La storia della Valtravaglia è legata alle vicende del suo principale paese, Porto Valtravaglia. Costituito comune nel 1928 mediante l'aggregazione dei cessati comuni di Muceno e di Musadino, conta oggi 2500 abitanti residenti, cui si aggiungono ca. 1100 fra turisti e villeggianti che qui hanno la loro seconda casa. La storia religiosa di Domo fa riferimento alla nascita delle parrocchie e delle pievi.
Pieve della diocesi di Milano. Le origini della pieve di
Val Travaglia, con centro a Domo, sorta in ambito curtense o di canonica
regolare, sono da fare risalire probabilmente all'epoca in cui la rocca
di Travaglia venne in mano dell'arcivescovo di Milano. Nel 1137 avvenne
il dibattuto trasferimento della sede plebana da Domo a Bedero, con contestuale
costruzione della "canonica di San Vittore", ordinati da un praeceptum
dell'arcivescovo Robaldo. La nuova chiesa plebana di Bedero fu significativamente
posta su terreni di diretta dipendenza arcivescovile (Frigerio 1999).
ultima modifica: 04/01/2007
[ Saverio Almini ]
Domo era una località della Valtravaglia distinta dalla castellanza
di Valtravaglia. Il territorio era feudo dell'arcivescovo di Milano (Beretta
1917). La località, già sede fino al 1165 della plebania,
poi trasportata a Bedero (Amati, Dizionario, v. 3, p. 455), perse successivamente
importanza. Nel Compartimento territoriale specificante le cassine, del
1751, appare solamente un cassinaggio denominato "Domo", unito
al comune di Musadino con Ligurno (Compartimento Ducato di Milano, 1751).
Attualmente Domo è frazione di Porto Valtravaglia.
ultima modifica: 09/01/2006
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese
Parrocchia della diocesi di Milano. Le citazioni della cura di Domo, la
cui chiesa, dedicata a Santa Maria, fu originariamente sede plebana per
la Valtravaglia, risalgono solo al XVI secolo (Frigerio 1999). Tra XVI e
XVIII secolo, la parrocchia di Santa Maria Assunta è costantemente
ricordata negli atti delle visite pastorali compiute dagli arcivescovi di
Milano e dai delegati arcivescovili nella pieve di Val Travaglia.
Nel 1748, durante la visita pastorale dell'arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli,
il clero nella parrocchia di Santa Maria Assunta di Domo era costituito
dal parroco e da due cappellani, di cui uno di patronato della famiglia
Bossi; per il popolo, che assommava a 947 anime complessive, di cui 551
comunicati, era istituita la scuola della dottrina cristiana; nella parrocchiale
era costituita la società del Santissimo Sacramento, eretta dall'arcivescovo
Carlo Borromeo nel 1574; esisteva inoltre all'altare della Beata Maria Vergine
la confraternita del Santissimo Rosario, eretta il 9 maggio 1679, unita
alla società del Santissimo Sacramento. Nel territorio della parrocchia,
oltre alla chiesa di Santa Maria Assunta, esistevano gli oratori San Michele
sul Monte; Sant'Antonio abate; San Rocco confessore in Ligurno; San Genesio
in Sarigo; San Giorgio; San Rocco in Nasca (Visita Pozzobonelli, Pieve di
Bedero).
Verso la fine del XVIII secolo, nella tabella delle parrocchie della città
e diocesi di Milano, la rendita netta della parrocchia di Domo assommava
a lire 434.10; la nomina del titolare del beneficio parrocchiale spettava
all'ordinario, il numero dele anime era di 985 (Tabella parrocchie diocesi
di Milano, 1781).
All'epoca della prima visita pastorale dell'arcivescovo Andrea Carlo Ferrari
nella pieve e vicariato di Bedero, il beneficio parrocchiale era vacante.
I parrocchiani erano 900, compresi gli abitanti delle frazioni Torre, Saltirano,
Musadino, Ligurno, Sarigo; nel territorio parrocchiale esistevano gli oratori
di San Genesio, San Giorgio, San Sarlo, San Rocco, San Pietro martire, San
Michele; nella chiesa parrocchiale era eretta la confraternita del Santissimo
Sacramento; la pia unione delle Figlie di Maria, eretta canonicamente nel
1894; la compagnia di San Luigi Gonzaga, eretta canonicamente con decreto
26 gennaio 1896; il consorzio del Santissimo Rosario, eretto canonicamente
nel 1724; era attivo inoltre il Circolo popolare cattolico di San Giuseppe.
La parrocchia era di nomina arcivescovile (Visita Ferrari, I, Pieve di Bedero).
Nel corso del XIX secolo, la parrocchia di Santa Maria Assunta di Domo rimase
sempre inserita nella pieve e vicariato foraneo di Val Travaglia, nella
regione II, fino alla revisione della struttura territoriale della diocesi,
attuata tra il 1971 e il 1972 (decreto 11 marzo 1971) (RDMi 1971) (Sinodo
Colombo 1972, cost. 326), quando fu inclusa nel nuovo vicariato foraneo
e poi decanato di Luino, nella zona pastorale II di Varese.
ultima modifica: 04/01/2007
[ Claudia Morando, Archivio di Stato di Varese ]
Come risulta dal "Liber notitiae sanctorum Mediolani", alla fine del XIII secolo la pieve di Travaglia comprendeva 49 chiese, da Castelveccana, alla piana del Margorabbia, fino alla Valveddasca.
Da oltre due secoli è aperta fra gli studiosi la questione della
sede battesimale primitiva che alcuni ritennero di dover fissare in Domo.
Il primo assertore di questa tesi fu, nei primi anni del '700, proprio un
parroco di Domo, G.G. Vagliano. Poi vi fu G.A. Binda,
parroco di Castello Valtravaglia nella seconda metà dell'800
e raccoglitore di memorie locali (il suo manoscritto è conservato
nell'archivio parrocchiale di Domo), che forse potè consultare l'archivio
capitolare di Bedero. Certamente lì il parroco Binda potè
vedere un documento del 1080 di Adamo, notaio del sacro palazzo, che attestava
l'esistenza di capitolo e chiesa plebana già in quell'anno.
Ma andiamo con ordine.
Il 4 marzo 1137 l'arcivescovo Robaldo, nel palazzo arcivescovile di Milano,
prese in considerazione le reiterate suppliche di Guglielmo, prevosto della
pieve di Travaglia e dei suoi confratelli. L'arcivescovo si era già
recato sul posto (ed è la più antica "visita pastorale"
nella nostra pieve di cui si abbia notizia) per conoscere di persona lo
stato di fatto; aveva inoltre ascoltato il parere del clero cardinale e
degli altri suoi consiglieri.
Egli accertò che:
- l'esistente plebana di Travaglia non era più frequentata dalla
maggior parte del popolo;
- come madre venuta in odio ai figli rischiava di perdere le prerogative
competenti alla matrice;
- l'edificio antico minacciava rovina e mancava, per le ragioni di cui sopra,
l'opportunità di riedificarlo in sito;
- il popolo era tanto favorevole allo spostamento della pieve da essere
disposto ad elargire ampie elemosine per sovvenire alle nuove necessità.
Da ciò la decisione di spostare la sede della pieve sul monte di
Bedero.
Il documento, che gli storici chiamavo "Privilegio di Robaldo" reca, tra le altre, la firma di Galdino, allora cancelliere arcivescovile, che diventerà poi arcivescovo nell'aprile del 1166 e santo ambrosiano. A Galdino della Sala si è attribuita un'origine travagliese e questo spiegherebbe la sua continua presenza in affari riguardanti la pieve. Sala era il nome di una località presso Brezzo. Un altro indizio circa la patria di Galdino si può trovare nella presenza al sua seguito di "Alberti del Travallia ed Bonabelli ac Nuxanti et Bertrami de Domo" (da un documento del 1172).
Ci sono molti indizi che indicano Domo come capo della pieve di Travaglia.
La dedicazione della chiesa plebana di Travaglia a S. Maria è
attestata da numerosi documenti medioevali, per la maggior parte scomparsi,
ma ricordati dal parroco Binda nei suoi appunti conservati presso l'Archivio
Parrocchiale di Domo.
Solo in tempi successivi al 1137 appare la dedicazione prima a S. Maria
e S. Vittore, poi definitivamente solo a S. Vittore.
Ciò a ulteriore prova che l'antica pieve, quella originaria, era
a Domo, dove la chiesa è da sempre dedicata alla Madonna e che passò,
successivamente a Bedero, da cui, appunto, la dedicazione al martire Vittore.
Dagli atti della visita
pastorale dell'agosto 1596, il card. Federigo Borromeo, raccoglie
dalla concorde ed insospettabile deposizione dei canonici di Bedero che
la loro chiesa (S. Vittore di Bedero, appunto) era da tempo antico eretta
in prepositurale e che una volta era la chiesa di S. Maria Assunta di Domo,
e che venne lì traslata da Domo al tempo in cui S. Galdino era cancelliere
della chiesa milanese.
Una delle prove fondamentali del fatto che fu Domo l'originaria sede
della pieve di Travaglia è l'esistenza di un importante Battistero,
le cui origini risalgono agli anni prima del mille.
Dagli atti delle visite pastorali del vescovo di Trevico, G. Politi, inviato
da S. Carlo nel 1567 e poi dei delegati di S. Carlo, i prevosti Cermenati
e Pessina, nel 1569, nonchè di S. Carlo stesso nel 1574, emerge il
fatto che ancora nel 1567, quando era ancor viva la tradizione che Domo
fosse stata la primitiva "canonica", esisteva ed era usato l'antico
fonte battesimale ad immersione e in esso veniva benedetta l'acqua il sabato
santo.
Non solo il Battistero sta a dimostrare l'antichità del centro
religioso di Domo, ma anche l'esistenza di una chiesa gemella alla parrocchiale,
cioè S. Stefano.
Si nota anzitutto che le dedicazioni corrispondono a quelle dei centri religiosi
maggiori, ove una chiesa era dedicata alla Madonna e l'altra ad un martire
(in area francese era sistematicamente S. Stefano), mentre il battistero
era sempre dedicato a S. Giovanni Battista. Proprio come a Domo.
Siamo quindi di fronte ad un fenomeno esteso e complesso alla cui origine
per ora non è possibile risalire.
Ma tutto questo insieme di documenti, di testimonianze e di storia, fanno
deporre per il fatto che Domo, dalle origini, che si possono far risalire
al V° secolo, fino al 1137 fu veramente la sede della Pieve di Travaglia.
CONFRATERNITE
Nella parrocchiale di Domo era costituita all'altare della Beata Maria Vergine la confraternita del Santissimo Rosario, eretta il 9 maggio 1679, unita alla società del Santissimo Sacramento; fu censita nel 1748, durante la visita pastorale dell'arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Valtravaglia (Visita Pozzobonelli, Pieve di Bedero).
Nella parrocchiale di Domo era costituita la società del Santissimo
Sacramento, eretta dall'arcivescovo Carlo Borromeo nel 1574, unita alla
confraternita del Santissimo Rosario; fu censita nel 1748, durante la visita
pastorale dell'arcivescovo Giuseppe Pozzobonelli nella pieve di Valtravaglia
(Visita Pozzobonelli, Pieve di Bedero).
Per maggiore documentazione, il Lettore potrà. consultare i seguenti testi dai quali sono state tratte le notizie qui pubblicate per ciascuna chiesa.
Domo antica sede plebana di Travaglia e il suo battistero, in "Rivista della Società storica varesina" fascicolo XII, marzo 1975, Pierangelo Frigerio, Sandro Mazza, Piergiacomo Pisoni
Domo e l'antica pieve di Travaglia, ottobre 1968, Pierangelo Frigerio, Sandro Mazza, Piergiacomo Pisoni
Riflessioni archeologiche sulla chiesa di Bedero Valtravaglia e sul battistero di Domo, in "Memorie storiche della Diocesi di Milano", vol. XII, 1965, M.L. Floris - L. Martegani
La Valtravaglia, Milano 1927, Carlo Massimo Rota
La Pieve della Valtravaglia, Novara 1953, A. Astori
Architettura romanica nel territorio di Varese, Milano 1966, Anna Finocchi
Consuetudini e condizioni vigenti nella castellanza di Valtravaglia nel 1283, Carate Brianza 1917, R. Beretta
Il restauro della chiesa di S. Giorgio a Sarigo, AA.VV., 1994
L'Eco del varesotto, articoli vari a firma Tripè, 1974
L'organo vecchio di Castiglione Olona a Domo Valtravaglia, nel periodico della Società. Storica Comense, vol. LI, 1984-85, Maurizio Isabella
Loci Travaliae, Biblioteca comunale di Porto Valtravaglia, fasc. VII, Le visite pastorali a Domo Valtravaglia, Filippo Colombo, 1998