronte alla terribile e vergognosa condanna di Gesùaveva vissuto.
Pietro infatti non era riuscito a comprendere il dono prezioso della morte
salvifica di Gesù perché altre erano le azioni salvifiche
che si aspettava dal Signore. Ma oggi finalmente coglievo il vivo desiderio
di Gesù di comunione intima con Pietro in questo "a tu per tu"
tanto forte che invece avevo sempre e semplicisticamente letto e riletto
come un "riaggiustare i tre rinnegamenti di Pietro". No! Non è
possibile pensare solo a questo perché Gesù sta chiedendo
di condividere con Lui un'intimità totale un'intimità che
fa nascere la missione
"pasci le mie pecorelle,
pasci le
mie pecore".. E Pietro non aveva altro che questa proposta d'amore
di Gesù, nient'altro che questo "potere d'amore". E in
questo legame Pietro vive la missione per "aprire altri alla vita nuova
dell'amore totale" che cui anche lui era "partito" per giungere
fino "agli estremi confini della terra"
. E queste pecorelle,
queste pecore non hanno un nome preciso, non sono quel gruppo o quell'altro
gruppo di cui si sa e per cui si può prevedere anche, e lo dico per
me, un bel cammino di relazione
un'amicizia. No! Gesù dice semplicemente,
ma pienamente le mie pecore che io e noi sappiamo bene che stanno a significare
tutti, ma proprio tutti con le loro esigenze, le loro disponibilità
o anche le loro terribili chiusure e cattiverie. Ma per tutti Gesù
chiede, nella relazione d'amore che Pietro accoglie e condivide, "pasci"!
Nella relazione d'amore Gesù domanda di "diventare" amore
capace di pascere cioè vivere una chiara disponibilità ad
offrire una vita bella (pasci) fino ad andare là dove tu non vorresti
perché ti chiedono la vita. Ho sentito che questo guardare lontano,
chiesto a Pietro con il progetto di "pascere" le pecorelle del
Signore, in modi diversi appartiene a tutti noi suoi discepoli, perché
la missione d'amare non è facoltativa, ma è la realizzazione
della mia vita e così la debolezza diviene forza, diventa vita nuova,
diventa relazione di testimonianza senza aspettarsi nulla. E certamente
sto scoprendo questo cammino sempre più impossibile per le mie forze,
ma con Lui
tutto è possibile
.fino ad andare là
dove tu non vorresti andare.. A volte fai delle scelte che ti sembrano le
più giuste, ma poi, con la grazia del buon Dio, capisci che devi
cambiare e lasciarti nuovamente "inviare" perché solo Lui
sa veramente "guardare lontano". E allora la Pentecoste è
vita nuova che senti che t'invade come un abbraccio infinito per tutti e
che ti permette di lasciarti "plasmare" dalla Grazia fino alla
fine nei "cambiamenti" che Dio sempre ti offrirà perché
avvenga in noi la vita secondo la sua Parola.
Ciao con questo particolare "guardare lontano" don Hervé.
Ka Philippe, mercoledì pomeriggio 09-6-2019 - Haiti