Visita Pastorale 2015 - 2017

al Decanato di LUINO
dell'Arcivescovo Angelo Scola


Il Decreto di indizione


La lettera dei Vicario Generale mons. Delpini (ora Arcivescovo di Milano)

ai fedeli delle parrocchie di Porto e di Domo


Scola a Luino: «Contribuite al dialogo esistenziale che è camminare insieme e rispondere ai bisogni»


Il cardinale Scola ha raggiunto il Decanato Luino il 14 ottobre 2016, proseguendo nella sua Visita pastorale feriale. In questo estremo lembo della Diocesi, l’Arcivescovo ha raccomandato di saper leggere i segni dei tempi nella fedeltà alla radice dell’incontro con Cristo

L’inizio con il segno di Croce, lo scambio della pace, la lettura degli Atti degli Apostoli 2, 42-48, che descrive i 4 pilastri della fede, guida, ancora oggi, del cammino della Chiesa del Terzo millennio, e un breve brano tratto dall’Omelia del cardinale Scola per l’inizio dell’Anno pastorale, danno avvio alla Visita pastorale feriale dell’Arcivescovo stesso al Decanato Luino. La prepositurale dei Santi Pietro e Paolo, in un sera scura di pioggia ormai quasi invernale, è, invece, inondata di luce. L’evento è stato preparato ed è atteso, come si intuisce bene guardando i tanti ragazzi scouts, i sacerdoti giunti anche da luoghi lontani di questo esteso Decanato all’estremo nord della Diocesi, in Zona pastorale II-Varese.
Il Decano, don Sergio Zambenetti, cui è accanto il Vicario di Zona, monsignor Franco Agnesi, introducendo, dice: «La ringraziamo per essere venuto in mezzo a noi che siamo alla periferia della nostra grande Diocesi. La sua presenza ci fa sentire parte della Chiesa. La secolarizzazione da cui non è rimasto immune nemmeno il nostro territorio che sembra fuori dal mondo, chiede di educarsi al pensiero di Cristo come cifra del nostro agire dentro la storia. Abbiamo bisogno di lei per superare pigrizia e luoghi comuni, nella quotidianità, quando talvolta pare prevalere la stanchezza della testimonianza».
«Dico sempre che quando i cristiani si incontrano non fanno una riunione ma prolungano l’assemblea eucaristica, in una di dialogo, come stiamo facendo qui stasera. Questo determina un modo di ascolto che feconda e che nasce da un atteggiamento di confessione. Per questo vogliamo stare davanti a Dio come siamo, nudi nel nostro cuore. La Visita pastorale, il “faccia a faccia” è insuperabile ed è espressione privilegiata dell’Arcivescovo che si rende presente convocando il popolo santo di Dio che gli è stato affidato», spiega subito il Cardinale che definisce anche gli steps della Visita», che prosegue con l’impegno dei fedeli, dei parroci, Decani, Vicari di Zona, sul territorio fino a individuare – sotto la guida del Vicario generale – un gesto concreto da attuare dalla e per la Comunità. Chiaro anche l’obiettivo che ci si prefigge: «Al di là del rapporto che si gioca sulla parentela dilatata da Cristo della fraternità che noi siamo, lo scopo è quello di superare il fossato tra fede e vita che si è creato con la secolarizzazione che è anche, in parte, scristianizzazzione».
Da qui la prima chiara indicazione: «Portare in ogni ambiente, nel quotidiano, il pensiero di Cristo, per non essere schiavi, una volta usciti di chiesa, del pensiero dominante».
Si avviano, così le domande: Vanna parla del timore «di perdere la propria identità», Monica si interroga su «come rigenerare l’entusiasmo di essere in Dio, superando la stanchezza».
«Non ci sono ricette o istruzioni per l’uso», sottolinea Scola, che cita una bella espressione del Vaticano II per cui “l’uomo è uno di anima e di corpo”. «Questa è l’identità che, quindi, è dinamica, perché noi mutiamo. Ciò vale per il soggetto e per la comunità, perché quest’ultima è un “noi”, in quanto l’“io” – un punto critico della fatica contemporanea –, è e si deve percepire sempre in relazione».
La questione è semmai, aggiunge l’Arcivescovo, «distinguere bene ciò che è sostanziale da ciò che è legato ai tempi. La Chiesa chiama ciò che è sostanziale tradizione che significa che l’identità cristiana non può prescindere dal rapporto con Cristo, roccia immutabile». Sono le forme della pratica della fede, della religione che, provocati dalla realtà e dalle circostanze, possono cambiare, «ma ciò non viene fatto a tavolino».
Il tema della Chiesa di pietre vive, tanto caro al dibattito odierno, significa appunto questo: «Occorre, con garbo e pazienza, piantare, sulla sostanza dell’identità, un confronto continuo con la modernità accettando il nuovo che viene a noi attraverso le circostanze offerte dalla Provvidenza. Bisogna assecondare criticamente la realtà, perché la realtà è Dio stesso che ti interroga».
L’esempio, per entrare nella problema dell’entusiasmo o stanchezza, non ha bisogno di molte spiegazioni. «Accade come nell’innamoramento che genera un entusiasmo per cui tutto è diverso. Così per i cristiani: che cosa scatena un desiderio vitale e potente che va oltre la cultura della morte? È Gesù. Per questo è necessario l’incontro con Cristo ed essere consapevoli del momento in cui si realizza nella vita, quando il battesimo si è attualizzato e personalizzato e abbiamo iniziato a dare “del tu” a Gesù».
Insomma, «la fede convinta per uscire dalla convenzione» si gioca qui: la radice, il dono della fede, datoci nell’incontro con il Signore resta intatto, ma occorre declinarlo nella vita, perseverando sempre e chiedendo al Signore che tale incontro si ravvivi». Magari con quella “ginnastica del desiderio” definita così da Agostino.
Ancora domande: Nadia riflette, «nonostante le difficoltà presenti, siamo invitati a essere promotori di dialogo, ma quale la sua natura perché non sia un monologo?»; Sara osserva: «C’è una grande attesa soprattutto verso i più giovani e coloro che siamo chiamati ad accogliere, quale la natura della nostra testimonianza?».
«Il dialogo non può essere un modo per mascherare un monologo o una modalità leziosa che non va a fondo. Il dialogo è il camminare insieme, scambiandosi esperienze verso la comprensione di tutta la realtà che ha al suo interno aspetti che ci sfuggono, per cui siamo sempre tentati di limitarla. Un dialogo esistenziale, perché parte dall’esperienza, dalla vita in atto, e fa leva sulla testimonianza, cioè sulla modalità di comunicare all’altro la condivisione dei problemi e dei bisogni. Lo scopo è quello di renderci uomini più maturi secondo verità, bontà e bellezza. Anche la preghiera è questo dialogo perché il Signore si è chinato su di noi e dialoga con ciascuno».
Il pensiero non può che andare ai “Dialoghi di Vita Buona” che, con il II Ciclo dedicato a “Naturale e Artificiale nell’esperienza umana”, rincominceranno il 24 ottobre a Milano. «Il travaglio della nostra Europa è certamente legato alla crisi profonda educativa che stiamo attraversando. Non a caso, nel decennio dedicato ala l’educazione, noi Vescovi italiani abbiamo parlato di “emergenza educativa”. È la questione 1 e non si può confondere l’educazione con la professionalizzazione, pur necessaria, nelle scuole. La parola giusta, anche in questo contesto, è testimonianza. L’educazione è ricomprendere il senso della vita come significato e direzione::per noi cristiani è Gesù. Dobbiamo aiutare i giovani mantenendo aperte le nostre scuole e i luoghi educativi, senza nulla togliere alla scuola di Stato. È meglio andare con i pantaloni rattoppati, ma dare ai giovani la possibilità di imparare tale senso».
Se il “nodo” rimane quello «di proporre Cristo come ipotesi esistenziale di vita e criterio per valutare tutto», l’educatore deve essere testimone, perché «ci vuole un principio unificante, non come teoria, ma come stile di vita».
Infine, Giancarlo parla del lavoro, che a Luino vede molti frontalieri e delle preoccupazioni alimentare dal recente Referendum in Svizzera sulla limitazione della mano d’opera straniera.
«Bisogna vivere bene una comunità in uscita, spalancata a 360°, facendo passare nel quotidiano ciò che propone ogni domenica la nostra Chiesa, e alimentare amicizia civica, la “filìa” di Aristotele. Trasferire, nel rispetto di tutti e con le debite distinzioni tra comunità cristiana e civile, l’esperienza che ciascuno fa della vita».
«È come per la Trinità, che può educarci a pensare la differenza perché in Lei c’è la massima comunione nella massima divisione», conclude il Cardinale. «Una società civile deve tendere il più possibile alla comunione dei cittadini, nel rispetto della sacralità del singolo. Ecco come in cristiano può contribuire alla crescita della società».

 


Spunti di riflessione del vescovo mons. Franco Agnesi

Come preparare la visita pastorale

1. Ispirazione paolina … (riferimento biblico)

"Per questo vi ho mandato Timoteo, che è mio figlio, carissimo e fedele nel Signore: egli vi richiamerà alla memoria il mio modo di vivere in Cristo, come insegno dappertutto in ogni Chiesa" (1 Cor 4,17).
"Vogliamo rendervi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia ... cosicché abbiamo pregato Tito che, come l 'aveva cominciata, così portasse a compimento fra voi quest'opera generosa ~' (2Cor 8,1.6) "Ho vivamente pregato Tito di venire da voi e insieme a lui ho mandato quell 'altro fratello. Tito vi ha forse sfruttati in qualche cosa? "(2Cor 12 ,18) "per questo ti ho lasciato a Creta: perché tu metta ordine in quello che rimane da fare e stabilisca alcuni presbiteri in ogni città, secondo le istruzioni che ti ho dato "(Tt 1 ,5).
Si intravede una organizzazione delle comunità paoline in cui il riferimento all'apostolo si realizza attraverso visite di Paolo, verifiche e adempimenti affidati ai suoi collaboratori, tentativi di essere presente senza pesare sulla comunità, attenzione a tenere in evidenza alcune priorità.

2. Un'espressione privilegiata della cura dell' Arcivescovo ...
"Ho deciso, per i prossimi anni del mio ministero episcopale di impegnarmi nella Visita pastorale, ... proponendomi di viverla come 'un 'espressione privilegiata della cura del! 'Arcivescovo che si rende presente per esercitare insieme ai suoi collaboratori, la propria responsabilità per convocare, guidare, incoraggiare e consolare il popolo santo di Dio che gli è stato affidato" (Decreto di indizione, dove si cita Educarsi al pensiero di Cristo, p. 12).

3. La grazia della "visita".
La visita dell'Arcivescovo è una "grazia", cioè un dono che esprime una sollecitudine per la gente e che può quindi essere accolta come un aiuto a vivere la fede e la sua gioia, a vivere come comunità e ad approfondire il "senso di appartenenza" come un sollievo e un sostegno, ad accogliere lo stimolo a camminare incontro al Signore e al suo Regno che viene con più evidente letizia e senso di responsabilità.
È bene esplicitare alcune condizioni perché sia avvertita come una grazia, e non, come può rischiare di essere, un peso in più, un adempimento che complica il calendario parrocchiale, una invadenza che disturba.
La prima condizione è che sia "feriale", entri quindi nel vissuto ordinario: il Vescovo è presenza familiare nella comunità. Il suo modo di essere presente è la cura che invia i presbiteri, suoi collaboratori per il servizio della comunità, è l'indicazione di alcune priorità nella vita della comunità, è la sua presenza fisica e la presenza dei suoi vicari per condividere la preghiera, per incoraggiare, consolare, correggere, benedire. Questo libera dalla preoccupazione di vestire la comunità dell' abito della festa.
La seconda condizione è che ci sia tempo per "conversare": la possibilità di fare insieme il punto della situazione, più per condividere un clima ("come stai?"), che per una verifica analitica (hai fatto questo? hai fatto quello?).
La terza condizione è che "chi viene nel nome del Signore" sia accolto "nel nome del Signore". È quindi importante che sia una esperienza di fede e che aiuti a far crescere la fede, riconoscendo che è il Signore che guida il suo popolo, lo salva, lo consola, lo chiama a conversione.

4. Finalità e modalità.
Anche una visita "feriale" può avere una sua efficacia se si tiene in evidenza l'intenzione precisa che l'Arcivescovo indica: "compiere una seria e fruttuosa verifica di come la comunità diocesana ha accolto quello che è stato proposto dal magistero del vescovo (e che riassumo attorno ai principali pilastri della vita cristiana di Atti 2,42-47, cf Lettera pastorale Educarsi al Pensiero di Cristo, IV, lettera C)".

Quanto alle modalità è stato chiesto ai Vicari Episcopali di Zona di elaborare, in collaborazione con i Decani, una procedura che sia la più adatta per la specificità della Zona.
Alcune costanti per tutte le Zone sono
l'Arcivescovo è presente in un giorno feriale per una assemblea con tutti i fedeli (laici, consacrati, clero), secondo una procedura che è stata già sperimentata, ma che deve essere integrata da un intervento del Decano che indica sinteticamente "come le comunità del decanato si sono rapportate alle indicazioni dell'Arcivescovo;
il Vicario Episcopale di Zona, aiutato dal Decano, deve svolgere il compito di "rendere presente sul territorio il Vescovo, incontrando con la maggior capillarità possibile le comunità cristiane;
Il Decano ha l'incarico di preparare l'assemblea dei fedeli con il Cardinale ed introdurre l'assemblea con la sua breve relazione. Dovrà inoltre verificare in ogni Parrocchia l'ordine aggiornato dei Registri parrocchiali.
i Presbiteri (dei quali si faranno voce e mano i Responsabili delle CP o i Parroci) si faranno carico di formulare in un breve scritto conclusivo i passi da compiere alla luce del confronto effettuato con il Vicario Episcopale o con l'Arcivescovo.

5. Prossimità e coralità.
La presenza capillare della Chiesa nelle nostre terre è uno dei tratti più caratteristici e più preziosi, più promettenti anche per il futuro. È piuttosto spontaneo identificare "presenza della Chiesa" come "presenza del prete": il tempo è venuto non per rassegnarsi alla riduzione del numero dei preti, ma per incoraggiare una corresponsabilità da parte di tutte le componenti della comunità cristiana nell'esercizio di questa prossimità.
Uno degli aspetti che rende significativa la prossimità è il rimando oltre il localismo e il campanilismo, vigilando che la prospettiva universale non si riduca al riferimento ammirato a Papa Francesco. La categoria di "coralità" che significa il gusto di cantare la stessa canzone, cioè di sentirsi popolo in cammino con tutta la Chiesa diocesana è forse l'espressione più promettente di questo senso di appartenenza e uno dei frutti più desiderabili della visita pastorale.


IL PROGRAMMA DELLA VISITA PASTORALE
al Decanato di Luino e alle singole Parrocchie

Martedi 11 ottobre 2016:
visita pastorale con stile "feriale" del Vicario episcopale mons. Franco Agnesi alle due parrocchie dell'Unità pastorale S. Maria Assunta in Porto Valtravaglia

dalle ore 15 alle 22,30

s. Messa a Porto alle ore 18,30
Alle ore 20,45 nel salone incontro libero per tutti e con la partecipazione di "tutte le realtà di servizio pastorale


Venerdi 14 ottobre:
Incontro decanale con l'Arcivescovo a Luino, ore 21 nella chiesa prepositurale