1. L'Epoca dei Giudici d'Israele fra peccato, oppressione, pentimento
e liberazione
L'epoca dei Giudici d'Israele (1150-1025 a.C.)ricomprende il periodo storico
che va dalla morte di Giosuè sino al Profeta Samuele, che sarà
l'ultimo dei Giudici. L'ultimo perché - a seguito della pressante
richiesta da parte dell'Assemblea degli Anziani rappresentanti delle Dodici
Tribù - Samuele otterrà da Dio il permesso di trasformare
la Confederazione delle Dodici Tribù d'Israele in una Monarchia.
Lui stesso consacrerà Saul come primo Re.
Ma procediamo con ordine. Alla morte di Giosuè non tutta la Terra
Promessa è presa. Addirittura, la Città di Gerusalemme era
ancora in mano alla tribù dei Gebusei(anche se nel Libro dei Giudici
si afferma sia stata espugnata). Sarà liberata da Re Davide attorno
all'anno 1000 a.C.
Con Giosuè inizia anche la ripartizione delle terre conquistate fra
le Dodici Tribù d'Israele. A Giosuè seguono i Giudici d'Israele.
I Giudici furono degli Amministratori della Giustizia, ma anche Capi Militari,
come Barak e Gedeone, o Eroi, come Sansone, che difesero la Terra Santa
dai popoli idolatri. Fra di loro c'è una donna: Giudice d'Israele,
Profetessa e Stratega per bocca di Dio. Si tratta di Deborah (il cui nome
in Ebraico significa "Ape"), di cui parleremo diffusamente.
Al Libro dei Giudici seguono il Primo e il Secondo Libro di Samuele(per
il canone Ebraico e Protestante perché, per quello Cattolico - per
coerenza cronologica - segue il Libro di Ruth, ambientato anch'esso nel
periodo dei Giudici) che narrano del Regno Unito d'Israele, i cui protagonisti
sono i Re: Saul, Davide e Salomone, nonché i Profeti: Samuele e Natan.
Seguirà la dolorosa divisione della Terra Promessa in due regni separati:
il primo, al Nord, con capitale Samaria, che sarà distrutto nel 722
a.C. dagli Assiri, e quello del Sud, il Regno di Giuda, che sopravvivrà
fino al 587 a.C. quando Nabucodonosor distruggerà Gerusalemme e il
Primo Tempio, deportando a Babilonia gran parte della popolazione ebraica.
I tempi eroici dei Giudici d'Israele sono ormai lontani.
2. Due capitoli di una Storia di liberazione
Due capitoli,dei 21 che compongono il Libro dei Giudici, hanno per protagonista
Deborah. Oltre allasorprendente vittoria militare ottenuta da Israelead
opera di Dio sull'esercito Cananeo che opprimeva le popolazioni Ebraiche
da vent'anni,la narrazione contiene un poema che gli studiosi ritengono
uno dei più antichi testi della Bibbia, ovvero il "Cantico di
Deborah". Lo vedremo più avanti.
L'intera vicenda è articolata in due racconti distinti(capitoli 4
e 5) e, per così dire, il secondo testo è una ripetizionedella
narrazione del primo, in versi celebrativi di canto di vittoria innalzato
a Dio dalla stessa Deborah, Giudice e "Madre" d'Israele.
La vicenda è presto detta. Iabin, monarca di uno dei regni cananei
-ancora non assoggettati da Israele -da ormai una ventina d'anni tormenta
con devastanti incursionialcune tribù ebraiche. Il testo puntualizza
che lo stato d'inferiorità e la mancanza di pace da parte degli Ebreièdeterminato
- come accade in tutte le storie di persecuzione narrate nel Libro dei Giudici
- da uno stato di ribellione, di peccato, specie quello d'idolatria, a cui
s'era abbandonato il Popolo Eletto.
Ancora una volta quest'ultimo collettivamente si pente,e allora Dio concede
un altro Giudice che lo libererà dall'oppressione dei nemici. Cosa
straordinaria, questa volta si tratta di una donna: Deborah.
Deborah era sposata con Lappidot, il cui nome significa fiamma.
Il nuovo Giudice d'Israele - che è anche Profetessa - per dirimere
le controversie che gli vengono di volta in volta sottoposte dal popolo,
siede sotto una palma in Efraim,un luogo alto sulle colline dell'attualeSamaria
(detta anche Cisgiordania).
Ispirata da Dio, Deborah convoca (e qui c'è da dire che per la mentalità
del tempo è irrispettoso e contro le rigide regole sociali che una
donna convochi un uomo)Barak, Generale dell'Esercito Ebraico, incaricandolo
- per ordine trasmessole dall'Altissimo - di dare battaglia e sconfiggere
le truppe del regno cananeo diIabin, al cui comando c'è il generale
Sisara.
ABarak, l'ordine dato da Dio appare irricevibile perché - anche se
lui fosse riuscito a radunare i diecimila combattenti chiesti da Deborah
- era del tutto impossibile avere la meglio su un esercito nemico che contava
novecento carri di ferro.
Ma occorre spiegare meglio per contestualizzare
la grandiosità della vicenda e la sua obiettiva rischiosità.
A quei tempi, avere delle armi di ferro era cosa piuttosto rara perché
-per lo più - le spade, le punte delle lance, le asce da guerra,
erano ancora fatte di bronzo. Pertanto, il possedere armi in ferro risultava
determinante nelle battaglie, perché erano molto più resistenti
e spezzavano, rendendole inservibili, quelle di bronzo. Oltretutto avere
a disposizione - oltre che a una numerosa fanteria(si parla di quarantamila
uomini) -, un così elevato numero di carri da guerra, erasegno di
una gigantesca forza militare. Israele, al contrario, poteva contare su
soldati appiedati edequipaggiati conarmi forgiate nel bronzo.
Per l'assoluta sproporzione delle forze in campo, la vicenda prefigura -
precedendolo di qualche decennio- l'epico scontro tra il Gigante Golia (Filisteo)
e il Giovanissimo Davide (della Tribù di Giuda)
Una vittoria
impossibile che tuttavia si realizzerà grazie all'intervento di Dio.
A questo punto, il Generale Barak, cosciente della ragionevole impossibilità
di una vittoria militare contro forze tanto preponderanti, per essere certo
dell'effettivo intervento di Dio in battaglia, chiede a Deborah - in quel
momento il più accreditato e autorevole tramite con l'Altissimo -
di scendere con lui a fronteggiare il nemico. Deborah accetta ma, a motivo
dellascarsa fiducia dimostrata dall'uomo, profetizza a Barak che non sarà
lui, seppur Comandante dell'Esercito Ebraico, a uccidere il Generale nemico
ma - a suo vergogna - una donna.Perciò sarà unsuccesso che
non gli procurerà l'onore che gli spetta per essere stato il capodell'esercito
vincitore. La cosa ai nostri giorni sembra di poco conto, maper la mentalità
del tempo era consideratasommamente disonorevole.
La vittoria sarà quindi del tutto femminile: di Deborah - del Giudice-Profetessa
- e di Giaele, la donna straniera che porrà fine alla vita diSisara,
il generale nemico.Come Barak, anche nel caso di Sisara la figura maschile
è ridicolizzata. Per un condottiero, fuggire dal campo di battaglia,
perché sconfitto da forze numericamente e tecnicamente inferiori,
è già di per sémolto disonorevole, figuriamoci poi
l'essere ucciso lui - un generale che incarna i più alti valori maschili
- nientemeno che da una donna!
Su indicazione di Deborah, l'Esercito Ebraico s'attesta sulle alture del
Monte Tabor. Si tratta di un monte solitario,che s'innalza nella pianura
di Esdrelon. Noi Cristiani lo conosciamo bene perché sulla sua cima(anche
se in realtà il suo nome non è indicato nei Vangeli e la sua
individuazione è attribuita alla sola tradizione, seppur antica e
venerabile)Gesù si trasfigurò davanti agli Apostoli Pietro,
Giovanni e Giacomo.
Arrivano i novecento carri di ferro dei Cananei nella pianura diEsdrelon,
ai piedi della montagna dove sono arroccati gli Ebrei, ma improvvisamente
comincia a piovere a dirotto. Piove così tanto e in così poco
tempo che il torrente Kison esonda inondando l'intera pianura. Le ruote
dei pesantissimi carri del generale Sisara sprofondano nel fango immobilizzandosi.
Sono fermi, non possono essere manovrati in alcun modo. Tra le file dei
guerrieri cananei scoppia il caos. In preda al panico, tutti cercano disperatamente
di scappare fuggendo a piedi. Ed è a quel punto che l'Esercito d'Israele
si getta inesorabilmente su di loro sterminandoli. Tutti muoiono, ad eccezione
del loro comandante - il generale Sisara - il solo che riesce ad allontanarsi
e a raggiungere, dopo aver percorso un buon tratto di strada, l'accampamento
di una tribù alleata, i Keniti. Lì, inspiegabilmente, viene
accolto, non dal sovrano - o da un alto dignitario - ma da una donna, Giaele,
moglie di Eber,re della tribù.
Sisara è duramente provato, sia psicologicamente per la disonorevolesconfitta,
sia fisicamente,per aver percorso parecchia strada annaspando nel pantano
della pianura di Esdrelontrasformatasiin palude.
Giaele, seppur sposata - seppur gli obblighi di una donna vietino in modo
assoluto d'ospitare nella propria tenda un uomo - accoglie Sisara, lo nasconde,
e gli offre addirittura del latte. Il generale è allo stremo - non
si fa domande - e accetta l'ospitalità della donna, anche se sa che
è pericolassimo perché, se il marito di lei fosse venuto a
saperlo, di certo gliene avrebbe chiesto conto uccidendolo con le sue stesse
mani. Era impossibile che un uomo entrasse nella tenda di una donna sposata,
per di più da sola. Ma Sisara è esausto, non si fa domande,
beve il latte offertogli da Giaele e subito s'addormenta.
Ma è a quel punto che(venendo meno a qualsiasi obbligo - convenzione,
dovere - d'ospitalità, ancor piùnei confronti un uomo di alto
rango di un popolo alleato) Giaele afferra uno dei solidi picchetti che
reggono la sua tenda, prende un martello e - sicura che l'uomo è
profondamente addormentato - appoggia la punta del paletto sulla tempia
del generale. Sferrando un colpo vigoroso gli trapassa le tempie impalandolo
nel suolo. Immaginate l'orrore della scena!
Perché lo ha fatto? Forse perché temeva che qualcuno avesse
visto quell'uomo entrare nella sua tenda e lo avrebbe riferito al marito?
Sì, ma allora, perché lo aveva fatto entrare lei stessa
e non aveva piuttosto chiamato aiuto?
L'interpretazione più accreditata, dai teologi e dai biblisti, è
che Giaele ha agito su ispirazione Dio, esattamente come era stato preannunciato
per mezzo di Deborah che aveva profetizzato che sarebbe stata una donna
e non Barakad uccidere il condottiero nemico.Inoltre, essendoGiaele una
donna, e per di più straniera, Dio dimostra che la sua potenza e
provvidenza agiscono anche attraverso persone che la Bibbia solitamente
reputa di scarsa rilevanza onemiche d'Israele.
Questo sicuramente è vero, tuttavia - storicamente, operlomenorazionalmente
- è più probabile che Giaele abbia teso un tranello al generale
Sisaraper paura, perché sapendo che a breve sarebbegiunto all'accampamento
l'Esercito Ebraico vincitore, di sicuro avrebbeinfierito su di lei e sul
suo popolo che - l'abbiamo detto - era alleato dei Cananei epertanto nemico
di Israele. Perciò, il suo tradire il dovere di ospitalità
nei confronti di un fuggiasco che aveva accolto, arrivando ad ucciderlo,
aveva lo scopo di dimostrare agli Ebrei di stare dalla loro parte - dalla
parte del vincitore - e perciò loro si sarebbero astenuti dal farle
del male.
Dio, non sempre fa dei "miracoli" e mai s'impone in modo obbligante
sul volere umano(nonannulla la Libertà d'agire dell'Uomo e della
Donna), anche se per scopi buoni, per scopi di salvezza. Nei fatti, conoscendo
a perfezione i meccanismi dell'animo umano,Dio ne prevede le libere scelte
coordinandole e contestualizzandole con i suoi interventi nella Storia.
Ma l'Uomo e la Donna sono liberi, perciò non si sa mai!
Finalmenteall'accampamento di Giaele arriva anche Deborah, accompagnata
dal Barak e dal suo esercito. Il generale nemico è morto, la vittoria
è completa, ma la gloriaappartiene solo a delle Donne
e a Dio.
Il cronista conclude la narrazione sottolineando che i Cananeifurono annientati
e ci fu pace per quarant'anni, ovvero il doppio dei vent'anni indicati all'inizio
del racconto, quando è detto che il Popolo Cananeo tormentava Israele
per vent'anni.
3. Un capolavoro dell'Antichità: il Cantico di Deborah
E veniamo al celebre Cantico di Deborah. Considerate che è uno
dei brani più antichi dell'intera Bibbia. In realtà, le Sacre
Scritture non sono state scritte tutte d'un colpo. Pressoché la totalità
dei Libri ha avuto una "gestazione" in forma di racconto tramandato
oralmente e solo successivamente fissato in forma scrittatalvolta attraverso
più redazioni (con varie tradizioni e stili differenti)prima d'assumere
una forma definitivache è quella che conosciamo oggi. Il Cantico
di Deborah, al contrario, proviene - pressoché intatto - dalla tradizione
orale, ed èconsiderato un capolavoro della Letteratura Ebraica.
È da notare che il poema differisce nei particolari - ma ovviamente
non nella sostanza - rispetto al racconto in prosa del capitolo che lo precede.
Identico è il messaggio che sottende. Così, a titolo d'esempio,
nel poema non viene detto che è Dio che parla attraverso Deborah
per spingere Barak alla battaglia contro l'esercito cananeo, mentre s'indugia
sull'andamento del combattimento e su come Dio, avvalendosi delle forze
naturali, ha sbaragliato il nemico d'Israele, circostanze che non sono puntualmente
anticipate dal racconto in prosa.
I temi principali del Canto di Deborah - così per semplificare -
sono la glorificazione di Dio vincitore sui nemici d'Israele, che sono anche
i suoi, e la circostanza determinante(ma è probabile che questa cosa
sfugga alla nostra attenzione, perché ormai da secoli in Occidente
non viene reso culto a divinità espressione della Forza della Natura)
che Dio - il Dio d'Israele - è creatore e padrone della Natura, la
controlla, e la può piegare al suo volere: il Cielo, le Stelle, la
Pioggia, il Torrente, si scagliano contro il generale cananeo Sisara e il
suo formidabile esercito. Il messaggio veicolato è l'assoluta negazione
delle divinità che personificano gli aspetti e le forze della Natura.
Proviamo a leggerlo, almeno nelle sue parti essenziali:
"In quel giorno Dèborah, con Barak, figlio di Abinoam, pronunciò
questo canto:
Ascoltate, re,porgete gli orecchi, o principi;
io voglio cantare al Signore,
voglio cantare inni al Signore, Dio
d'Israele!
Signore, quando uscivi dal Seir, quando avanzavi dalla steppa di Edom,
la terra tremò, i cieli si scossero,le nubi si sciolsero in acqua.
Si stemperarono i montidavanti al Signore, Signore del Sinai,
davanti al Signore, Dio d'Israele.
Era cessata ogni autorità di governo,era cessata in Israele,
fin quando sorsi io, Dèborah,fin quando sorsi come madre in Israele.
Si preferivano divinità stranieree allora la guerra fu alle porte,
ma scudo non si vedeva né lanciané quarantamila in Israele.
Il mio cuore si volge ai comandanti d'Israele,ai volontari tra il popolo;
benedite il Signore!
Voi, che cavalcate asine bianche,seduti su gualdrappe,voi che procedete
sulla via, raccontate;
unitevi al grido degli uominischierati fra gli abbeveratoi:
là essi proclamano le vittorie del Signore,
le vittorie del suo governo in Israele,quando scese alle porte il popolo
del Signore.
Dèstati, dèstati, o Dèborah,
dèstati, dèstati, intona un canto!
Sorgi, Barak, e cattura i tuoi prigionieri,o figlio di Abinoam!
Allora scesero i fuggiaschiper unirsi ai principi;
il popolo del Signorescese a sua difesa tra gli eroi.
Dal cielo le stelle diedero battaglia,dalle loro orbite combatterono
contro Sisara.
Il torrente Kison li travolse;torrente impetuoso fu il torrente Kison...
Anima mia, calpesta con forza!
Sia benedetta fra le donne Giaele,la moglie di Eber il Kenita,
benedetta fra le donne della tenda!
Una mano essa stese al picchettoe la destra a un martello da fabbri,
e colpì Sisara, lo percosse alla testa,ne fracassò, ne trapassò
la tempia.
Ai piedi di lei si contorse, ricadde, giacque;
ai piedi di lei si contorse, ricadde,dove si contorse, là ricadde
finito.
Così periscano tutti i tuoi nemici, Signore!
Ma coloro che ti amano siano come il sole,quando sorge con tutto lo splendore".
4. Una indicazione di senso
Una chiave interpretativa determinante per leggere e pensare la vicenda
di Deborah - così come moltissime altre Storie dell'Antico Testamento
-è quella di considerare che - seppur presentate come cronache, cioè
come racconti dettagliati di avvenimenti realmente accaduti - lo scopo delle
narrazioni bibliche non è quello di riportare come esattamente andarono
le cose -mantenendo uno stretto rigore storico e documentale -ma piuttosto
quello di tramandare - a partire da una vicenda realmente accaduta - una
interpretazione, una speciale chiave di lettura, per proclamare l'esistenza
di Dio, la sua Unicità e il suo Volere.
Così, gli accadimenti di inaudita violenza - come quelli che abbiamo
appreso leggendo la storia di Deborah - non sono fini a sé stessi,(e
diventati così incomprensibilmente violenti per noi), ma la rappresentazione
"dell'immagine di Dio" che avevano gli Uomini e le Donne di quei
tempi.
Dio, necessariamente - per farsi capire -per trasmette il suo messaggio
di "Presenza" e di "Alleanza Salvifica" - doveva parlare
e agire in modo comprensibile, adatto a quei tempi, con un linguaggio e
con azioni immediatamente riconoscibili da quegli Uomini e da quelle Donne.
E quegli Uomini e quelle Donne non erano animatida principi etico-morali
pressochésovrapponibili a quelli che comunemente abbiamo noi. Questo
deve essere tenuto presente, soprattutto prima di giudicare frettolosamente
come cattivo e violento il Dio dell'Antico Testamento - il Dio degli Ebrei
-sottolineando invece quanto sia buono e amorevole quello di noi Cristiani.
Vi ricordo che, in realtà, si tratta dello Stesso Unico Dio;
non esiste un Dio dei Cristiani separato da un Dio degli Ebrei e nemmeno
un Dio degli Ebrei separato da quello dei Cristiani. Casomai, è la
nostra comprensione di Dio e del suo agire che è mutata nel corso
dei secoli e segnata dalladiversità delle culture.
Al di là degli aspetti a volte truculenti e moralmente riprovevoli,
la vicenda di Deborah dimostra anchela solidità e la determinazione
del Popolo Ebraico chiamato a difendere la propria Terra, pur in presenza
di forze nemiche soverchianti. Ma non si tratta solo di determinazione,
di grande intelligenza creativa nell'affrontare le più difficili
situazioni. Sì, è indubbiamente anche questo, ma soprattutto
si tratta del fatto che Dio è con il Popolo Ebraico anche quando
apparentemente sembra essersene allontanato e averlo abbandonato.
5. Sia benedetta fra le donne Giaele
Concludiamo "alla grande" il discorso su Deborah con una chicca.
Nel poema, ad un certo punto, la profetessa esclama: "Sia benedetta
Giaele fra tutte le donne."
Non vi ricorda qualcosa?
Ma
certo! Le parole sono simili a quelle pronunciate da Elisabetta incontrando
Maria venutala a trovare dopo l'Annunciazione dell'Angelo a Nazareth: "Benedetta
fra le donne."
È una irrilevante coincidenza o c'è un collegamento, quantomeno
una similitudine?
Forse sì! Maria è colei che è "Benedetta fra le
donne" perchéè la Madre di chi salverà una volta
per sempre Israele e l'Umanità Intera distruggendo la Morte e riducendo
all'impotenza il Male.
Allo stesso modo, Giaele è proclamata"Benedetta" perché
ha ucciso Sisara.
Perché "Benedetta"? Per il semplice motivo che Sisara -
in quel preciso momento storico - impersona il Male che s'oppone al Dio
Unico e Vero degli Ebrei.
Certo, i tempi storici sono diversi, c'è una distanza temporale di
oltre mille anni, e diversa è la mentalità e l'etica. Quella
del Primo Testamento (quella antica), è focalizzata sulla necessità
di proclamare la realtà dell'esistenza di un Unico Dio - quello d'Israele
- vittorioso su una moltitudine di divinità inesistenti che sono
il fruttodell'immaginario umano, non della Rivelazione diretta da parte
di Dio.
Il Secondo Testamento, quello nuovo del Vangelo - rappresentato in questo
caso da Maria in visita alla cugina Elisabetta - è incentrato sulla
moralità evangelica che esalta la superiorità della Misericordia
sulla Giustizia, a tutto vantaggio dell'Amore
anche nei confronti dei
nemici.
E sul cosa intendere per "inviolabilità della vita umana"
e come intendere "la Fede",fra i due Mondic'è apparentemente
quasi un abisso. Tuttavia, il risultato - o, se preferite, l'esito e la
morale della storia - è lo stesso: l'Altissimo vince il Male, e lo
Stato di Pace (la Shalom) del Giardino dell'Eden sarà puntualmente
ripristinata nell'Era Messianica dove regneranno l'Amore e la Prosperità
e non ci saranno più né Morte né Peccato.
Infatti: nel caso di Giaele, per mezzo suo, togliendo la vita a Sisara,
Israele è salvato - anche se solo provvisoriamente - da coloro che
l'opprimono. Nel caso di Maria di Nazareth, è lei la donna che dà
alla luce Gesù, il Salvatore che sconfiggerà il Peccato e
la Morte
e, questa volta, per sempre e per tutti senza eccezioni.
...Per questo entrambe sono dette Benedette fra le donne, perché
si sono rese "strumento di Dio" in modo estremamente efficace.
1. Una Storia che è per sempre
Quello di Ester è uno di quei Libri che nella Bibbia (Antico e
Nuovo Testamento) sono di seconda fila, nel senso che non hanno il prestigio
e l'autorevolezza dei Vangeli o - per rimanere nell'alveo del Primo Testamento,
in cui si colloca il Libro di Ester - della Torah, i primi Cinque Libri,
più comunemente chiamati Pentateuco.
È un Libro che, pur avendo una collocazione pressoché marginale,ha
guadagnato un posto di primo piano nella liturgia sinagogale e nel consenso
popolare ebraico e non solo.
Ora vi annoio con qualche nozione per inquadrare il testo - per poi essere
liberi di dedicarci al racconto - cercando di puntualizzare alcuni aspetti
che ci aiuteranno a riflettere proponendo una chiave d'interpretazione dell'agire
discreto della Provvidenza Divina in vittoriosa opposizione al Male. Un
Male insidioso, violento, gratuito, sovente insensato, che colpisce con
periodicità ampi gruppi umani, per odio razziale,per contrapposizioni
politiche, per interessi economici o per fanatismo religioso.
Purtroppo di esempi ce ne sono tanti, a cominciare dalla Shoah che ha delle
sorprendenti analogie con il racconto di Ester.
Del Libro di Ester ne esistono varie versioni, delle quali due sono considerate
autentiche dalla Chiesa Cattolica. Nella Bibbia CEI del 2008, infatti, sono
riportati i testi: Masoretico, il più antico perché risale
al III Secolo a.C., scritto in Ebraico; e poi quello della Bibbia dei Settanta
- redatta ad Alessandria d'Egitto nel II secolo a.C. da 72 rabbini - che
avrebbe voluto e dovuto essere la traduzione in Greco dell'intera Bibbia
- parola per parola - dai testi originali in Ebraico e, in minima parte,
in Aramaico. Quest'ultima versione del Libro di Ester, comunemente detta
Greca,è più ampia e più recente della prima e si può
considerare edulcorata da chi guardava con sospetto la prima edizione non
ritenendola sufficientemente spirituale e religiosa.
Noi ci occuperemo principalmente della versione originale - la prima - quella
Masoretica,che consta di 10 capitoli.
Iniziamo con il tracciare i personaggi di questo libro, che è molto
bello e ricorda una Fiaba, o forse sarebbe più indicato dire una
Leggenda Epica. Si tratta di una di quelle Fiabe importantie a lieto fine
in cui i protagonisti si dividono in Buoni e Cattivissimi, in Furbi e coloro
che credono di esserlo ma non lo sono, fra Imbrogliati ed Imbroglioni, le
cui sorti vengono completamente ribaltate grazie a degli imprevisti e al
coraggio e all'abilità dei Buoni.
La vicenda è un progressivo dipanarsi di eventi beffardi e colpi
di scena talvolta grotteschi. Alla fine il Perseguitato trionfa e diventa
il Persecutore, mentre il Persecutore diventa il Perseguitato.
2. I Personaggi
Siamo a Susa, una delle capitali dell'immenso Impero Persiano del V Secolo
a.C..
L'Impero Babilonese di Nabucodonosor II, che nel 587 a.C. aveva distrutto
Gerusalemme e raso al suolo il Santo Tempio non c'è più perché
conquistato dai Persiani, e grazie al celebre editto di Ciro del 538 a.C.,
molti Ebrei - ma non tuti - deportati dai Babilonesi,erano rientrati nella
Terra d'Israele e di Giuda.
I Protagonisti Buoni della storia sono appunto due Ebrei: Ester - che dà
il nome al Libro - e suo cugino Mardocheo, un Ebreo appartenente alla Tribù
di Beniamino, la stessa di Re Saul. Questo fatto teniamolo a mente perché
il saperlo ci servirà fra breve.
Mardocheo, dopo che Ester aveva perso entrambi i genitori, l'aveva accolta
in casa prendendosene cura.
Il collocare la vicenda nell'ambiente della Diaspora, in una delle numerose
comunità ebraiche presenti fuori dalla Terra d'Israele, e che nonostante
la possibilità di ritornarvici rimangono all'estero, ha la sua importanza
perché la collega immediatamente alla situazione precaria e altalenante
- fra persecuzione e fortuna - degli Ebrei fuori dalla loro Patriae, per
estensione, di tutte le minoranze religiose ed etniche presenti nel Mondo.
Gli altri protagonisti della vicenda sono Assuero, il Re persiano che molti
identificano con il re storico Serse I il Grande (quello che combatté
contro Leonida alle Termopili nell'anno 480 a.C.). Un uomo, descritto nel
Libro di Ester come volubile, facilmente influenzabile, più incline
ai banchetti e a spassarsela che a governare il suo immenso impero che invece
preferiva immancabilmente delegare a qualcuno: prima al terribile Haman,
e poi a Mardocheo.
Haman è il Cattivo, e per gli Ebrei di tutti i tempi è la
personificazione della Malvagità Assoluta, gratuita e insensata.
Perché?! Beh, oltre alla vicenda raccontata dal Libro di Ester,
che fra poco conosceremo, dobbiamo tener presente che, come afferma espressamente
il testo, egli è un Amalecita, discendente di Agag, il Re sconfitto
in battaglia da Saul che però, nonostante il preciso ordine di Dio,
datogli per bocca del Profeta Samuele, non uccide tirandosi così
addosso l'ira del Signore, che da quel momento lo abbandonerà affidando
il Trono d'Israele e Giuda a Davide. E c'è di più, molto di
più, perché gli Amaleciti, guidati dal loro Re, il perfido
Amalek, furono il primo popolo che Mosè e gli Ebrei saranno costretti
ad affrontare in battaglia una volta usciti dall'Egitto e attraversato il
Mar Rosso.
Amalek poi, non era e tuttora non è per gli Ebrei un semplice nemico
- uno dei tanti - ma il nemico in assoluto perché, come narra la
Bibbia, dando battaglia agli Israeliti, aveva vigliaccamente assalito le
retroguardie della fiumana di gente già duramente provata dal lungo
cammino nel deserto, sterminando senza pietà donne, bambini, malati
e anziani, cioè la parte più indifesa, fin troppo facile da
annientare:
"Ricordati di ciò che ti ha fatto Amalek lungo il cammino quando uscivate dall'Egitto: come ti assalì lungo il cammino e aggredì nella tua carovana tutti i più deboli della retroguardia,mentre tu eri stanco e sfinito, e non ebbe alcun timor di Dio. Quando dunque il Signore tuo Dio ti avrà assicurato tranquillità, liberandoti da tutti i tuoi nemici all'intorno nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti in eredità,cancellerai la memoria di Amalek sotto al cielo: non dimenticare!"(Deuteronomio, Cap. 25, 17-19)
Questa realtà - ciò che rappresenta Haman - è un'altra
delle cose fondamentali da considerareper una corretta lettura del Libro
di Ester.
Infine, veniamo alla Regina Vashti, legittima consorte del Re di Persia,
Assuero. È in scena solo all'inizio per introdurre le vicende e dare
un senso verosimile al perché Ester, da semplice Ragazza Ebrea, diventa
nientemeno che la Regina Consorte di colui che - almeno sulla carta - è
l'uomo più potente al Mondo.
Un'ultima avvertenza: le vicende narrate nel Libro di Ester hanno sì
un'ambientazione che vorrebbe essere reale, tuttavia il periodo storico
che sottendono è solo uno sfondo, un palcoscenico, un grande fondale
di teatro in cui si muovono i personaggi della narrazione. Il racconto perciò
non ha la pretesa di essere una ricostruzione storica più o meno
precisa.
E Dio?
Nel Libro di Ester, Dio c'è e non c'è. Sicuramente
non è nominato con il suo Nome Proprio, quello del Tetragramma rivelato
a Mosè al tempo del Roveto Ardente.
Come dicevamo all'inizio, fra le tante ragioni, anche per questo il Libro
di Ester fu considerato con sospetto dai Rabbini più religiosi che
pensarono di fare delle aggiunte con lunghe preghiere rivolte a Dio, sia
da Ester sia da Mardocheo, rendendo il contenuto molto più pio e
legato alla Provvidenza Divina in modo manifesto.
Nel Libro di Ester, la presenza-assenza di Dio c'è; tuttavial'Altissimo
non pare agire allo scoperto -esplicitamente - ma piuttosto facendo incastrare
l'uno con l'altro gli avvenimenti, le decisioni, gli atti e i sentimenti
umani che porteranno a ribaltare le sorti, capovogendole in modo totale.
3. Il Racconto
Nella versione Masoretica - quella Ebraica - il Libro di Ester inizia
con il racconto dei grandiosi banchetti che il Re Assuero offre ai dignitari
e ai rappresentanti dei popoli del suo sconfinato impero. Al culmine delle
celebrazioni, quando tutti sono alquanto ubriachi, il Re Assuero decide
di convocare la Regina, Vashti - non presente ai bagordi degli uomini -
per mostrare a tutti gli invitati la sua bellezza, segno eloquente della
magnificenza, del potere e della immensa ricchezza del Re. La Regina, però,
rifiuta di essere esibita come un cavallo a una platea che, a causa degli
effetti dell'alcool, è sicuramente volgare ed irrispettosa del suo
status di Regina e della sua dignità di donna. Vashtidisobbedisce
all'ordine del Re, che tra l'altro è suo marito. Assuero è
furente e ripudia la Regina bandendola per sempre dalla sua presenza. Su
consiglio dei suoi più alti dignitari, decide di rimpiazzare la consorte
deposta "bandendo un concorso" fra tutte le giovani del Regno.
Inaspettatamente, perché il fatto è di per sé moralmente
riprovevole per un'eroina biblica, anche Ester - la bellissima giovane Ebrea,
cugina di Mardocheo, dignitario di corte, che come abbiamo detto è
stata da lui adottata dopo la morte dei genitori - è condotta al
palazzo de Re. Grazie alla sua docilità e semplicità, è
fin da subito benvoluta da tutti i servitori della corte. Ammaliato dalla
sua straordinaria bellezza e dai tratti eleganti, il Re di Persia la sceglie
come sua legittima sposa e Regina dell'Impero.
Tutto sembra andare benissimo, in modo assolutamente meraviglioso. Addirittura,
Mardocheo sventa una congiura di palazzo che voleva assassinare il Re e
ne denuncia i colpevoli che saranno giustiziati. Nonostante questa prova
di lampante fedeltà di Mardocheo - che tra l'altro aveva ingiunto
alla cugina Ester di non rivelare a nessuno il suo essere Ebrea e la sua
parentela con lui - il Re Assuero eleva alla più alta dignità
dell'Impero, secondo solo a lui, un tale di nome Haman che, lo abbiamo già
detto, è un discendente di Agag - il re Amalecita risparmiato da
Saul -e di Amalek che aveva assalito la colonna del Popolo d'Israele nel
deserto, sterminando i più deboli, i bambini, gli anziani e i malati.
Lo ripeto: Amalek, e perciò anche Haman, che ne è un discendente,
è nell'immaginario ebraico l'Assoluto del Male, crudele e senza senso.
Per fare un paragone moderno,Hitler - responsabile della Shoah - è
Amalek ed è Haman.
All'inizio, Haman sembra disinteressarsi di Mardocheo, un dignitario di
grado di gran lunga inferiore al suo, ed è anche estremamente rispettoso
verso la Regina Ester, moglie del suo Padrone, della quale non conosce la
parentela con Mardocheo e il fatto che pure lei è Ebrea.
Poi, però, alcuni consiglieri e ministri del Re gli fanno notare
- con la meschinità propria dei pettegoli e dei ruffiani - che l'Ebreo
Mardocheo non s'inginocchia e nemmeno s'inchina al suo passaggio, eludendo
di tributargli l'onore che gli spetta. Essendo lui la persona più
importante dell'Impero Persiano - secondo solo al Re - la cosa lo fa incattivire
oltre ogni misura, soprattutto perché - avendola notata gli altri
- è per lui imbarazzante e gravemente lesiva del suo onore e della
sua autorevolezza. Tuttavia, solo quando viene a sapere che Mardocheo è
Ebreo, decide di vendicarsi nel più terribile dei modi.
"Haman vide che Mardocheo non s'inchinava né si prostrava davanti a lui, e ne fu ripieno d'ira; ma sdegnò di mettere le mani addossosoltanto a Mardocheo, giacché gli avevan detto a qual popolo apparteneva; e cercò di distruggere il popolo di Mardocheo, tutti i Giudei che si trovavano in tutto il regno di Assuero."(Cap. 3, 5-6)
Ricordiamoci sempre che lui è Amalek, l'Assoluto del Male, il
nemico giurato d'Israele. Dal canto suo, Haman che di certo è immerso
nel livore della totale inimicizia fra il suo popolo - gli Amaleciti - e
Israele, sa che la mancanza di sottomissione di Mardocheo ha una chiara
motivazione nell'impossibilità da parte degli Ebrei di piegarsi al
Male di cui lui, in quel momento, ne è l'incarnazione.
Perciò decide, non solo di chiedere al Re Assuero di far giustiziare
Mardocheo, ma di far sì che l'intero Popolo Ebraico fosse sterminato
in tutto l'impero per mano dei suoi nemici. A questo punto dobbiamo rammentare
una cosa importante, anzi fondamentale, e cioè che il terribile Haman
non sa che Ester è Ebrea; non lo sospetta nemmeno, e neppure sa che
la sua Regina è imparentata con Mardocheo.
Ora, per stabilire la data più propizia per scatenare l'eccidio -
magari nella convinzione che gli dei o l'occulto gliela indichino - Haman
"getta le sorti", un'arte divinatoria assimilabile al lancio dei
dadi.
Re Assuero, anche a motivo di un'enorme elargizione di denaro nelle casse
realida parte di Haman, gli concede - donandogli simbolicamente il proprio
anello regale - il potere assoluto di disporre quanto necessario e di portare
a termine lo sterminio degli Ebrei. Anche il Re, lo ricordiamo, non sa che
l'amatissima Ester è Ebrea come lo è Mardocheo e, se l'avesse
saputo, forse si sarebbe comportato in modo diverso.
Haman redige il proclama di distruzione degli Ebrei e lo sigilla con l'anello
regale rendendolo irrevocabile. L'editto viene promulgato e reso pubblico
con largo anticipo sulla data fissata per il tragico evento così
che possa essere distribuito per tempo a tutte le province del vastissimo
Impero Persiano.
Cosa molto importante da sapere è che "le sorti" in lingua
persiana si dicono "purim". Un nome che, proprio peril ribaltamento
delle sorti che finiranno per favorire il Popolo Ebraico, danno il nome
alla festa ebraica detta appunto "Purim" che, dallo scampato pericolo
di annientamento, sarà celebrata ogni anno da tutti gli Ebrei, ovunque
si trovino, fino ai giorni nostri. Altra cosa interessante è che
questa festa cade il 14 e i 15 del mese di Adar, l'ultimo del calendario
lunare ebraico, esattamente un mese prima del 14 di Nisan in cui ha inizio
la Pasqua Ebraica.
Una vota che l'editto di distruzione è pubblicato, Mardocheo lo viene
a sapere e si dispera, non tanto per lui, ma soprattutto per il suo Popolo.
Si veste di sacco e, come il suo solito, si pone davanti alla soglia del
Palazzo del Sovrano. Ester viene a conoscenza di questo suo strano comportamento
e manda un servo a portargli dei vestiti e a chiedergli cosa stesse accadendo.
In realtà, Ester non sapeva delle intenzioni del terribile Haman.
Mardocheo le fa arrivare il messaggio spiegandole cosa succederà
al Popolo Ebraico ingiungendole di supplicare la misericordia di suo marito,
il Re Assuero, affinché revochi il decreto scongiurando il pericolo
dell'annientamento.
Ester, disperata, replica che, anche se lei è la Regina, non può
d'iniziativa entrare al cospetto del Re, perché se lo facesse verrebbe
senz'altro condannata a morte; era quello il protocollo che vigeva alla
corte persiana. Mardocheo insiste perché è un caso disperato,
soggiungendo che anche Ester, pur essendo la moglie del Re, non sarebbe
potuta scampare al massacro, ipotizzando che forse era proprio per questo
- per salvare il suo Popolo - che lei era diventata Regina di Persia. Poi
conclude affermando che, di certo gli Ebrei in qualche modo si sarebbero
salvati (non viene nominato né l'intervento di Dio né quello
della Provvidenza), ma lei - Ester - sarebbe perita e maledetta con l'estinzione
della sua stirpe.
Finalmente, consapevole dell'alto compito che il Destino o Dio le hanno
assegnato, Ester accetta con la sola condizione che, prima di recarsi dal
Re - in un pericolosissimo azzardo che quasi per certo le costerà
la vita - tutti gli Ebrei della città di Susa osservino tre giorni
e tre notti di assoluto digiuno. Lei avrebbe fatto lo stesso con tutte le
sue ancelle.
Terminati i tre giorni di digiuno, Ester - armata di tutto il suo coraggio
- oltrepassa la soglia inviolabile e compare al cospetto di Assuero. Teme
per la sua sorte, ma il desiderio di salvare il suo Popolo è una
forza più grande.
Il Re, assiso sul trono, la vede e porge verso di lei lo scettro. È
questo il segno che il sovrano, nonostante il divieto di comparirgli innanzi
senza essere stati convocati, le fa grazia della vita.
La Regina, in segno di sottomissione, tocca la punta dello scettro. Ester
è salva!
Sa di esserlo e, forse, con lei tutto il Popolo Ebraico.
Il Re è incuriosito e vuole sapere dalla moglie cosa desidera, cosa
l'ha spinta ad un gesto che le sarebbe potuto costare la vita. Ma Ester
ha già pensato a cosa rispondere, ha un piano preciso. Domanda ad
Assuero di farle la grazia di presenziare ad un banchetto che ha preparato
in suo onore. E, oltre a lui, vorrebbe che ci fosse anche il più
alto dignitario di corte: Haman. Ester sta tessendo la tela che ribalterà
completamente le sorti della vicenda.
Assuero accetta e fa convocare Haman che parteciperà sentendosi molto
onorato e considerato a corte. Tuttavia, la notte dopo il banchetto, il
Re Assuero non riesce a prendere sonno e perciò si fa leggere dai
servi il libro delle Cronache del Regno, che è il racconto degli
avvenimenti dell'ultimo periodo. Per fatalità o per intervento dell'Altissimo
- non viene precisato e perciò ciascuno può trarre le conseguenze
che vuole - ad Assuero viene letto il brano che ricorda il decisivo intervento
di Mardocheo grazie al quale fu scoperto un complotto di palazzo per uccidere
il Re. Allora, Assuero, non rammentandolo, oppure perché non era
stato annotato nelle Cronache Reali, chiede quale sia stato il compenso
attribuito a Mardocheo in segno di gratitudine per la sua lealtà.
Gli viene risposto che nulla gli è stato dato. Prontamente, il Re
domanda - era ormai già mattina - chi in quel momento si trovasse
a palazzo con il grado più alto, e gli viene detto - altra inaspettata
casualità - che c'è Haman in persona; il quale, il giorno
precedente, di ritorno dal banchetto ha notato Mardocheo che come al solito
neppure ha fatto cenno di alzarsi al suo passaggio. Non gli aveva detto
niente, ma furente si era sfogato con i famigliari. Questi gli avevano suggerito
di ricorrere al Re, di raccontargli tutto, e di chiedere l'impiccagione
di Mardocheo ad un'altissima forca che lui stesso - Haman - doveva subito
innalzare nel cortile della sua abitazione.
Per l'appunto, quel mattino si trova a corte per perorare la sua terribile
richiesta. Ma il destino nel Libro di Ester è beffardo e, una volta
che è al suo cospetto, Assuero gli chiede - in modo ammiccante -
cosa si dovrebbe fare ad un uomo che il Re voglia onorare
senza ovviamente
precisare chi è la persona e il perché. Haman gongola. Sa
di essere molto caro al Re, e anche alla Regina, che per ben due giorni
consecutivi ha scelto come unico invitato alla sua tavola in compagnia de
Re Assuero. È di certo lui la persona che il suo Padrone intende
onorare! Perciò Haman si spertica nei suoi desideri:
"Per l'uomo che il re vuole onorare, si prenda la veste regale che suole indossare il re e il cavallo che suole cavalcare il re e sulla sua testa sia posta una corona regale; si consegnino la veste e il cavallo a uno dei più nobili prìncipi del re, si rivesta di quella veste l'uomo che il re vuole onorare, gli si faccia percorrere a cavallo le vie della città e si gridi davanti a lui: "Così si fa all'uomo che il re vuole onorare" (Cap. 6, 7-9)
Figuratevi la faccia di Haman quando Assuero gli dice che quell'uomo
che vuole onorare è Mardocheo, la persona che più odia al
Mondo, e che è venuto apposta dal Re per chiederne l'impiccagione.
Ci resta così male dal non proferire nemmeno mezza parola e, nonostante
l'odio ancora più forte che prova verso Mardocheo, non può
certo contrariare il suo Padrone, perciò fa esattamente ciò
che gli è stato ordinato.
Poi torna a casa scombussolato raccontando tutto ai familiari. Ora c'è
una frase - pronunciata dalla moglie - che per gli Ebrei è un vaticinio
e una speranza che è una certezza nei momenti più tremendi
della loro Storia. La frase è questa:
"Se Mardocheo, di fronte al quale tu hai cominciato a decadere, è della stirpe dei Giudei, tu non potrai nulla contro di lui, anzi soccomberai del tutto davanti a lui." (Cap. 6,13)
Deluso e scoraggiato,Haman si reca al secondo banchetto della Regina
Ester cui partecipa anche il Re. Anche questa volta, Assuero chiede alla
moglie che cosa desidera e che è disposto a concederle qualsiasi
cosa. Ester si fa forza e chiede di avere salva la vita insieme a tutto
il suo Popolo perché c'è chi ha determinato di sterminare
tutti gli Ebrei presenti nell'immenso Impero Persiano, rivelandoglicosì
che anche lei, Ester, è Ebrea.
Il Re s'infuria. Sembra non ricordare che lui stesso, non molto tempo prima,
ha concesso ad Haman d'annientare ogni singolo Ebreo: donne, uomini, giovani,
vecchi o bambini che fossero. Anche questa mancanza di memoria del Re fa
parte della trama grottesca del Libro di Ester.
La Regina indica senza indugio che l'artefice dell'annunciato sterminio
degli Ebrei non è altro che il perfido Haman che gli sta di fronte.
In preda all'ira, il Re Assuero ordina che Haman sia immediatamente giustiziato.
Il solito dignitario ruffiano informa il Re che c'è già un'altissima
forca che Haman ha fatto innalzare nel cortile della sua casa con l'intenzione
di appenderci niente poco di meno che Mardocheo, l'uomo che ha salvato la
vita del Re e che lui ha sommamente magnificato.
Le "sorti-purim" si ribaltano, e al palo a cui Haman voleva impiccare
Mardocheo, è lui che viene appeso. Tuttavia, anche se molto dispiaciuto,
Assuero informa Ester di non poter far nulla per annullare l'ordine di distruzione
del Popolo Ebraico perché, essendo stato sigillato con l'anello imperiale,
è del tutto irrevocabile. Però concede ogni potere ad Ester
e a suo cugino Mardocheo di fare tutto ciò che ritengono necessario
per opporvisi. L'anello con il Sigillo Reale, tolto ad Haman, viene consegnato
dal Re a Mardocheo conferendogli così ogni potere, gli stessi di
cui aveva goduto Haman. Ciò che era di Haman, ora è di Ester
e di Mardocheo
Ma che fare ora per impedire lo sterminio?Se il decreto
era irrevocabile, occorreva redigerne uno nuovo che neutralizzasse il primo
affinché in qualsiasi luogo dell'Impero Persiano, ovunque si trovassero,
gli Ebrei avessero la possibilità di organizzarsi e di difendersi
dai loro aggressori impugnando le armi.
Il decreto con la massima urgenza fu diffuso in tutte le province con l'ausilio
di velocissimi cavalieri. Arrivato il giorno fatidico, il 13 del mese di
Adar, fissato dal precedente decreto in cui si sarebbe dato il via allo
sterminio degli Ebrei in tutto l'Impero Persiano, le sorti erano ormai completamente
ribaltate. Gli Ebrei, difendendosi dai loro nemici ebbero la meglio e trionfarono
sul Male. Nella sola città di Susa, gli Ebrei ebbero la possibilità
di far giustizia dei loro nemici anche il giorno successivo. Il giorno seguente
i combattimenti: il 14, per gli Ebrei fuori dalla città di Susa,
e il 15 per quelli della capitale dell'Impero Persiano, si festeggiò
per lo scampato pericolo con esultanza e con grandiosi banchetti. Era un
giorno particolarmente felice, e per decreto di Ester e di Mardocheo fu
prescritto che i giorni 14 e 15 del mese di Adar fossero per sempre celebrati
dal Popolo Ebraico nelle Terre della Diaspora e anche in Israele. Così
avviene fino ai nostri giorni. È questa, come abbiamo più
volte ricordato, la Festa di Purim (Festa delle Sorti).
4. La Festa di Purim
La "Festa delle Sorti" rovesciate ha, attraversando i secoli,
assunto degli aspetti carnevaleschi, nel senso che è usanza, specie
per i bambini e le bambine, di mascherarsi come avviene nel nostro carnevale.
Le celebrazioni, che durano due giorni: il 14 e il 15 del mese di Adar,
esattamente un mese prima della Pasqua Ebraica, sono precedute da un giorno
di digiuno - chiamato Digiuno di Ester - in ricordo dei tre giorni e delle
tre notti di astinenza dal cibo e dalle bevande osservato da Ester, dalle
sue ancelle, e da tutti gli Ebrei di Susa, prima che la Regina osasse comparire
davanti al Re.
Il Libro di Ester (con maggior precisione lo si dovrebbe chiamare Rotolo
di Ester, Meghillat Ester in Ebraico) viene letto pubblicamente in Sinagoga,
sia la sera che precede il primo giorno di festa, sia la mattina del giorno
dopo. Una particolarità è che, durante la lettura, allorché
si pronuncia il nome del perfido Haman, tutti fanno chiassopercuotendo degli
oggetti o borbottando infastiditi, per coprirlo e prendersi gioco di colui
che simbolicamente rappresenta tutta la Malvagità.
Seguono banchetti particolarmente abbondanti e gustosi in cui è permesso
- unica eccezione nelle Feste Ebraiche - eccedere nel bere il vino. Altri
precetti da adempiere sono quelli di scambiarsi dei doni, soprattutto alimentari,
e di provvedere concretamente ai poveri con significative elargizioni di
denaro o di cibo.
5. Concludendo
Il Primo Testamento, noi Cristiani lo consideriamo una preparazione,
una lenta progressione verso la totale Rivelazione portata a compimento
da Gesù, il Figlio di Dio, contenuta nei Vangeli.
In realtà, a meno che non si voglia interpretarla "tirandola
un po' toppo per la giacchetta", la storia di Ester apparentemente
non ha immediati riferimenti alla venuta di Cristo, se non a quell'incessante
guerra fra il Bene e il Male che immancabilmente si conclude con la vittoria
del primo. Almeno nella versione Masoretica, il Nome di Dio non compare
e nemmeno è palese il suo intervento provvidenziale. Tuttavia, l'Uomo
e la Donna di Fede che leggono il Libro di Ester percepiscono Dio e la sua
Provvidenza nello scandire degli avvenimenti che progressivamente, da una
situazione di estremo pericolo di annientamento, si capovolgono a tutto
vantaggio dei perseguitati che trionfano completamente sui loro nemici:
il Male. Questo è un esplicito riferimento all'Era Messianica in
cui ogni Giustizia sarà compiuta e scoppierà la Pace portando
la Felicità.
Il Libro di Ester è molto bello e racconta assai di più di
quello che c'è scritto. Leggerlo, oltre ad essere particolarmente
piacevole, è una palestra in cui ci si può agevolmente allenare
per comprendere altri testi delle Sacre Scritture nella loro profondità.
Perciò: buona lettura!