Lettere di don Luca Ciotti alla Parrocchia


CAMMINARE VERSO LA PASQUA E SCOPRIRSI FRATELLI, TUTTI ! (marzo 2021)

In questa quaresima abbiamo l'opportunità di camminare e preparare il cuore alla Pasqua di Gesù scoprendoci fratelli tutti: forse ci saranno passi di conversione, sguardi rinnovati, impensabili sorprese che permetteranno di guardare al futuro con occhi nuovi.

Lo faremo introducendoci con testimoni locali durante la prima settimana, in cui cercheremo di vivere gli esercizi spirituali (in presenza oppure on line): la pagina del buon samaritano, lo sguardo sulle fragilità, la cura del dialogo e "il mondo che vorrei" ci permetteranno di iniziare a cogliere degli slarghi dentro il testo del Papa.

Cercheremo poi di lasciarci stimolare da letture più ampie: i testimoni che ci accompagneranno ci permetteranno di farci una idea generale, di mettere in atto uno sguardo missionario e di provare a guardare alla fraternità con occhi di altri, dai fratelli dell'islam a fratelli e sorelle di altre confessioni religiose.

A questi spunti potrai aggiungere altri contributi che sono stati raccolti in questo periodo da diverse pubblicazioni e di cui abbiamo qui riportato degli stralci. Insomma, tutto materiale che ti faccia venire voglia di addentrarti in questo testo che esplicita quel dettato del Concilio Vaticano II (Gaudium et spes in particolare) in cui si metteva in evidenza la simpatia per il mondo: mi piace pensare che si possa guardare al mondo con lo stesso sguardo di Gesù che lo ha amato fino a dare la vita per tutti. Lo stesso sguardo di Gesù che ha saputo mettere in evidenza tutto il buono che è presente e operante nel tessuto che costituisce la storia tra le persone e le comunità. Lo stesso sguardo che il buon samaritano mette in atto dinnanzi a quell'umanità ferita, marginalizzata, derubata. Forse non saremo in grado di avere la levatura di quel samaritano, di quello straniero, benchè questo ci provochi senza mezze misure, ma ci sarà data la grazia di assomigliare almeno un po' a quell'albergatore a cui il samaritano affiderà quell'uomo messo male affinché sia lui a prendersene cura. Mi piacerebbe che questo tempo di quaresima ci educasse ad uno sguardo nuovo capace di cogliere nel mondo migliaia di gesti di bene che sorgono da ogni dove, che permettono di vivere da fratelli, che fanno raccontare fatti di vangelo e attendere di poter incontrare di nuovo samaritani che ci fanno restare a bocca aperta. Scopriremo che il vangelo viaggia su strade ben poco controllabili e la mulattiera che conduce da Gerusalemme a Gerico forse è più vicina alle nostre vite di quanto possiamo realmente immaginare.
Buona lettura e buon cammino verso la Pasqua di Gesù ovvero verso il passaggio di quell'uomo di Nazareth che qualcuno dice impersonare il samaritano perché con la sua morte in croce si è fatto carico di tutta l'umanità acciaccata, pagando di tasca propria, vivendo la pienezza della com-passione.

don Luca


PREPARARE IL FUTURO: TOCCA A NOI, TUTTI INSIEME ! (Gennaio-febbraio 2021)

E’ questo un tempo assai strano, mi verrebbe da dire ricolmo di spinte … penso al cambio della guardia negli USA, alla situazione ballerina in Italia, alla voglia di ripartire e alle chiusure a singhiozzo nelle diverse regioni, alla distribuzione dei vaccini e ai no vax. Penso ai finanziamenti che arrivano dall’Europa in ordine alla copertura dei danni da pandemia ma anche (e forse soprattutto) nel desiderio di sostenere l’innovazione …
Ci ritroviamo a vivere un tempo che varia repentinamente e forse dovremmo chiederci: “che tempo che fa?”. Da un tempo sospeso ad un tempo rallentato ed ora ad un tempo concitato proprio perché ricco di spinte che provengono da diverse parti e non si capisce dove possano portare.
In tutto questo sento forte l’urgenza di preparare il futuro: qualcuno avrà il compito di prepararlo a livello planetario o nazionale, forse a noi è chiesto di provare a metterci mano nel nostro piccolo… l’arcivescovo Mario ci ha ripetuto più volte che “tocca a noi, tutti insieme”.
Come possiamo dunque preparare il futuro?
Senza andare a scomodare i massimi sistemi, in questi mesi noi possiamo iniziare a raccoglierci (con le dovute distanze ancora!) per guardare all’estate, almeno all’estate!
Perché mi immagino che i ragazzi abbiano bisogno di incontrare esperienze che ridiano loro il gusto del vivere … forse stanno dimenticando come si gioca a “mosca cieca”, a nascondino, a calcio e basket … ma forse quest’estate potranno ritrovarne non solo il desiderio ma anche la bellezza che esprime il significato del giocare insieme, del trascorrere tempo con i coetanei, del sentire l’appartenenza al proprio oratorio, nel farlo diventare casa. Non sappiamo bene cosa potremo fare con i piccoli ma per preparare il futuro abbiamo scelto di iniziare a ripartire con la catechesi in piccoli gruppi: forse non sarà un’invenzione rivoluzionaria ma ci aiuterà a coltivare una familiarità che rischiamo di perdere per strada quando si è in gruppi grandi e forse chi fatica di più ad esprimersi sarà facilitato nel venire allo scoperto.
Preparare il futuro forse ha a che fare con le cose piccole e la cura per chi è più fragile.
E poi penso agli adolescenti, dagli umori ballerini, che protestano perché vogliono tornare a trovare i loro compagni di scuola e che contemporaneamente stanno a casa in simbiosi con il divano, alimentati dalla play o da qualche serie televisiva. Che ne sarà di loro?
E’ questo il tempo in cui attivarsi per cercare vie di bellezza che sappiano conquistare il loro cuore, che ha anche la capacità di essere generoso, che sa infiammarsi … ma c’è da trovare il modo di accendere il fuoco!
Non sarà facile la sfida con loro ma è questo il tempo in cui coinvolgerli, uno ad uno. E capisco che questo non può essere solo compito del prete di turno ma c’è bisogno di gente che muova pensieri, soldi, attività… se non ci muoviamo ora, anche questa estate volerà via più veloce di quella trascorsa. Ma capite bene che sarebbe un devasto per gli ado: due estati in questa stagione della vita, sono un’eternità!
Non sappiamo bene cosa potremo fare con gli ado ma per preparare il futuro, con qualcuno si stanno tirando ponti verso la Moldova, qualcuno proverà a dipingere in oratorio, qualcuno si cimenterà in un teatro (forse!): forse non sarà qualcosa di rivoluzionario ma sarà la possibilità per alcuni di allargare gli orizzonti, per altri di mettersi in gioco, per altri di trovare casa.
Preparare il futuro forse ha a che fare con la voglia di vivere! Ma questa voglia rischia di essere assopita e tale rimarrà se non pensiamo a qualche via da percorrere.
Ecco questo non è più tempo sospeso o rallentato; non è nemmeno semplicemente tempo confuso. E’ evidente: questo è tempo in cui preparare il futuro …tocca a noi, tutti insieme!

don Luca


QUESTIONE DI SGUARDI (Novembre 2020)

In questi giorni è uscito un libro di un importante teologo della nostra diocesi (Mons. Pierangelo Sequeri) intitolato “Lo sguardo oltre la mascherina”: bisognerà cimentarsi nella lettura, pur sapendo che non sarà così facile da decifrare. Ma al di là di questo, il titolo mi invita a rilanciare la questione degli sguardi. E’ forse una delle acquisizioni maggiori di questo tempo: è d’obbligo guardare gli altri negli occhi …la mimica facciale possiamo solo immaginarcela! Ma capite bene che siamo obbligati, e per fortuna, ad accorgerci di sguardi ben differenti dai nostri! Certo perché dinnanzi alla realtà emergono molti sguardi, molti modi differenti di guardare alla realtà. Ed è interessante pensare che si possa andare oltre la mascherina, al di là …che sguardo ci sarà nascosto? Quale interpretazione della vita, della storia, della fede, si nasconde al di là delle mascherine?
Credo che uno dei rischi del momento sia quello di non riuscire a riflettere su ciò che sta succedendo, ancora surclassati da numeri, distanze, desiderio di tornare al più presto alla normalità. Il rischio è di accontentarsi di dire: “andrà tutto bene!” senza però interrogarsi circa la possibilità di imparare qualcosa da questo evento epocale che sta segnando la vita del mondo intero. Certo dobbiamo poterci chiedere che cosa stiamo imparando di noi, della vita, del mondo. Insomma sarebbe bello potersi scambiare sguardi che sanno porsi oltre la mascherina e ci permettano di liberarci da tute le maschere che vestiamo a seconda dei contesti o delle convenienze. E’ necessario elaborare un pensiero, riflettere sulle prassi che accompagnano la nostra quotidianità ma anche il nostro credere, le nostre abitudini ma anche la sorprendente creatività nella solidarietà. Insomma sarebbe una occasione veramente persa se semplicemente ci accontentassimo di venirne fuori! E così, con il consiglio pastorale abbiamo pensato di non essere corridori affannati ma di prenderci un po' di tempo per riflettere.
Non sappiamo bene dove ci potrà portare questo desiderio di indugiare nelle cose ma forse ci permetterà di rileggere la vita e la morte, la cura e la paura, la scuola ed il lavoro … forse potrà essere anche l’occasione per ripensarsi e per ripensare al modo di vivere la Chiesa e di compiere azioni pastorali.
Ecco dunque l’invito per poter lanciare lo sguardo oltre la mascherina: non sappiamo dove ci condurrà ma potrebbe aprirci scenari nuovi ed inaspettati … sarebbe un peccato accontentarsi di togliere la mascherina il più in fretta possibile!

don Luca


PRONTI, PARTENZA (Settembre 2020)

Certamente è stata un’estate anomala ma ricca di sorprese: due mesi intensi di attività, incontri, piccoli gruppi, grande impegno da parte di molti. Questa nuova modalità ci invita a pensare insieme, come comunità adulta in primo luogo, la proposta dell’oratorio anche durante il resto dell’anno. Ci proveremo! Ma intanto siamo già pronti a ripartire e lo facciamo dentro un clima di generale incertezza. Con un gran desiderio di riprendere ritmi e relazioni “normali” e con la consapevolezza però che non è ancora passato totalmente l’uragano! Anche qui ci sarà da stare all’erta. E poi il cammino di chiesa che stiamo provando a mettere in atto nel nostro decanato: in profonda sintonia con l’invito dell’arcivescovo a coltivare un pensiero sapiente, una lettura sapienziale della realtà, stiamo insieme provando a ripensare il modo di vivere la Chiesa nelle nostre terre: certo sarà una bella sfida! Insomma questo nuovo anno pastorale che bussa alle porte, sta già spingendo eppure è come se non fossimo ancora pronti. Certo perché siamo soliti partire con programmi e date ben definite, un calendario ad incastri per farci stare tutto, date intoccabili, cresime e comunioni da tempo indicate per potersi organizzare almeno con i parenti … quest’anno, almeno per ora, nulla di tutto ciò. Ma a dire il vero sono contento che sia così, non solo perché questo ci permette di non essere subito in affanno, con il fiato corto, ma soprattutto perché questo tempo ci chiede di avere il coraggio di non girare subito pagina. A dire il vero questo è il rischio che stiamo correndo come società civile ed ecclesiale: uscire il prima possibile da questo corona maledetto e riprendere a fare come prima!!! Ma sarà mai possibile? Sarà mai possibile riprendere la corsa forsennata di prima, come se niente fosse?
Personalmente sento il bisogno di avere tempi, luoghi, ambiti in cui rileggere il vissuto di questi mesi per poter andare in profondità ed in seguito provare a progettare il futuro. Ma cosa avrà da dirci chi ha scritto qualche testo in questo tempo?
E chi ha dovuto ripensare le modalità di insegnamento? E la voce di ragazzi e adolescenti: quali risonanze nei loro cuori?

Mi piacerebbe aprire un dibattito, un dialogo attraverso gli sguardi (di fatto è ciò che spunta dalle mascherine!): narrare che cosa abbiamo vissuto, raccogliere ciò che abbiamo imparato, riflettere insieme su possibili scelte personali o comunitarie da mettere in atto.

Insomma non credo che sia saggio ripartire come se niente fosse, come se ci fosse stata semplicemente una parentesi.

Vedremo cosa si riuscirà a fare … Intanto buon inizio, soprattutto a voi ragazzi, a voi genitori, a voi insegnanti: ci mancano un po' le campanelle della scuola che suonano … almeno quelle dell’intervallo!

don Luca



CINQUE BUONI MOTIVI PER UN’ESTATE INDIMENTICABILE
(Estate 2020)

Un’estate certamente anomala questa che stiamo vivendo, eppure capace di ricondurci all’essenziale e di aiutarci ad allargare gli orizzonti.

Estate tempo da inventare … disponibili a costruire comunità
Sappiamo bene che quest’estate per le famiglie e per i ragazzi non è stata diversa solo per aver indossato mascherine multicolor ma per aver vissuto in modo diverso l’esperienza dell’oratorio estivo, sempre atteso e desiderato. Che dire? Tanti adulti che si sono attivati per permettere ai ragazzi di fare esperienze indimenticabili (ma quando mai capiterà loro di progettare la casa dei propri sogni? O di fare esperimenti come Archimede pitagorico?). Così chi c’è stato ad inventare ha provato a costruire un po' di più la nostra comunità

Estate tempo di accoglienza … pronti a parlare altre lingue
Beh di stranieri ce ne sono in giro, sono arrivati! Insomma il turismo tanto desiderato per sostenere le nostre terre non è venuto meno. Ma non basta che la gente venga da diversi luoghi del mondo per gustare queste terre. E’ necessario che ci interroghiamo sul nostro grado di accoglienza … a volte basta un foglietto in lingua per far sentire a casa chi viene da altrove. Meglio ancora se questo foglietto regala parole belle, parole significative … parole della Scrittura …

Estate tempo di silenzio …curare la dimensione contemplativa della vita
Non si può dire che da noi manchi il silenzio. Ma serve fare silenzio interiormente. Un buon libro, magari scegliendo di fermarsi a leggerlo in una location speciale (da noi proprio non mancano!): certo è occasione per nutrire la dimensione contemplativa della vita. Certo che sarebbe bello porre dei segni che richiamino questa dimensione sui sentieri disegnati nelle nostre montagne!

Estate tempo di feste patronali …tornare alla radice
Certo che eravamo abituati a vivere ogni domenica una festa …affezionati al patrono ma forse anche di più alla possibilità di ritrovarsi. Le feste di questa estate sono necessariamente in tono minore ma ci danno la possibilità di ricentrare il nostro cammino di fede: confessione, adorazione, celebrazione dell’eucarestia …sembrerà poco ma è ciò che nutre fortemente la vita del cristiano, fa tornare alla radice, il Signore Gesù!

Estate tempo di stelle …Maria, la stella che ci conduce in cielo
Sappiamo bene che qui in estate di stelle se ne vedono, e non solo la notte di san Lorenzo! Ma queste stelle ci richiamano una direzione, un orientamento per la vita. Mi piace pensare che l’Assunzione di Maria al cielo sia una segnalazione chiara nel mare della vita: “Guarda a Maria, invocala, desidera di poter custodire un pochino come lei, il Signore Gesù”. La direzione della tua vita sarà chiara: la sua stella indica il paradiso, già qui, in attesa della comunione definitiva in cielo.

A Maria affidiamo la nostra comunità, tutti gli ammalati ed in particolare don Gabriele: possa essere lei il conforto che sostiene il cammino!
don Luca



LETTERA AI "CAVALIERI IN PECTORE" (giugno 2020)

Alcuni giorni fa il presidente della repubblica ha insignito alcuni uomini e donne esemplari della massima carica onorifica dello Stato nominandoli cavalieri della repubblica. Tra di essi anche un giovane che conosco, Giacomo: ha organizzato un servizio a favore degli anziani soli per aiutarli nelle loro necessità soprattutto attraverso la spesa e i colloqui telefonici così da dare loro un sostegno (E’ possibile leggere l’intervista che ha rilasciato: http://azionecattolicamilano.it/intervista-a-giacomo-pigni-riscoprire-il-valore-della-comunita/).
Aver premiato Giacomo è simbolicamente aver premiato tutti coloro che hanno speso bene il loro tempo e le loro energie per rendere più bello il mondo in un momento brutto, per far si che il deserto potesse nuovamente fiorire!
E allora vi devo dire che non ho il potere di insignire del cavalierato ma posso testimoniare che ci sono dei giovani che si sono fatti carico di organizzare l’iniziativa “ghe sèm” e che nelle nostre terre sono stati un regalo!
Isabella, Lorenzo e Federico hanno pensato, strutturato, curato nei dettagli il servizio di questi mesi. Ne sono stati promotori e se lo sono presi a cuore per il bene di questa comunità stimolando altri volontari, alcuni loro coetanei e altri più adulti. Sono contento e sono contento per loro e per la nostra comunità: ogni volta che ci si dona, una comunità ne gode in salute, riconosce la speranza, ci si accorge nuovamente che è più bella una vita capace di donare. E non posso che lasciar risuonare in me due sottolineature evangeliche: la prima ha a che fare con lo sguardo del Padre. Nel vangelo di Matteo (Mt. 6,18) si dice che “il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà”: è molto di più del cavalierato, lo sguardo del Padre, il suo sguardo amoroso è ciò che permette di esultare nel cuore come è capitato a Maria di Nazaret, invasa dallo Spirito Santo ed entusiasta di fare spazio a Gesù.
Non è detto che coloro che hanno compiuto questa operazione si sentano così, non è detto che riconoscano i tratti dello sguardo di Dio …ma mi sento proprio di dire loro che da credente questo è ciò che intravvedo!

E poi un’altra pagina: in questi giorni celebriamo la festa del Corpus Domini, si mette al centro il corpo e il sangue del Signore Gesù per dire una vita donata, una vita in cui Gesù ha scelto non di farsi servire ma di servire fino a dare tutto. Forse coloro che vi hanno incontrato nella consegna dei medicinali e delle spese, hanno sorriso, hanno gioito, sono stati grati almeno nel cuore e più volte nelle espressioni del volto e della voce.
La presenza di Gesù si fa corpo tutte le volte che diamo la vita, diamo vita. Nell’ultima cena Gesù aveva detto: “Fate questo in memoria di me” … celebrate l’Eucarestia e vivetela. Il segno che avete posto nella nostra comunità è segno eucaristico, che ne siate consapevoli o no.
Sappiate che l’Eucarestia c’è per farci crescere nella possibilità di vivere la vita mettendoci a servizio: non si tratta dunque di “timbrare un cartellino” del precetto ma di nutrire la vita del mondo attraverso gente che serve … sappiamo bene come sia facile scivolare e diventare gente che si serve! L’Eucarestia vuole nutrire fortemente la nostra capacità di servire, come Gesù!

Grazie cavalieri in pectore: e non pensate ora di andare in vacanza! E’ il momento di rilanciare perché con voi si possa pensare ed attuare uno stile giovane di servizio … credo che le idee non vi manchino!


SOTTO IL PESO DELLA CROCE (aprile 2020)

Ci avviciniamo alla Pasqua dentro una quaresima mai vissuta fino ad oggi! Le parole deserto, silenzio, “reclusione”, non sono semplici parole ma la descrizione della vita di questo tempo. Mi ritrovo ad essere ammutolito e afono di fronte a ciò che sta succedendo ma anche di fronte al mare di parole che sembrano voler colmare un vuoto. E così mi sento di consegnare semplicemente due pensieri:
Il primo è una suggestione: se dovessi dire con una immagine ciò che provo e ciò che mi sembra stia provando l’umanità in questo tempo, lo direi con una stazione della via crucis. E’ l’unica che si ripete tre volte, quasi a dire che è una cosa importante, da non dimenticare facilmente, ma anche ad affermare che la vita umana è passibile di cadute. Penso alle stazioni in cui si ricorda Gesù che cade sotto il peso della croce. Mi sento e sento una umanità così, schiacciata dal peso della croce.
Ecco questo è ciò che pervade il mio cuore e penso il cuore di molti, è ciò che stiamo vivendo nella reclusione e nell’impossibilità di far fronte al male …incredibile, un batterio così piccolo da mettere tutto il mondo in ginocchio! Schiacciati sotto il peso della croce!
Il secondo è il desiderio di preparare la Pasqua: Gesù ai suoi discepoli esprime il desiderio di mangiare la Pasqua con loro. Certo sarà una Pasqua anomala, per noi che ci accingiamo a celebrarla ma anche per coloro che la celebreranno privati della vicinanza di qualche persona cara che se ne è andata. So bene che siamo già dentro la risurrezione, che il Signore Gesù è risorto e rimane con noi tutti i giorni della nostra vita. Ci credo eccome! E contemporaneamente sento che quest’anno ci sarà chiesto di gridare la vittoria della vita sulla morte solo a denti stretti …ripenso ad un funerale che ho celebrato qualche tempo fa e … così ho visto cantare l’alleluia, a denti stretti e con le lacrime agli occhi!
Il Signore della vita ci accompagni e non faccia mancare il suo respiro a questa umanità, alla nostra umanità di creature fragili: ci conceda il Signore risorto di custodire il fuoco dell’amore, di generare scintille capaci di accendere la speranza nell’uomo di oggi, di spendere la vita per creare legami di fraternità … il solo contagio da diffondere all’infinito.

Buona Pasqua!
Don Luca e don Gabriele


UMILIO' SE STESSO (marzo 2020)

Così l’Arcivescovo riprende le parole di S. Paolo alla comunità di Filippi e ci introduce al tempo di quaresima per invitarci ad ispirare il nostro modo di interpretare la vita a partire dalla passione di Gesù. “Il tempo di quaresima ci invita a tenere fisso lo sguardo su Gesù, sul mistero della sua Pasqua per conformarci sempre di più a lui, nel sentire, nel volere, nell’operare” (M.Delpini, La situazione è occasione).

Cosa significa “umiliare se stessi”? Mi sembra che abbia a che fare con la capacità di farsi piccoli e di divenire umili: la chiesa ci ripropone di camminare tenendo fisso lo sguardo su Gesù per vivere una vita che si dona, che ama, tanto da donarsi totalmente per amore, tanto da mettersi a servire, tanto da non prevaricare sugli altri, tanto da conquistarli per amore, come è successo al centurione che sotto la croce arriverà a dire: “veramente questi era Figlio di Dio”.
Mi piace pensare che l’incontro con gente che è diventata umile, ha scelto la via dell’umiltà, porti ad essere attratti da uno stile e inviti a cercarne la fonte.
Certo che è strano, in una società dove tutti gridano, l’unico grido che sentiremo nel tempo di quaresima sarà quello di Gesù in croce. In una società dove c’è la corsa per prevalere sull’altro, l’unico primato che Gesù ci mostrerà sarà quello dell’abbassarsi per lavare i piedi ai discepoli. In una società in cui molti sembrano non aver più niente a che fare con la fede, forse presumendo di essere sufficienti a se stessi, sentiremo ancora una volta che l’umiltà passa dall’obbedienza al Padre, dal rimettersi nelle mani del Padre di cui fidarsi e a cui affidarsi totalmente.
E così la Chiesa nuovamente cercherà di educare le nostre vite a camminare sulla via dell’umiltà: lo farà con gli strumenti di sempre, la preghiera, il digiuno e l’elemosina.

Lo farà proponendoci di rimettere mano alla nostra relazione con il Signore: forse ne possiamo fare a meno ma pregare, ha a che fare con la possibilità di respirare l’aria di Dio, permette di volare alto per immergersi anche nelle nebbie della quotidianità e portare un po' di luce.

Lo farà proponendoci di esercitarci nel digiuno: non è certo per volersi male ma forse per dirci che “non di solo pane vive l’uomo”. E soprattutto perché se rimaniamo gente con la pancia piena di cibo, di confort, di sicurezze, la via per l’umiltà sarà quasi impossibile da percorrere perché saremo talmente impegnati a rivolgere lo sguardo su di noi che la nostra preoccupazione sarà di accaparrare sempre di più …non ci sarà posto né per Dio né per gli altri. Digiunare vuol dire rinunciare per scelta …sapendo che altri, la più parte dei nostri fratelli nel mondo, rinunciano per forza!

Lo farà infine, proponendoci di vivere la carità: a dire il vero il digiuno non è mai fine a se stesso ma è per la carità, e ci ricorda che solamente quando paghiamo di persona, ci mettiamo nella condizione di umiliarci.

Gli esercizi spirituali parrocchiali, la riflessione proposta nei quaresimali e quella sulla Parola di Dio quotidiana, il commento alla passione e le celebrazioni delle via crucis ci accompagneranno perché fissando lo sguardo su Gesù possiamo imparare ad umiliare noi stessi così da divenire scintille: “basta una scintilla per far divampare l’incendio.
Possono bastare pochi ragazzi, poche coppie di genitori, poche catechiste perché in una comunità arda il desiderio di partecipare alla vita della chiesa e contagiare tutti con la gioia e la carità? La logica del vangelo ci incoraggia a credere più al metodo del seminatore che al metodo del programmatore.” (M. Delpini, La situazione è occasione).

Buon cammino di quaresima.


GIRO DI BOA ( febbraio 2020)

In terra di lago si sa bene cosa sia un giro di boa … lo sa bene chi fa canottaggio o chi ama fare regate. Ma a dire il vero è questa una espressione che ci invita ad accorgerci della qualità del tempo che trascorre.
Certo perché siamo a metà dell’anno scolastico, per molti è tempo di iniziali bilanci anche nel mondo lavorativo e amministrativo. E così potremmo prendere l’occasione di vedere a che punto siamo con il nostro cammino … come sono andati questi mesi di percorso scolastico (le pagelle sono sempre uno spauracchio ma invitano a riprendere in mano quei fili che si sono un po' sfilacciati, quelle conquiste che sono avvenute, quelle bestie nere che sembrano impossibili da debellare!).

Ma forse l’invito è anche a guardare per coloro che lavorano, a come sta procedendo tra preoccupazioni e slanci, tra routine e novità.
E penso anche che in questo tempo ci siano alcune scelte importanti in riferimento ai ragazzi che crescono: molti sono alle prese con la scelta dell’università o dello sbocco lavorativo, molti altri si sporgono con sempre più decisione verso il mondo delle scuole superiori (secondarie di secondo grado).

Quanto interrogativi, quante speranze, quante paure!
Mi chiedo però in tutto ciò, cosa verificare al giro di boa e perché farlo.
Il giro di boa ci dice che abbiamo percorso un tratto di cammino (o di lago) e ci è dato di riguardare a quel tratto riscoprendo i passi effettuati. Ore di studio o lavoro, incontri di lavoro o di amicizia, feste e tempo libero … Ci è data l’occasione per vedere cosa stiamo facendo nella vita o forse meglio, cosa stiamo facendo della vita. Certo perché forse abbiamo fatto tante cose ma non sempre al fare corrisponde una certa qualità.
Guarda ai passi effettuati, guarda se sei in cammino o semplicemente sei fermo e non ti sei ancora deciso a spenderti! Mi fa sempre più specie vedere persone che nella vita lavorano tantissimo e si ammazzano di lavoro: vivono per lavorare, ma poi forse …non vivono. E contemporaneamente ragazzi che pensano esclusivamente a se stessi, alle loro feste, a divertirsi, agli imperdibili compleanni dei diciottesimi: vivono per la festa, ma poi, vivono?

Ognuno farà come riesce e come può ma mi preme dire che al giro di boa è necessario raddrizzare la rotta, riprendere i fili che si sono sfilacciati, rilanciare con nuova grinta, proseguire su ciò che si è rivelato vincente.
Ecco allora che forse è tempo per ridirsi che cosa vogliamo fare della nostra vita, in che modo desideriamo spenderla, per chi e per che cosa investire tutte le nostre belle energie vitali.

Mi sento che compiere il giro di boa possa essere occasione di profonda speranza, tempo nuovo in cui ripartire con più grinta, anche su ciò che non è andato e forse sarà motivo per cui chiedere aiuto.

La condizione però sarà di non pensare solo a noi stessi: è sempre tentazione in agguato che ci fa chiudere, che congela la capacità di dare vita, di essere generativi.
Al contrario, e questo potrebbe essere veramente il nostro criterio per scegliere cosa fare della nostra vita, la capacità di alzare lo sguardo e imparare a spendersi potrebbe diventare la chiave di lettura, al giro di boa. Sapete cosa ha suggerito in questa linea il nostro arcivescovo andando in una scuola?
“Si deve mettere un cartello sulla porta della camera e scrivere una domanda. Quando esci dalla camera ogni mattina leggi la domanda e cerca di vivere secondo la risposta che dai.

La domanda è: chi posso rendere contento quest’oggi?”.

Ovvero, comincia tu ad amare!

Ecco per che cosa vive il cristiano. Ecco cosa significa accorgerci della qualità del tempo che passa. Ecco in che modo, al giro di boa riguardare indietro per andare avanti, sapendo bene cosa vogliamo fare nella nostra vita …ops, della nostra vita!

Don Luca

 


UN NUOVO ANNO DEL SIGNORE (gennaio 2020)


Eccoci all'inizio di un nuovo anno, un nuovo anno del Signore, un anno in cui il Signore Gesù desidera rinnovare la nostra vita. Certo, perché noi ci auguriamo "buon anno", festeggiamo il passaggio ad un tempo nuovo, brindiamo e danziamo, ma quali auguri portiamo realmente nel nostro cuore? Cosa vogliamo dire agli altri attraverso i nostri auguri?
La sapienza della Chiesa ci fa concludere un anno con il "Te Deum" per ringraziare ed aprirne un altro all'insegna della pace: qui si posa lo sguardo del cristiano! E' sguardo di gratitudine per una vita che è accompagnata e custodita da Dio. E' uno sguardo proiettato in un futuro di pace da costruire insieme come sognatori di ponti che congiungono più che di muri "sicuri" che separano.
A dirla tutta, questo mese di gennaio è ricolmo di motivi di riflessione e preghiera: il mese della pace, la festa della famiglia e della vita, la settimana dell'educazione, la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani… insomma si inizia con grande slancio! Proviamo dunque a rilanciare qualche pensiero dentro questo ampio panorama, anticipando anche che vivremo un momento di veglia a livello decanale in cui si cercherà di unificare molti di questi motivi per cui pregare tutti insieme.
PACE
Il papa ogni anno scrive un messaggio per approfondire questo tema ed aiutare tutti gli uomini di buona volontà a lavorare insieme per costruire legami di pace tra le persone e tra le nazioni. In questa 53^ giornata mondiale della pace, ci riconsegna il desiderio di pace che abita il cuore di ogni uomo attraverso tre negazioni chiare da poter assumere nella nostra vita: NO alle differenze come ostacolo, NO alla paura come minaccia, NO al dominio sull'altro.
Ne facciamo le spese tutti i giorni: è difficile superare la barriera della differenza perché il diverso è percepito spesso come ostacolo. E' molto più facile intendersi con chi è uguale a noi e la pensa come noi, ha la medesima cultura ed abitudini. Ma spesso questo costringe dentro le medesime prassi e i medesimi pensieri senza alcuna novità, dando tutto per scontato, senza prospettive ulteriori quasi che il mondo venga racchiuso nel nostro modo di fare e di pensare. La differenza, se vissuta come opportunità (ricordate la lettera dell'Arcivescovo "la situazione è occasione"?) permette nuove conoscenze, ampliamento degli orizzonti, possibilità di apprezzare maggiormente ciò che già si possiede e di non darlo per scontato. Insomma costa un po' di più ma al posto di essere vista come ostacolo, la differenza potrebbe essere una possibilità per crescere insieme.

 

E poi, dobbiamo renderci conto che viviamo in una cultura della paura: abbiamo paura di tutto, tutto è diventato pericoloso, spesso si vive nell'ansia …ma "è incompatibile la pace e la stabilità internazionali e personali con qualsiasi tentativo di costruire sulla paura della reciproca distruzione o sulla minaccia di annientamento totale". La via della pace ha il nome di solidarietà e non di minaccia, ha il nome di cooperazione e non di egoismo, ha il nome di corresponsabilità e non di deresponsabilizzazione.
Tutto ciò è strettamente legato alla visione della vita al modo dei figli: "si tratta di abbandonare il desiderio di dominare gli altri ed imparare a guardarci a vicenda come persone, come figli di Dio, come fratelli. L'altro non va mai richiuso in ciò che ha potuto dire o fare ma va considerato per la promessa che porta in sé". Insomma, una bella sfida!

EDUCAZIONE, FAMIGLIA, VITA
Ci sta a cuore l'educazione dei ragazzi e sappiamo che "l'educazione è cosa del cuore" (S.Giovanni Bosco) ed è elemento fondamentale per la crescita delle famiglie e per coltivare il dono della vita. E così ormai da anni nella nostra diocesi ci si sofferma per riflettere su questo tema così determinante per il futuro. Sarebbe bello trasformare la fobia di sicurezza che ci viene trasmessa continuamente in investimento educativo: è la capacità di educare che permette di guardare con fiducia al futuro. E quindi noi dobbiamo chiederci quali scelte educative stiamo compiendo: dovremmo chiedercelo come comunità … A dire il vero c'è un passo molto bello in questa direzione, anzi due, che sono stati effettuati lo scorso anno. Si tratta della "comunità operosa", insieme di associazioni del territorio della comunità montana che hanno firmato un patto di comunità; e nel nostro territorio una scelta particolare, si tratta del tavolo di confronto sui temi educativi, condotto dalla associazione genitori (Ageva) insieme alle associazioni, alle amministrazioni, alle parrocchie. Sta diventando un luogo in cui crescere nella fiducia reciproca e provare a pensare insieme direzioni significative a favore dei ragazzi che crescono.

ECUMENISMO
La settimana di preghiera per l'unità dei cristiani ci invita a immaginare una chiesa capace di dialogo pur nelle diverse confessioni. Non ci capita molto, abituati ad essere chiesa "di maggioranza" nelle nostre terre. Ma a dire il vero proprio qui da noi non possiamo non tenere conto della responsabilità che abbiamo. In territorio di confine ci ritroviamo a godere della presenza di diverse confessioni cristiane: ortodossi, valdesi e altri. Forse questo tempo potrebbe essere occasione per conoscersi maggiormente e scoprire la bellezza di essere tutti insieme discepoli-missionari, appassionati del Signore Gesù.

Come vedete di carne al fuoco ce n'è molta … anche se a dire il vero il nostro Arcivescovo ci ha invitato a vivere questo mese di gennaio come "un tempo propizio per proporre qualche settimana in cui non si fa niente e si prova a dedicare qualche tempo a letture costruttive, ad aggiornamenti su temi di attualità, ad approfondimenti a partire dalla propria sensibilità". Vedremo un po' come coniugare tutto quanto …

don Luca


BETLEMME...CASA DEL PANE (dicembre 2019)

Ci avviciniamo al Natale tra una corsa e l’altra, tra impegni, feste e cene a cui partecipare, tra doni da fare e da ricevere. Arriviamo sempre con il fiato corto e spesso fatichiamo a ritrovare il senso profondo di questa festa cristiana che ci consegna fra mano il Figlio di Dio. E noi sappiamo bene, per esperienza, che noi non mettiamo i nostri figli nelle mani di chiunque! Invece il Dio dei cristiani fa di tutto per avvicinarsi a noi e volentieri si mette nelle nostre mani, desidera farsi nutrimento per le nostre vite: qui sta il mistero dell’incarnazione. Mi lascio accompagnare da alcuni spunti che ci sono stati regalatida Papa Francesco, proprio in occasione del Natale …

“Betlemme, casa del pane: in questa casa il Signore dà appuntamento all’umanità. Egli sa che abbiamo bisogno di cibo per vivere. Ma sa anche che i nutrimenti del mondo non saziano il cuore. Avere, riempirsi di cose pare a tanti il senso della vita. Un’insaziabile ingordigia attraversa la storia umana, fino ai paradossi di oggi, quando pochi banchettano lautamente e troppi non hanno pane per vivere”.

Forse ritroviamo qui un primo tocco di stile per avvicinarci al Natale: ha a che fare con il NUTRIMENTO. E’ lo stile di chi si interroga a proposito di ciò che nutre il proprio cuore e il cuore degli altri …pensate che bello poter fare regali semplici, preparati da noi, per quanto possibile, e pensati proprio in riferimento all’altra persona perché possa nutrire il cuore. Se ci prendessimo un pochino di tempo per scrivere biglietti con pensieri non in serie ma capaci di condividere la vita … Il Signore viene a condividere la vita con noi perché noi impariamo a fare altrettanto nella vicenda della nostra esistenza.

“Il Signore sa che abbiamo bisogno ogni giorno di nutrirci. Perciò si è offerto a noi ogni giorno della sua vita, dalla mangiatoia di Betlemme al cenacolo di Gerusalemme. E oggi ancora sull’altare si fa Pane spezzato per noi: bussa alla nostra porta per entrare e cenare con noi. A Natale riceviamo in terra Gesù, Pane del cielo: è un cibo che non scade mai, ma ci fa assaporare già ora la vita eterna”.

Ecco un secondo tocco: ha a che fare con la VITA ETERNA. Ma cosa ci manca per assaporare già ora la vita eterna? Spesso fuggiamo e per stare in piedi ci diciamo che domani forse sarà meglio. E così ci accontentiamo di tirare avanti. Ma il Signore Gesù è venuto a condividere con noi la vita stessa di Dio, a dirci con tenerezza e con insistenza che lui è sempre con noi, ogni giorno della nostra vita. L’eterno si è fatto vicino per soffiare il suo Spirito dentro le nostre giornate: non aspettare domani ad amare! Oggi, ora, in questa situazione, con te Signore, nutrendomi di me, posso amare: lì sta la vita eterna, lì sta la vita di Dio!

“A Betlemme, accanto a Gesù, vediamo gente che ha camminato, come Maria, Giuseppe e i pastori. Gesù è il Pane del cammino. Non gradisce digestioni pigre, lunghe e sedentarie, ma chiede di alzarsi svelti da tavola per servire, come pani spezzati per gli altri. Chiediamoci: a Natale spezzo il mio pane con chi ne è privo?”

Il terzo tocco ha a che fare con il METTERSI IN MOVIMENTO. Spezzare il pane con chi ne è privo chiede di non dimenticarsi dei poveri, nel giorno di Natale,affinchè lo si possa fare normalmente nella vita. Ma nelle nostre case ricche forse non c’è spazio per chi è più povero, vive un tempo di disagio, di difficoltà. Perché nei giorni del Natale non ci sporgiamo ad invitare a casa nostra qualche ragazzo dell’asilo Mariuccia, qualche famiglia che la caritas assiste, qualcuno che ha perso il lavoro …certo non basta Natale ma potrebbe essere un buon inizio!

Dunque … di che cosa ci nutriamo, ama ora, apri la porta … da Betlemme alla Valtravaglia, la casa del pane potrebbe essere la nostra: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

Buon Natale.

Don Luca e don Gabriele



AVVENTO, TEMPO DELLA SPERANZA (novembre 2019)

Tutti sappiamo che “avvento” vuol dire “venuta”, ci prepara alla venuta di Gesù Cristo, talmente importante per noi credenti poiché è l’orientamento della nostra vita, ma importante anche per tutta la storia e per l’intera società, a tal punto che la storia si divide tra prima di Cristo (a.C.) e dopo Cristo (d.C.); l’anno 0 coincide con la nascita di Cristo (più o meno perché i conteggi attuali danno la nascita attorno al 6 d.C.).
Comunque seguendo i conteggi antichi siamo nel 2019 dalla nascita di Cristo.
L’Avvento segna anche il nuovo anno liturgico: entriamo nel 2020. Ci sembrava così strano e misterioso entrare nel fatidico anno 2000 e siamo già a 20 anni da quella speciale ricorrenza!
Il tempo, questo misterioso passato, presente e futuro, ci sorpassa sempre e ci fa avvicinare alla nuova venuta di Cristo, quella personale e quella universale. Tutto ha un termine, non c’è nulla di eterno se non Dio.
Ecco perché nelle prime domeniche di Avvento la liturgia richiama le fine delle cose, i quattro “novissimi”, cioè le ultime realtà (morte, giudizio, inferno, paradiso). Guardiamo avanti, tutto passa, tutto diventa non-necessario, incerto: l’unica cosa certa restano proprio i “novissimi”.
Il grande tema della speranza, una delle tre virtù “teologali” (fede, speranza, carità), quelle che riguardano Dio, è il filo rosso che guida le nostre riflessioni. Ci sono anche le quattro virtù “cardinali”, cioè sono il “cardine” della vita quotidiana, che riguardano noi stessi nelle scelte di ogni giorno (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica così parla della speranza:

1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il regno dei cieli e la vita eterna come nostra felicità, riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello Spirito Santo. « Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso » (Eb 10,23). Lo Spirito è stato « effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna» (Tt 3,6-7).

1818 La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità.

1819 La speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio. « Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli » (Rm 4,18).

1820 La speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell'annuncio delle beatitudini. Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù. Ma per i meriti di Gesù Cristo e della sua passione, Dio ci custodisce nella speranza che « non delude » (Rm 5,5). La speranza è l'« àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra [...] » là « dove Gesù è entrato per noi come precursore » (Eb 6,19-20). È altresì un'arma che ci protegge nel combattimento della salvezza: « Dobbiamo essere [...] rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elmo la speranza della salvezza » (1 Ts 5,8). Essa ci procura la gioia anche nella prova: « Lieti nella speranza, forti nella tribolazione » (Rm 12,12). Si esprime e si alimenta nella preghiera, in modo particolarissimo nella preghiera del Signore, sintesi di tutto ciò che la speranza ci fa desiderare.

1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano e fanno la sua volontà. In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare sino alla fine e ottenere la gioia del cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo. Nella speranza la Chiesa prega che « tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4).
Essa anela ad essere unita a Cristo, suo Sposo, nella gloria del cielo:
« Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l'ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l'amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un'estasi che mai potranno aver fine ».

Vivere la speranza non vuol dire che non sappiamo cosa ci aspetta, ma è l’essere certi che tutto diventa volontà di Dio (“sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra”) e che in mezzo a tutto quello che può succedere siamo nelle mani di Dio, in buone mani, anche nella sofferenza e nella prova. Siamo comunque nelle mani di Dio. Questa è la certezza che genera la speranza.
Si racconta di un uomo che camminava con Dio nel deserto e vedeva 4 orme dei piedi nella sabbia, i suoi e quelli di Dio. Ma si accorge che nei momenti di difficoltà le orme diventavano 2.
Allora si rivolge a Dio dicendo:”Perché nei momenti difficili mi hai abbandonato?”. Rispose Dio:”Non ti ho abbandonato: semplicemente ti portavo in braccio”.
La fiducia in Dio diventa la nostra speranza.

Poi tutto si completerà nel Natale del Signore, festa di intimità, di affetto, sentimentalmente è la più bella dell’anno. Senza tralasciare il fatto culminante della Pasqua, perché il Natale ci dà già segni pasquali. Ci ricordiamo che all’Epifania si dà ufficialmente la data della Pasqua e i pittori nelle Madonne con Gesù Bambino danno al Bambino segnali di rosso pasquale (il corallo, il pettirosso, il melograno, la croce, …).Approfittiamo questo mese di novembre di vivere il valore della speranza: dai Santi, ai Morti, a Cristo re, alle letture dell’Avvento.
Sarà un buon accompagnamento nelle nostre giornate.

Don Gabriele


IMMAGINARE LA CHIESA (ottobre 2019)

Il rinnovo dei Consigli pastorali
e il desiderio di costruire insieme la Chiesa

E’ tempo di rinnovi nel cammino della nostra chiesa ambrosiana. Ci riferiamo al rinnovo dei consigli pastorali e degli affari economici che l’Arcivescovo ha invitato a compiere in questi mesi conclusivi del 2019.
Nel testo consegnato ai parroci prima dell’estate si dice:
“Rinnoveremo questi consigli per gli anni 2019-2023 e lo faremo non con la rassegnazione di una chiesa in decadenza ma animati dalla gioia di percorrere una nuova tappa evangelizzatrice nella vita della nostra diocesi. Camminiamo insieme custodendo il dono della comunione e la coscienza della corresponsabilità”.
Venivano poi indicati alcuni tratti da non perdere di vista provenienti dal discorso dell’Arcivescovo in riferimento al sinodo minore “Chiesa dalle genti”. Si tratta della capacità di dimorare nello stupore, di sentirsi a proprio agio nella storia, di essere parte di quel forte grido che viene dai più poveri e infine di celebrare una comunione segno di unità nella pluriformità.
Dentro questa cornice abbiamo provato a confrontarci tra preti del decanato e abbiamo desiderato immaginare la chiesa in questa porzione di mondo che è il luogo dove viviamo. E’ sorto in noi il desiderio non solo di rinnovare i consigli, pur sapendo che è operazione faticosa quella della partecipazione e della corresponsabilità, ma di aiutarci a rileggere il nostro modo di vivere la chiesa per sognare nuove vie. E così vorremmo proporre un cammino insieme a coloro che sono attualmente nei consigli e a coloro che ne faranno parte prossimamente, per immaginare la chiesa del futuro nelle nostre terre. Ci accompagnerà il vicario per l’evangelizzazione don Mario Antonelli a cui abbiamo chiesto di aiutarci a trovare le coordinate della chiesa che il concilio ci ha consegnato e che Papa Francesco sta rilanciando fortemente a partire dalla sua lettera programmatica “Evangelii gaudium". Si tratta di aver ben presenti i tratti indicati dall’Arcivescovo e di lavorare insieme preti e laici per costruire la chiesa: l’obiettivo sarà di ascoltare una parola autorevole, di confrontarci a piccoli gruppi, di arrivare a scrivere una lettera all’Arcivescovo per raccontargli come ci immaginiamo la chiesa nei nostri territori di confine, consapevoli che la realtà si vede meglio dalle periferie che dal centro! Non sappiamo quale sarà l’esito ma sappiamo che chi ci starà a dare il suo contributo potrà fare un’esperienza di chiesa significativa: il processo ancora una volta sarà più significativo dei risultati! Detto questo speriamo di poter portare a casa anche il risultato e quindi di poter iniziare un sentiero nuovo, con il vangelo nel cuore e la missione nelle gambe. Ma soprattutto con la capacità di crescere nella comunione con il Signore Gesù e con i fratelli che ci sono affidati in questa porzione di Chiesa e di mondo.
Se vuoi partecipare a questa avventura, pur non essendo parte dei consigli pastorali o affari economici, sentiti invitato. Trovi qui le date, i temi e i luoghi. In ogni caso per chi non potesse partecipare e fosse interessato troveremo il modo di condividere quanto emergerà nell’ascolto e nella condivisione.


DALLA VITALITA' ALLA VIVACITA' (settembre 2019)

Siamo ormai in dirittura d’arrivo con il tempo estivo e ci aspetta il tempo della ripresa (…di solito faticosa ripresa!). Ma prima di slanciarci nella programmazione di un nuovo anno, nelle attività possibili per soddisfare le esigenze dei figli e gli orari dei genitori, gli allenamenti, la musica e poi il catechismo e l’oratorio … Ecco prima di tutto ciò forse sarà bello e importante soffermarsi un pochino su ciò che abbiamo vissuto per non perderne il gusto e per rilanciare proprio nel tempo che sta per venire.
L’immagine che porto negli occhi e nel cuore pensando a questa estate è quella della barriera corallina australiana per la sorpresa della sua spettacolare vitalità: è certamente unica ma a dire il vero mi permette di rileggere non solo l’esperienza australiana ma l’estate intera.
Infatti penso alla vitalità che in questi mesi si è respirata nelle nostre terre.
Rivedo i ragazzi, gli animatori e i genitori che hanno vissuto con intensità l’oratorio estivo: quanta dedizione, quanta fantasia, quanti sorrisi! E’ stata proprio una bella storia!
Rivedo la preghiera e il ritrovarsi fra amici nuovi e di un tempo dentro le feste patronali: quanta fede, quanto desiderio di reinterpretare le tradizioni, quanti volti espressione di gioia per il dono della fraternità! E’ la nostra storia!

Rivedo i campi con i ragazzi delle medie, gli adolescenti, alcuni giovani che hanno vissuto l’esperienza di decanato in terra santa, il campo di volontariato con l’Azione Cattolica: quanti racconti, quanta condivisione, quanta semplicità disarmante …non lo diresti delle nuove generazioni! E’ una storia che si proietta nel futuro.
E poi penso al brulicare di vitalità anche dentro l’arrivo di molti turisti o forse molti che più che turisti sono nostri concittadini perché da tempo affezionati alle nostre terre: ogni volta che tornano, per alcuni addirittura da generazioni, esprimono con la loro presenza l’apprezzamento per questi luoghi veramente speciali. E questo ci fa bene, ci permette di ricordarci che viviamo in un posto splendido. Anche questo è stata occasione di vitalità!
E ora con tutto questo carico, ricolmi di gratitudine guardiamo a questo nuovo anno scolastico, lavorativo, pastorale che inizia.

Non sappiamo ancora come sarà ma una cosa vorrei augurarla a tutti noi: che dalla vitalità raccolta durante il tempo estivo possa scaturire la vivacità di una comunità che ha negli occhi la bellezza, nelle gambe il desiderio di camminare, nelle orecchie la capacità di ascoltare i bisogni, nel naso il fiuto della fraternità e nelle mani la capacità di accarezzare! E allora gambe in spalla con slancio per nuove imprese!


ESTATE, TEMPO DI PONTI E DI INCONTRI (agosto 2019)

Eccoci giunti nel pieno dell'estate. Un'estate caratterizzata dalla bella storia che è stata l'esperienza dell'oratorio estivo, dal campo con i ragazzi delle medie al Cuvignone, dalle molte feste patronali nei nostri paesi. Ecco, dentro questa bella possibilità di incontri, questa estate è caratterizzata da un incontro speciale e atteso da molti: il rientro di don Hervè ci ha fatto bene, ci ha allargato lo sguardo, ci ha fatto sognare di tirare ulteriori ponti con Haiti. Grazie don Hervè per la tua testimonianza, per il tuo entusiasmo e per aver condiviso con noi un pezzetto di strada che stai percorrendo (alla velocità di 10 km orari! Così ci hai detto!). Lascio la parola a te con due piccoli appunti che l'altro giorno abbiamo espresso insieme con i ragazzi in oratorio: sarebbe bello poter consegnare ad ogni famiglia un salvadanaio perché ognuno si senta un po’ responsabile di questa tua e nostra missione. E poi sarebbe bello che due giovani ogni anno possano venire a condividere con te un tempo in cui respirare l'aria della missione: è una occasione per crescere nella passione per il vangelo e per essere anche noi missione nelle nostre terre. Grazie e a te la parola!

Don Luca

“Guardare lontano con tutti voi”


Mi ha molto aiutato a vivere con voi questi bei giorni di vacanza, prima dell’ormai prossimo rientro ad Haiti, lo slogan che ha guidato, nella Comunità pastorale, la vita dell’Oratorio: “Una bella storia”. Come sapete meglio di me la motivazione suscitata da questo slogan era quella di conoscere e riscoprire la gioia di “camminare” con Gesù e con i Santi per vivere con felicità e gusto il tempo dell’oratorio estivo così da rilanciarsi in amicizie più belle e durature. Devo dire che è proprio così anche per me nella mia vita ad Haiti e più precisamente nella mia parrocchia dedicata alla Santa Croce a Ka Philippe. Si! “Una bella storia” il dono della condivisione che sto imparando a vivere a Ka Philippe. Improvvisamente immerso in una “vita quotidiana “tanto diversa”, ma a tu per tu con quelle donne, uomini, ragazzi e bambini mi ha profondamente coinvolto oltre ogni mia aspettativa. Prima di tutto per la riscoperta di “un di più” che questa bella storia haitiana metteva prepotentemente nel mio cammino di uomo e di prete ambrosiano. La grande novità di vita culturale, sociale e di possibilità di condivisione con sorelle e fratelli tanto poveri, mi ha come abbracciato sentendone subito, per grazia, il valore di un “nuovo orizzonte” che rinnovava il mio “guardare lontano” grazie a quei “nuovi” fratelli e sorelle. Questo nuovo vivere, ricco e intenso, mi domandava anche la necessaria “fatica” dell’accoglienza di tanta diversità e più in particolare di tanta povertà che mi ha aiutato a rinnovare il mio stile di vita. E non solo questo, ma soprattutto ad imparare come il “povero” sa accogliere facendo “posto” con disponibilità alla mia presenza. Già le precedenti esperienze, sia in terra ambrosiana che in terra africana, mi avevano tanto aiutato nel cammino del lasciarmi accogliere e dell’accogliere proprio grazie alla mia convinta consapevolezza della dignità e della corresponsabilità dell’altro con cui mi era dato di “camminare insieme”. Ma ora, con una certa età sulle spalle e quindi abitudini e limiti più evidenti, gustavo con gioia questa “bella storia” che mi apriva, come dicevo, nuovi orizzonti di vita bella e tanto semplice al punto di restarne, in un primo tempo, anche affaticato, ma gioioso del “guardare lontano” che mi era un’altra volta offerto. Molti di voi però hanno capito questo mio cercare di “guardare ancora lontano” e me l’esprimevano con frasi del tipo: “ma come sei dimagrato, ma stai bene, va tutto bene?”. La risposta a queste fraterne attenzioni non è difficile da dare e nello stesso da comprendere perché mi è successo quello che accade anche ad un “atleta” quando deve riprendere il “peso forma”. Così nelle relazioni vere ho dovuto rinnovare il mio modo di mangiare, di parlare, di vivere perché potessi riprendere quel peso forma spirituale che mi permetteva di offrire e ricevere l’accoglienza e la corresponsabilità. E in questo appassionante guardare lontano è facile quindi comprendere che tutta la persona, spirito e corpo, è chiamata a trovare il suo “peso forma”. Ora sono pronto a ripartire dopo queste belle vacanze che mi hanno ristorato con le tante e belle amicizie ricche di aiuti umani e di solidarietà. Vi ho sentito tanto vicini in questo mio e nostro guardare lontano da poter prendere a prestito, per salutarvi tutti, il bello slogan che già citavo: anche la nostra è una bella storia.
Ciao con affetto e se il buon Dio vuole arrivederci fra un anno, don Hervé


FESTE PATRONALI (luglio 2019)

Cari parrocchiani,

è tempo di feste patronali! Nella nostra comunità, in tre parrocchie, il tempo estivo è accompagnato della memoria dei patroni. Di cosa si tratta?
Abbiamo a che fare con la Tradizione, quella con la “T” maiuscola, quella che riguarda i santi e la Madre di Dio e contemporaneamente la bella storia che il Signore ha saputo costruire con gli uomini e le donne che in queste terra ci hanno preceduto nella fede e ci hanno consegnato l’amore per il Signore Gesù.
E così l’esempio dei santi Pietro e Paolo e quello di Maria ci invitano a camminare con i piedi ben ancorati a terra e con la testa, lo sguardo, il cuore fortemente attratti dal cielo.
Proprio pochi giorni fa con i ragazzi dell’oratorio estivo siamo andati ad incontrare il nostro arcivescovo Mario Delpini che ci ha ricordato che la terra è piena della gloria di Dio: così la festa patronale ci ricolloca dentro il cammino di santità di un popolo e ci ridona nuovo slancio perché ci è chiesto di scovare gli angoli di gloria di Dio già presenti in questa terra e di contribuire a farne emergere di nuovi. Proprio per questo ci piace ricordare il suggerimento di Papa Francesco: “Gesù ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di una esistenza mediocre, annacquata, inconsistente”. Ed inoltre, possiamo camminare in questa direzione perché “siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio” (Gaudete et exultate).
Pur sapendo che il tempo che attraversiamo è complicato, soprattutto in riferimento ai problemi che sembrano emergere dal mondo del lavoro proprio nelle nostre terre, l’augurio è di poter ridare un tono alla nostra vita spirituale e di non dimenticarci di chi si trova in un tempo di crisi e magari vive nella casa di fianco alla nostra. L’esempio e la protezione dei santi e di Maria ci conducano a scelte coraggiose di fraternità e di attenzione reciproca.
Buona festa! Don Luca e don Gabriele


MATURITA' CRISTIANA (giugno 2019)

Alla fine dell’anno scolastico si tirano le somme di come i ragazzi sono maturati.
Anche le nostre parrocchie sono state caratterizzate dall’amministrazione del sacramento della Cresima, definito il sacramento della maturità cristiana. Tiriamo le somme.
Effettivamente con la S. Cresima termina l’inizio della fede e della responsabilità ecclesiale, la “iniziazione cristiana”, e comincia il tempo della fede “matura”. Quindi è il tempo di vivere la fede e la responsabilità ecclesiale. Sarebbe un guaio se ci si preparasse con quattro anni di catechismo, magari con sacrificio, e poi lasciar perdere tutto il cammino iniziato.
Eppure si ha l’impressine che si chiama il Vescovo per licenziare nel nulla tutto ciò che è stato fatto con impegno e abnegazione da parte della comunità cristiana verso questi 28 ragazzi.
Ma perché si chiama il Vescovo? Non basta il parroco che conosce meglio i suoi ragazzi?
Non può esistere un cristiano che non abbia riferimento al Vescovo, il successore degli apostoli, colui che garantisce la verità della fede, il testimone autorevole. Ebbene nella S. Cresima è il Vescovo che conosce i suoi, rappresenta Gesù che conferma nella fede i suoi discepoli, è il riferimento più significativo per vivere la fede in Cristo nel nostro tempo, in questa società, attualizza la presenza di Gesù in questo momento storico.
Al termine dell’iniziazione cristiana il Vescovo si fa presente.
Quindi dovrebbe essere Mons. Mario Delpini colui che amministra le Cresime: però la nostra Diocesi è la più grande del mondo (circa 5.000.000 di battezzati) e non potendo materialmente essere presente, delega altri vescovi o incaricati che però amministrano la Cresima a suo nome.
Poi li raduna tutti a S. Siro a Milano almeno per una fugace parola e per un simbolico incontro.
E i genitori e i parenti sono tutti preoccupati per le esteriorità, di fare bella figura, di riempire i vuoti con regali inutili, a volte disorientanti: non si sa più cosa regalare e allora si va sulla tecnologia, sempre più aggiornata. Ma perché non offrire al cresimato la Bibbia, un libretto di preghiera, di meditazione spirituale, un segno significativo del sacramento che faccia ricordare; potrebbe dare un senso reale alla grazia dello Spirito ricevuto. Altrimenti quando si chiede a un ragazzo che cosa ha vissuto nella Cresima, la risposta diventa: i regali, i soldi, il cellulare … ma qui siamo andati da tutt’altra parte, non era questo quello a cui ci si è preparati, l’impressione del fallimento.
E che dire dei padrini/madrine? Preoccupati di mantenere equilibri familiari, vengono scelte persone incoscienti del compito assegnato e assolutamente incapaci di autentiche relazioni spirituali.
La Chiesa, cosciente del grave e difficile impegno della educazione cristiana, sa che i genitori non bastano nell’entrata del figlio nel momento problematico dell’adolescenza. Quindi chiede un’altra persona che accompagni con maturità e competenza il ragazzo attraverso le prime esperienze di vita personale e sociale. Ebbene: ha un valore e un compito educativo.
Ma come può far crescere cristianamente un/a ragazzo/a se il padrino/madrina non partecipa alla Messa domenicale, non conosce il catechismo, abita lontano e non è mai reperibile, non è in completa comunione con la Chiesa (divorziato, risposato, convivente), magari si pone in contrapposizione con la stessa dottrina ecclesiale?
Quanti problemi! Forse non si potrà risolverli tutti. Però la prospettiva per ottenere dei buoni risultati è questa. Poi si fa quel che si può. Certo è che se cerchiamo di investire bene possiamo sperare in qualche buon risultato, se si è superficiali e disattenti poniamo le basi per vite sgangherate.
Se si vuole un bel fiore si costruisce una serra, si dà acqua a tempo opportuno, si difende dai parassiti. Allora speriamo di ottenere qualcosa di bello. … Altrimenti nell’abbandono crescono i rovi …

Don Gabriele


DALLA PASQUA, UOMINI E DONNE DI SPERANZA (maggio 2019)

Vi riconsegno i pensieri della notte di Pasqua: è un grazie a tutti voi e soprattutto a coloro che ci sono stati a camminare insieme attraverso il canto, il servizio all’altare, la preparazione delle celebrazioni e delle chiese. Ognuno ha fatto il suo pezzetto per l’utilità comune. E’ già un segno della Pasqua. Con il risorto camminiamo insieme a partire da questo tempo di Pasqua, un unico giorno fino a Pentecoste: è la vita che si diffonde, la gioia che cresce, la speranza che prende piede!

In questa veglia ricca di simboli mi piacerebbe raccogliere tre coordinate per navigare da risorti nel mare che è la vicenda personale e comunitaria di ognuno di noi. La storia, il grido, la speranza. La storia di salvezza, il grido di gioia, la speranza che genera.

LA STORIA DELLA SALVEZZA
La prima stella che brilla in questa notte si chiama storia della salvezza. E’ affascinante pensare che Dio da tempo immemore intessa una storia per noi e con noi. Ed è una storia di salvezza, una storia in cui Dio vuole salvarci da tutte quelle morse mortali che vogliono impossessarsi della nostra vita. E’ da tempo immemore che Dio si prodiga in tutti i modi per dirci che vuole avere una storia con noi. E così “in principio Dio creò il cielo e la terra”: è per te! Perché tu possa essere una benedizione! Ma poi ad Abramo dice con tutto l’affetto del mondo che non è fatto per uccidere ma per generare vita: “Abramo, Abramo” la mia storia con te è una storia che genera vita. E con Mosè e il popolo di Israele questa storia assume i lineamenti della libertà: “voglio cantare in onore di Dio perché ha mirabilmente trionfato”. E’ una storia in cui non puoi non accorgerti, sulla tua pelle, che alcuni passaggi della vita non sono semplicemente merito tuo. Ma poi il profeta ci suggerisce che è una storia ricca di parole , anzi della Parola di Dio che come la pioggia e la neve fa germogliare e no ritorna senza aver portato effetto … E’ l’invito ad essere docili proprio come dentro una storia d’amore in cui la docilità si tramuta in fiducia che cresce passo passo. Ecco è questa bella storia che abita il cuore di Dio; è questa bella storia che Dio ha a cuore di costruire anzi, fin dalll’origine dell’uomo. E noi? Noi siamo dentro questa bella storia che Dio desidera costruire per noi e con noi.

IL GRIDO DI GIOIA
C’è una seconda stella che ci da la direzione: è la vittoria sulla morte, il grido in atteso (o forse atteso da sempre), un grido che squarcia la notte e da il via a un’alba nuova! Nella veglia di questa notte c’è stato un annuncio, un grido nella notte, un grido capace di sconfiggere la notte. E’ il grido di gioia di chi ha scoperto che c’è qualcosa, o meglio Qualcuno, che ha il potere di sconfiggere la morte. E’ proprio vero, pur dentro quella bella storia di cui abbiamo parlato, noi ci scontriamo violentemente con la morte. Tu Signore Gesù risorto, questa notte ci hai detto e ci hai mostrato che la morte è vinta, che tutto ciò che arreca morte alla nostra vita e alla vita del mondo, è sconfitto dalla potenza del tuo amore. Non è vero che siamo fatti per morire, che veniamo al mondo per morire: tu ci hai mostrato che veniamo al mondo per allenarci a vivere per sempre! Ma nessuno lo dice che questa notte tu ci hai riconsegnato tra mano la scoperta più straordinaria della storia: la morte non è più l’ultima parola! E noi ingrati, o forse semplicemente ancora increduli, a cercare tutti i modi per allungare la vita, tutto ciò che è in grado di sconfiggere la morte. Un cristiano non solo ha scoperto che la creazione è per lui, è il dono che Dio ha fatto proprio a lui ma porta con sé quel grido di vita nuova: “sei fatto per l’eternità!” … niente di meno!
E’ la nuova creazione. E’ la vittoria sulla morte, su ciò che fa morire o su una vita da morti perché spesa a correre dietro a
ciò che sfama ma non sazia
ciò che distoglie dalla sete ma non disseta
ciò che riempie ma che non rende pieni
Quel grido che squarcia la notte ha il potere di aprire un’alba nuova …è già iniziata e a noi, questa sera, è data la grazia di saperlo, la fortuna di ricevere questo annuncio e contemporaneamente la possibilità di scegliere se restare nel buio della notte o nella luce che progressivamente illumina.

LA SPERANZA CHE GENERA
E infine la terza stella si chiama speranza: è speranza che genera! Il mondo di oggi più che mai ha bisogno di uomini e donne di speranza perché è
disperato! E chi se non noi, deve essere uomo o donna di speranza. E’ questo ciò che stanotte ci è consegnato come dono e come compito: il mondo è pieno di gente scontenta, affaticata, arrabbiata! Tu sei al mondo per dire con tutte le tue forze che Gesù è risorto e che questo è il tuo più grande motivo di speranza! Insomma tu non sei disperato ma sei ricolmo di speranza da far respirare, toccare, gustare a tutti coloro che tu incontrerai. Gli uomini e le donne della Pasqua sono uomini e donne di speranza e chi li incontra ne rimane contagiato, non può fare a meno di chiedersi cosa hanno di speciale, da dove viene la marcia in più che li abita. E’ il risorto che abita i loro cuori e non c’è più posto per la desolazione, la disperazione, la morte! E così diventano capaci di lottare, di resistere, di sognare, di sperare. Diventano capaci di porre segni divini nella vita degli uomini: per questo siamo al mondo, per lasciare il segno della Pasqua: è il passaggio di Gesù che ci fa passare dalla morte alla vita. Papa Francesco ci direbbe che essere uomini e donne della pasqua significa “essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva. Non lasciamoci rubare la speranza” (E.G. 86)
E allora vi propongo due gesti concreti:
Il lumino fuori dalla finestra questa notte …gli altri non sapranno bene il perché ma noi si!
Un appartamento per Andrea, ragazzo disabile che è tornato a casa dopo più di due anni di ricovero per un aneurisma cerebrale: è “cosa nostra” non semplicemente della sua mamma (che lo ha tenuto in vita grazie alla sua speranza e alla sua tenacia) ma è di tutta questa comunità (tra l’altro, appartamento della parrocchia di Porto a favore di un ragazzo di Castelveccana!). Non è solo un gesto di pietà, ma vuole diventare un gesto della Pasqua perché il dolore, la solitudine,la morte sono vinte tutte le volte che una comunità diventa luogo di speranza. Lo dico in particolare per gli adolescenti e i giovani che ci sono qui perché possano andare a spingere la carrozzina di Andrea …io penso che non sarà solo una risurrezione per Andrea e la sua mamma ma anche per la nostra comunità!

E così vi consegno una cartolina, con un quadro che si trova a Domo e con una frase del Papa: “La comunità che custodisce i piccoli particolari dell’amore, dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e costituiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore, è luogo della presenza del Risorto che va santificando secondo il progetto del Padre (Gaudete et exultate, 144-145). Buona Pasqua!

Don Luca


In cammino con il Signore risorto (aprile 2019)

Il tempo di quaresima ci ha stimolato a camminare sulle orme del Signore Gesù attraverso l’ascolto della Parola di Dio e la voce del magistero di papa Francesco. E’ la gioia del vangelo ciò che muove i passi di una comunità cristiana. E’ la gioia che viene dalla bella notizia dell’amore di Gesù per ogni uomo e ogni donna che ci mette nella condizione di “giocare in attacco”, di muoverci per andare ad incontrare gli altri nei luoghi vitali in cui trascorrono la loro vita. E’ un nuovo sguardo sulla realtà che non dimentica gli ultimi ma che prova a partire proprio da loro per compiere le scelte importanti. E’ la passione per l’uomo e per questo mondo che ci fa dire che il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà supera l’idea e il tutto è superiore ala parte. Proprio attorno a questi principi abbiamo cercato di riflettere e di tracciare qualche linea di cammino per la nostra comunità. Possa essere questo piccolo strumento lo stimolo per compiere grandi passi insieme o meglio, come dice il Papa, possa permetterci di iniziare processi che abbiano il coraggio di farci passare dal dire “abbiamo sempre fatto così” al desiderio di annunciare oggi la bellezza del vangelo.
L’augurio è che la Pasqua possa trasformare il nostro cuore e il cuore della nostra comunità così da “costituirci in stato di permanente missione” per diffondere nel mondo il profumo di Cristo, il vivente che ha il potere di far risorgere la nostra vita, già qui sulla terra!

Don Luca e don Gabriele


Sulla via della Croce verso la Risurrezione (marzo 2019)

Il tempo di quaresima porta con sé la grazia di entrare nella Pasqua di Gesù ovvero nel mistero di una vita totalmente donata. Qualcuno ritiene che la croce sia stato un incidente di percorso per il Signore Gesù. Avrebbe preferito che la vicenda del Maestro volgesse per altre vie. E invece è proprio nella via della croce che arriva al suo epilogo. Noi, gente così disillusa, non ne facciamo più caso ma ancora qualche bambino chiede come mai c’è un signore appeso a una croce (mi è capitato in una celebrazione con i bambini della scuola dell’infanzia!).
E così penso ad alcune considerazioni:
Lo sguardo di Gesù dalla croce: uno sguardo da cui lasciarsi guardare, al di là di ciò che riusciamo a fare noi. E’ lo sguardo di chi fa il tifo per noi e non si stanca di attirarci a sè
L’affetto del credente che si rivolge al crocifisso: è la preghiera accorata, il dialogo orante (un po' come quello di don Camillo!) che sa portare e depositare tutto dinnanzi alla croce di Gesù, consegnandoglielo con la confidenza dei figli e dei fratelli
La compartecipazione alla crocefissione di Gesù: è la consapevolezza che anche noi siamo compartecipi del male del mondo, anche noi non possiamo chiamarci fuori dal crocifiggere Gesù e con lui l’uomo ogni volta che aggiungiamo dei tasselli di male alla vicenda del mondo
Il cuore trafitto di chi ha sostato sotto la croce: molti che hanno avuto il coraggio di sostare sotto la croce se ne sono andati pentiti e hanno cambiato vita … la quaresima diventa così tempo di conversione e di scelte.
Per questo la tradizione della Chiesa porta con sé l’ardire di farci camminare con il Maestro portando ognuno la sua croce per arrivare con lui alla gloria di una vita da risorti perché abitati dalla sua presenza che non viene mai meno.

Ci aiuteranno in questo tempo allora varie proposte:

la PAROLA DI DIO nella sua abbondanza durante la liturgia ma anche nella predicazione di un tempo di esercizi spirituali.

la celebrazione della VIA DELLA CROCE passando per le vie dei nostri paesi per dire che è lì che si dona la vita dentro una quotidianità spesso segnata da pesanti fatiche e contemporaneamente da grandi gesti di solidarietà.

La meditazione della PASSIONE SECONDO MARCO per entrare nei sentimenti di Gesù e dei discepoli

L’amore per la chiesa (è lo stesso amore di Gesù fino all’ultimo respiro!) attraverso la riflessione sulla lettera del Papa “EVANGELII GAUDIUM” che ci consegna la gioia del vangelo e la responsabilità di essere evangelizzatori, contenti di Gesù, nella nostra società

L’attenzione ai GIOVANI riprendendo il riferimento al sinodo sui giovani da poco celebrato e consapevoli che la vita dei giovani spesso ha a che fare con la croce nei suoi vari aspetti

Un TEMPO PER LA RICONCILIAZIONE: per molti forse da anni si è persa la via del confessionale. Forza! Chiedere perdono è un rimettersi in cammino alla sequela del signore Gesù per una vita risorta!

Ci conceda il Signore di vincere le nostre pigrizie, di avere il coraggio di rischiare perché il vangelo possa raggiungere la nostra vita e renderci uomini e donne della Pasqua: di questo la nostra società, che ha perso ogni riferimento alla Gerusalemme celeste, forse necessita …a noi la possibilità di esercitarci! Così, come ci suggerirebbe il nostro arcivescovo, “cresce lungo il cammino il suo vigore”!

Buon cammino di quaresima per una Pasqua di risurrezione!


Sognare e costruire il domani già da oggi insieme (febbraio 2019)

Chi non è mai stato ad una giornata mondiale della gioventù non ha avuto la possibilità di respirare un’aria straordinariamente frizzante e ricca di speranza. Chi ci è stato sa bene che quello è un tempo che ha segnato passi significativi nel suo cammino.
E così abbiamo assistito alla GMG di Panama con i suoi 700000 giovani (ma allora ce ne sono ancora che desiderano seguire Gesù!), con il loro entusiasmo e con la guida sapiente e coinvolgente di papa Francesco.
Sulla scia del sinodo dei vescovi sui giovani il Papa ha rilanciato alcune linee che vengono consegnate anche a noi personalmente e soprattutto alla nostra comunità dove i giovani ci sono ma sembrano un po' nascosti, ci vuole il lanternino per andare a scovarli.

C’è di più
“Il Vangelo ci insegna che il mondo non sarà migliore perché ci saranno meno persone malate, deboli, fragili o anziane di cui occuparsi e neppure perché ci saranno meno peccatori, ma che sarà migliore quando saranno di più le persone che, come questi amici (si riferisce ad alcune testimonianze – ndr), sono disposte e hanno il coraggio di dare alla luce il domani e credere nella forza trasformatrice dell’amore di Dio”. E così, il progresso della società non sarà “solo per arrivare a possedere l’ultimo modello di automobile o acquistare l’ultima tecnologia sul mercato. C'è molto di più che vivere per questo”.
E’ chiaro che questa provocazione venga sul mondo adulto, sulle scelte che mettiamo in atto e che dietro la scusa di una miglior qualità della vita nascondono spesso la ricerca di una certa comodità: il criterio diventa così il confort …ma forse c’è di più …

C’è qualcuno che non è degno di amore?
Non si smentisce lo sguardo di Papa Francesco, che è sguardo di vangelo, nel suo riferimento agli ultimi: chissà se sapremo contagiarci e contagiare i giovani ad uno sguardo che permetta di ragionare così: “Non basta infatti stare tutto il giorno connessi per sentirsi riconosciuti e amati”. Occorre dire sì al Signore. E questo “significa avere il coraggio di abbracciare la vita come viene, con tutta la sua fragilità e piccolezza e molte volte persino con tutte le sue contraddizioni e mancanze di senso. Abbracciare la vita - prosegue Francesco - si manifesta anche quando diamo il benvenuto a tutto ciò che non è perfetto, puro o distillato, ma non per questo è meno degno di amore. Forse che qualcuno per il fatto di essere disabile o fragile non è degno d’amore? Qualcuno per il fatto di essere straniero, di avere sbagliato, di essere malato o in una prigione non è degno d’amore?

Così fece Gesù: abbracciò il lebbroso, il cieco e il paralitico, abbracciò il fariseo e il peccatore. Abbracciò il ladro sulla croce e abbracciò e perdonò persino quelli che lo stavano mettendo in croce”. Così i giovani devono imparare ad abbracciare la vita e scoprire di essere fatti per un di più.

Giovane non è sinonimo di “sala d’attesa”: siete l’adesso di Dio!
"Come se essere giovani - ha aggiunto - fosse sinonimo di “sala d’attesa” per chi aspetta il turno della propria ora. E nel “frattanto” di quell’ora, inventiamo per voi o voi stessi inventate un futuro igienicamente ben impacchettato e senza conseguenze, ben costruito e garantito con tutto ben assicurato: è la finzione della gioia. Così “vi tranquillizziamo e vi addormentiamo perché non facciate rumore, perché non facciate domande a voi stessi e agli altri, perché non mettiate in discussione voi stessi e gli altri; e in questo “frattanto” i vostri sogni perdono quota, cominciano ad addormentarsi e diventano illusioni rasoterra, piccole e tristi solo perché consideriamo o considerate che non è ancora il vostro adesso; che siete troppo giovani per coinvolgervi nel sognare e costruire il domani".
Non può e non deve essere così, ha detto il Papa. "Uno dei frutti del recente Sinodo è stata la ricchezza di poterci incontrare e, soprattutto, ascoltare. La ricchezza dell’ascolto tra generazioni, la ricchezza dello scambio e il valore di riconoscere che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che dobbiamo sforzarci di favorire canali e spazi in cui coinvolgerci nel sognare e costruire il domani già da oggi. Bisogna farlo insieme.
Uno spazio che non si regala né lo vinciamo alla lotteria, ma uno spazio per cui anche voi dovete combattere. Perché voi, cari giovani, non siete il futuro, ma l’adesso di Dio. Lui vi convoca e vi chiama nelle vostre comunità e città ad andare in cerca dei nonni, degli adulti; ad alzarvi in piedi e insieme a loro prendere la parola e realizzare il sogno con cui il Signore vi ha sognato".
Una bella provocazione! Ma è una provocazione per noi. E’ tempo di rimetterci sulle strade dei giovani perché loro possano rimettersi sulle strade del vangelo e della chiesa, non perché dobbiamo essere in tanti ma perché c’è un di più di amore che chiede di poter essere vissuto: così si manifesta l’adesso di Dio!

Ed ora appuntamento al 2022 a Lisbona: ci andiamo?


UN ANNO DI SPERANZE ... (gennaio 2019)

Diamo il benvenuto a don Gabriele Crenna che arriva definitivamente tra noi. Dopo le operazioni affrontate e un pò di tempo di convalescenza ora a tutti gli effetti sarà con noi abitando a Domo e alternandosi con don Luca nelle varie necessità di tutta la comunità di Castelveccana, Domo, Nasca e Porto. Lo ringraziamo e lo affidiamo a Maria perché possa accompagnarlo in questo nuovo tratto del suo ministero sacerdotale tra noi. Benvenuto!

don Luca

Iniziamo il nuovo anno con tante speranze, soprattutto che sia più positivo di quelli trascorsi. E in parte lo sarà, però si compirà un altro passo nell’esistenza: auguriamoci che sia una maturazione nella fede e nella carità perché il tempo ci avvicina all’incontro definitivo con Dio, nel quale peseranno le buone opere, la fede coerente, la speranza certa.
Ogni periodo di storia ha le sue caratteristiche: un predicatore affermava che è dal tempo di Adamo ed Eva che si dice “Non si può più andare avanti così!”. Eppure un fondo di concretezza questa primordiale definizione ce l’ha.
Non si può più andare avanti come gli anni scorsi: troppo è cambiato, noi anziani ci sentiamo fuori dalla storia e dalla società (se non si sa usare il computer si ha difficoltà anche per la pensione) la disgregazione del giorno di festa, valori dissolti senza neanche fare la guerra, … Da quando sono diventato prete ad oggi non mi ritrovo più - che dire ai genitori di oggi? Come farsi ascoltare dalle nuove generazioni? Dove saranno mai la formazione, la direzione spirituale, la confessione, …? – Mi ha fatto tenerezza un papà di famiglia cresciuto nell’oratorio dove ero io trent’anni fa che, telefonandomi per gli auguri, mi ha detto che è andato a tirar fuori gli appunti delle mie catechesi sulla confessione perché non sa più cosa dire a suo figlio.
Ma dov’è l’insegnamento della fede? E i catechisti? Dopo 4 anni di catechesi ai bambini cosa sanno dire su Dio, Gesù Cristo, …?
Oggi la religione non ha più interesse.
In una piccola inchiesta che avevo fatto con i giovani di dare una scala di valori da 1 a 10 temi (amore, famiglia, divertimento, … religione), ebbene la religione era al 9° posto (proprio per non deludermi!).
Quindi in una certo senso non si può più andare avanti così.
Siamo chiamati a vivere in unità pastorale, siamo chiamati a collaborare con altri (e questo costa fatica e risentimenti), siamo chiamati alla fedeltà ai valori pur non vedendoli condivisi, siamo chiamati a riadattarci agli orari delle celebrazioni, quasi impossibile avere un sacerdote per riferimento, …
Non eravamo abituati così! Eppure il Signore ci ha messo in questo mare e dobbiamo nuotare con le forze che abbiamo. Ma non solo le nostre forze, perché la Chiesa è di Cristo e la sua forza val ben più della nostra.
In mezzo alla confusione, dove il fiume ha tracimato da tutte le parti, teniamo fisso lo sguardo verso la mèta che è Cristo Signore (lettera agli Ebrei). Non ci è chiesto di far rientrare il fiume negli argini, ma di indicare la mèta, indirizzare verso la grande speranza, orientare i dispersi, far ripensare al necessario.
E il nuovo anno è una bella occasione che ci è di nuovo offerta per adempiere al nostro ministero, in compagnia di Cristo che ci sta conducendo a nuovi porti e nuovi lidi, che noi ancora non vediamo, ma sappiamo sicuri.

Auguri!!!

Don Gabriele Crenna


IL PROFUMO DEL TEMPO ... (dicembre 2018)

Qualche mese fa mi sono imbattuto in un testo il cui titolo mi ha attratto: “Il profumo del tempo … l’arte di indugiare sulle cose”.
Vi confido che non mi capita spesso di indugiare sulle cose … il ritmo di vita che viviamo o forse lo stile a cui mi sono abituato, difficilmente si ritrova ad indugiare. Piuttosto mi capita di riempire ogni singolo momento, quasi di “strizzare” il tempo per non perderlo, per farlo fruttare al meglio, per tentare di spendersi per fare il bene e per fare della vita un dono.
Eppure quel titolo mi ha incuriosito. Certo, perché ho l’impressione che questa arte di indugiare sulle cose abbia a che fare con lo stile di Gesù … ce lo ha detto in modo evidente attraverso le parabole che, a ben guardare, provengono da uno sguardo sulla realtà, uno sguardo attento, capace di coglierne i particolari. Ma poi penso anche allo sguardo di Gesù nei confronti di Zaccheo o di quella vecchietta con il suo obolo di soli due piccoli spiccioli … irrisoria offerta eppure incredibile dono agli occhi di Gesù. E così questa arte di indugiare sulle cose forse è ciò che ci manca e non ci permette di avere il coraggio di indugiare sulla stessa vicenda del Figlio di Dio.
Certo perché è strano che Dio si incarni e venga al mondo in un paese da nulla ai più sconosciuto, in una grotta per animali, in condizioni assolutamente non augurabile a nessuno. E cresca per circa trent’anni nell’anonimato! Qualcuno sostiene che doveva imparare l’arte dell’essere uomo: e sappiamo bene che questa arte è ricca di piccole cose, di particolari che rendono speciale la vita di ognuno, di sfaccettature che non tutti sanno cogliere nemmeno su di sé. Ecco mi immagino che l’incarnazione di Dio abbia portato in Gesù un rapporto con il tempo capace di indugiare sulle cose tanto da coglierne i particolari, i significati, le risonanze. Tanto da scoprire proprio dentro quelle “cose da nulla” il mistero del regno di Dio. Tanto da raccontare agli uomini, attraverso le immagini che popolavano la loro vita quotidiana, addiritura i tratti di quel Dio che era venuto a rivelare. E’ affascinante tutto ciò perché mi invita ad allenarmi ad indugiare un po' di più sulle cose ma soprattutto sulle persone: in un tempo dove rischiamo di essere tutti risucchiati dall’usa e getta, l’incarnazione di Dio ci invita a indugiare, a scoprire i particolari, a fiutare nelle pieghe delle nostre giornate il regno di Dio che si manifesta.
“Solo nell’indugiare contemplativo, le cose svelano la loro bellezza, il profumo della loro essenza”.
E’ l’augurio per vivere questi giorni di attesa, che sono anche contemporaneamente di frenesia: il Signore viene per aiutarci a gustare le piccole cose così da riconoscere in esse, nei piccoli gesti di cura, nell’incontro con i piccoli del vangelo, i segni del suo amore. Sapremo cogliere questa sfida oppure la nostra frenetica corsa non ci lascerà gustare i particolari dentro gli occhi dei nostri cari, dentro le carezze dei nostri familiari, dentro le vicende del mondo che ci vengono consegnate? Ci doni l’Emmanuele di indugiare sulle cose che abitano la nostra vita così da poterci accorgere della sua presenza nascosta ai più ma rivelata ai piccoli!

Don Luca


FILI PREZIOSI NELLA TRAMA DELLA VITA (novembre 2018)

E' questo un tempo ricco di tanti spunti di riflessione: la festa dei santi e la destinazione verso cui camminiamo, la commemorazione dei defunti e la necessità di dare senso al vivere, il sinodo dei vescovi sui giovani e il desiderio di una chiesa giovane, l'avvento ormai alle porte e l'attesa del Signore che ha a cuore di venire ad abitare la nostra vita. Fili preziosi di una tela che si compone, che compone la nostra vita e la rende un capolavoro. E così ci fa volare alto, ci fa pensare in grande, ci fa venir voglia di camminare pensando che fin dal battesimo la destinazione della nostra vita sia il paradiso.

Certo perché la festa di tutti i santi dice che tutti siamo chiamati a diventare santi. E non sarà perché avremo fatto tutto giusto ma perché avremo cercato di imitare Gesù ovvero, avremo cercato di amare un po' come lui. E così il filo prezioso della santità diventa il filo conduttore che ci invita a dire "Voglio farmi santo e a te Signore chiedo di prendermi per mano". So bene che facilmente questo slancio che ha il potere di prendere la vita viene coperto ed offuscato da altro ma l'esempio di coloro che ci hanno preceduto ci riconsegna un nuovo vigore nel cammino. E così la destinazione paradiso si affaccia alla nostra quotidianità ogni volta che nel nostro amare un uomo o una donna, i figli e la vita tutta, impariamo a farlo a nome del Signore Gesù. Insomma ci è data nella vita la possibilità di gustare un po' di cielo in terra.

E così ci accorgiamo che è necessario dare senso al vivere, ricercare il senso di ciò che facciamo nel tratto di cammino che ci è dato dalla nascita al termine dei nostri giorni. Che cosa siamo al mondo a fare? L'incontro con la morte nel fare memoria di tutti i defunti è invito a dare significato ai nostri gesti e alle nostre parole. Penso a quel testo bellissimo di S.Paolo VI, il pensiero alla morte, in cui la memoria grata permette di guardare alla morte con quella gratitudine infinita verso la vita, propria di chi non ha semplicemente tirato avanti, di chi non si è semplicemente accontentato, di chi non ha pensato solo per sé ma ha gustato il passaggio sulla terra nel profumo dell'eternità, appunto seminando amore e raccogliendo amore.

E proprio in questo contesto di apertura sull'eternità che ha a che fare con la quotidianità, mi piace pensare che si sia svolto il sinodo dei vescovi sui giovani: ne scopriremo i contenuti dedicandoci presto qualche pensiero più approfondito ma per ora basti, dentro lo sguardo di eternità, riconoscere il desiderio della chiesa di rinnovarsi, di ritrovare la sua eterna giovinezza nella sequela del maestro. Sapremo andare alla ricerca dei giovani, far loro fiutare che la vita ha senso e il senso si chiama Gesù? Sapremo metterci in ascolto delle loro domande e contemporaneamente dei loro slanci che ci invitano a uscire dal "si è sempre fatto così" per risignificare le nostre scelte personali ed ecclesiali? Sapremo riconoscerli come una risorsa e non come un problema?

Ecco con tutto questo carico bello e ricco, dentro questa trama di fili preziosi ci accingiamo a vivere il cammino dell'avvento ormai alle porte. E' l'attesa del Signore che viene, che viene a visitare la nostra vita. E sappiamo bene che attendere significa preparare il posto fisico e del cuore, significa "non vedere l'ora", significa essere pronti. C'è una bellissima preghiera di S.Tommaso che davanti all'Eucarestia dice "adoro te devote" e che don Giovanni Moioli ha tradotto dicendo "come uno che l'amore rende pronto". Eccoci: il Signore è pronto nuovamente ad abitare la nostra vita, a fare della nostra vita la sua casa qui sulla terra. A noi il compito di tenere caldo l'amore, di non lasciarlo raffreddare. C'è in gioco la capacità di attendere ovvero di "tendere a": la destinazione è chiara. Il desiderio di Dio è esplicitato. La grazia che accompagna è garantita. Ora tocca a noi raccogliere i fili preziosi che questo tempo ci offre per intessere la trama della vita in modo sapiente così che diventi nelle mani di Dio un arazzo di qualità, o meglio un arazzo di santità!

don Luca


Chi mi vuole servire, mi segua! (Ottobre 2018)

Non ci sono molte parole da aggiungere a quanto Papa Francesco ha espresso con chiarezza nel suo viaggio a Palermo sulle orme del beato Pino Puglisi. E’ la mistica del sorriso quella che abita il cristiano ed in particolare il prete, quel sorriso che Padre Pino ha lasciato indelebilmente negli occhi e nel cuore del suo uccisore. Che passi proprio di qui la testimonianza che il mondo ci chiede: gente contenta perché contenta di Gesù! In questo tempo degli inizi chiediamo al Signore di essere segno nel mondo della gioia del vangelo! In questa gioia accompagniamo don Ervè: riceverà la croce che l’arcivescovo consegnerà a coloro che partono per la missione durante la veglia missionaria. E’ il segno evidente della testimonianza, di una vita disposta a donarsi totalmente per amore.


Don Luca

(dall’omelia di Papa Francesco nella memoria di Pino Puglisi a Palermo)

Oggi Dio ci parla di vittoria e di sconfitta. San Giovanni nella prima lettura presenta la fede come «la vittoria che ha vinto il mondo» (1 Gv 5,4), mentre nel Vangelo riporta la frase di Gesù: «Chi ama la propria vita, la perde» (Gv 12,25).
Questa è la sconfitta: perde chi ama la propria vita. Perché? Non certo perché bisogna avere in odio la vita: la vita va amata e difesa, è il primo dono di Dio! Quel che porta alla sconfitta è amare la propria vita, cioè amare il proprio. Chi vive per il proprio perde, è un egoista, diciamo noi. Sembrerebbe il contrario. Chi vive per sé, chi moltiplica i suoi fatturati, chi ha successo, chi soddisfa pienamente i propri bisogni appare vincente agli occhi del mondo. La pubblicità ci martella con questa idea – l’idea di cercare il proprio, dell’egoismo –, eppure Gesù non è d’accordo e la ribalta. Secondo lui chi vive per sé non perde solo qualcosa, ma la vita intera; mentre chi si dona trova il senso della vita e vince.
Dunque c’è da scegliere: amore o egoismo. L’egoista pensa a curare la propria vita e si attacca alle cose, ai soldi, al potere, al piacere. Allora il diavolo ha le porte aperte. Il diavolo “entra dalle tasche”, se tu sei attaccato ai soldi. Il diavolo fa credere che va tutto bene ma in realtà il cuore si anestetizza con l’egoismo. L’egoismo è un’anestesia molto potente. Questa via finisce sempre male: alla fine si resta soli, col vuoto dentro. La fine degli egoisti è triste: vuoti, soli, circondati solo da coloro che vogliono ereditare. È come il chicco di grano del Vangelo: se resta chiuso in sé rimane sotto terra solo. Se invece si apre e muore,
porta frutto in superficie.
Ma voi potreste dirmi: donarsi, vivere per Dio e per gli altri è una grande fatica per nulla, il mondo non gira così: per andare avanti non servono chicchi di grano, servono soldi e potere. Ma è una grande illusione: il denaro e il potere non liberano l’uomo, lo rendono schiavo. Vedete: Dio non esercita il potere per risolvere i mali nostri e del mondo. La sua via è sempre quella dell’amore umile: solo l’amore libera dentro, dà pace e gioia. Per questo il vero potere, il potere secondo Dio, è il servizio. Lo dice Gesù. E la voce più forte non è quella di chi grida di più. La voce più forte è la preghiera. E il successo più grande non è la propria fama, come il pavone, no. La gloria più grande, il successo più grande è la propria testimonianza.
Cari fratelli e sorelle, oggi siamo chiamati a scegliere da che parte stare: vivere per sé – con la mano chiusa – o donare la vita – la mano aperta. Solo dando la vita si sconfigge il male. Un prezzo alto, ma solo così [si sconfigge il male].
Allora vorrei chiedervi: volete vivere anche voi così? Volete dare la vita, senza aspettare che gli altri facciano il primo passo? Volete fare il bene senza aspettare il contraccambio, senza attendere che il mondo diventi migliore? Cari fratelli e sorelle, volete rischiare su questa strada, rischiare per il Signore?
Dio ci liberi da una vita piccola, che gira attorno ai “piccioli”. Ci liberi dal pensare che tutto va bene se a me va bene, e l’altro si arrangi. Ci liberi dal crederci giusti se non facciamo nulla per contrastare l’ingiustizia. Chi non fa nulla per contrastare l’ingiustizia non è un uomo o una donna giusto. Ci liberi dal crederci buoni solo perché non facciamo nulla di male. “È cosa buona – diceva un santo – non fare il male. Ma è cosa brutta non fare il bene” [S. Alberto Hurtado]. Signore, donaci il desiderio di fare il bene; di cercare la verità detestando la falsità; di scegliere il sacrificio, non la pigrizia; l’amore, non l’odio; il perdono, non la vendetta.
Il Vangelo oggi termina con l’invito di Gesù: «Se uno mi vuole servire, mi segua» (v. 26). Mi segua, cioè si metta in cammino. Non si può seguire Gesù con le idee, bisogna darsi da fare. «Se ognuno fa qualcosa, si può fare molto», ripeteva don Pino. Quanti di noi mettono in pratica queste parole? Oggi, davanti a lui domandiamoci: che cosa posso fare io? Che cosa posso fare per gli altri, per la Chiesa, per la società? Non aspettare che la Chiesa faccia qualcosa per te, comincia tu. Non aspettare che la società lo faccia, inizia tu! Non pensare a te stesso, non fuggire dalla tua responsabilità, scegli l’amore! Senti la vita della tua gente che ha bisogno, ascolta il tuo popolo.
Abbiate paura della sordità di non ascoltare il vostro popolo. Questo è l’unico populismo possibile: ascoltare il tuo popolo, l’unico “populismo cristiano”: sentire e servire il popolo, senza gridare, accusare e suscitare contese.
Oggi, cari fratelli e sorelle, scegliamo anche noi una vita bella. Così sia.

Papa Francesco


Pronti, partenza, via ! (Settembre 2018)

Eccoci pronti a partire per un nuovo viaggio!
Bhe pronti … Non si è mai sufficientemente pronti ma ciò che consola profondamente è che ci sia qualcuno pronto ad accoglierti, che da tempo ti attende, che da tempo prega per te, che da tempo si è fatto carico della Chiesa di Dio che lì vive.
Pronti a partire: io parto con voi per questo nuovo viaggio e contemporaneamente don Hervé parte per una nuova missione. Ecco, siamo pronti a partire per provare a camminare sulle orme del Signore Gesù insieme a fratelli e sorelle che condividono con noi la fede e la passione per il vangelo. Credo che sia una avventura appassionante, che valga la pena di essere vissuta e costruita insieme.
Sono tanti i pensieri, le idee, le curiosità che abitano il mio cuore in questo primo mandato da parroco: non so bene cosa voglia dire e così chiedo a voi di insegnarmi un pochino a vivere da pastore …mi piacerebbe portare con me quello che Papa Francesco chiama l’odore delle pecore per esprimere la vicinanza stretta tra il pastore e le pecore segno di relazioni che crescono secondo il vangelo!
In questi anni ho avuto la fortuna, prima in parrocchia a Milano e poi nell’Azione Cattolica diocesana, di incontrare tanti ragazzi e giovani ricchi di energie, iniziative, passione per la vita. Mi è stata data la grazia di camminare insieme e ho scoperto che ognuno ha il suo passo … i ragazzi mi prendono in giro perché dicono che ho un passo spedito e che nelle gite capita di vedermi alla partenza e poi …all’arrivo. Dovrete aiutarmi a prendere il vostro passo condotti dal desiderio di camminare insieme … e voi sapete bene che camminare insieme è la traduzione della parola sinodo! E’ questo un tempo sì di sinodi (dalle genti, dei giovani …) ma mi sembra di capire che è tempo in cui il sinodo diventi un metodo attraverso il quale camminare insieme: piccoli e grandi, preti e laici, uomini e donne, giovani e anziani così da aspettarsi e contemporaneamente stimolarsi vicendevolmente per puntare in alto. Sapete che una delle più grandi gioie è data, per me, dalla bellezza di portare tutti in vetta: a volte ci vuole molto tempo, a volte bisogna prendere qualcuno per mano, a volte è necessario sfidare qualcuno, a volte è grazie alla vicinanza di altri che tu non smetti di camminare! Forse è un po' così anche nella vita di una comunità. Mi piace ricordare quanto il Papa sostiene in quel documento programmatico del suo pontificato, la lettera Evangelii gaudium, al numero 31 (lo dice per il vescovo ma vale per ogni presbitero): a volte si porrà davanti per indicare la strada e sostenere la speranza del popolo, altre volte starà semplicemente in mezzo a tutti con la sua vicinanza semplice e misericordiosa, e in alcune circostanze dovrà camminare dietro al popolo, per aiutare coloro che sono rimasti indietro e – soprattutto – perché il gregge stesso possiede un suo olfatto per individuare nuove strade.
Ritengo sia questa una immagine bellissima di comunità: non so se sarò capace di camminare così, se ne avrò la forza e contemporaneamente la pazienza. So però che potrebbe essere un modo evangelico di procedere. E allora mi sento di avanzare una richiesta che ha il sapore di un gesto simbolico: ci state a camminare tutti insieme, da una parrocchia all’altra nel giorno del mio ingresso il 30 settembre? Non una processione ma un cammino in cui ognuno possa inserirsi dal punto in cui si trova, o dal luogo dal quale pensa di potercela fare ad arrivare alla fine … per qualcuno saranno gli ultimi 50 metri ma saranno preziosi per dire il desiderio di camminare insieme.
Ricorderete tutti l’invito del Papa ai giovani nella GMG di Cracovia a indossare gli scarponcini ai piedi per mettersi a camminare nella vita: gli scarponcini sono già calzati e il desiderio di camminare cresce di giorno in giorno. Sono curioso di sapere quali sentieri lo Spirito ci darà di percorrere, con quali compagni di viaggio, verso quali mete … A dire il vero la meta è chiara per ogni comunità cristiana: è la comunione con Dio e con i fratelli e le sorelle che condividono con noi la vita. E allora pronti, partenza, via in questa prima domenica di settembre, certi del suggerimento della Parola odierna: “Chi crede nel Figlio ha la vita eterna”. Insomma c’è in palio la vita eterna, una vita che profuma di eternità; il Signore Gesù è venuto a consegnarci con le parole e con l’esempio questo profumo di eternità …ora tocca a noi non perdere di vista il vangelo per profumare di eternità. E sappiamo bene che un buon profumo lascia la scìa! Buon cammino a tutti!

Don Luca

In questo passaggio di testimone vorrei chiedere ad ognuno pareri, suggerimenti, attenzioni … lo faremo, spero, strada facendo. Intanto approfitto della presenza di don Hervé, prima che scappi per nuovi lidi. Vorrei chiedere di consegnarci qualche perla:
3 doni preziosi che hai scoperto dentro il cammino della tua comunità
3 piste da percorrere che tu intravvedi come vie privilegiate in questi anni che verranno
Mi immagino che con te si siano compiuti passi in ordine alla missione: in quale direzione coltivare la missionarietà in questo territorio generale del luinese?

I tre doni preziosi
Il dono evangelico per il rinnovato cammino dell’accoglienza grazie alla responsabilità del cercare di “servire”, con la mia vita umana e sacerdotale, le due parrocchie nell’esperienza dell’Unità pastorale. Cammino affascinante perché mi ha aiutato ancor più a riscoprire la vita cristiana come “missionaria” nella sua ricchezza evangelica.
La costante disponibilità alla concreta esperienza dell’apprendere ogni giorno, per farne tesoro, la ricchezza di ogni persona indipendentemente dalla sua presenza nella Comunità.
La gioia e la fatica di far crescere il dono della “corresponsabilità pastorale” a cui ogni battezzato è chiamato a viverla nella sua quotidianità nel riconoscersi sempre più parte viva della missione della Chiesa di cui è un membro indispensabile.

Piste privilegiate
Valorizzazione della celebrazione eucaristica perché sorgente della corresponsabilità missionaria
Il valore e la centralità della famiglia nella “vocazione missionaria” del singolo e della Comunità.
Risveglio ad una catechesi che viva questa fondamentale corresponsabilità della famiglia nella formazione alla missione della Comunità nella Chiesa per il Mondo

In ordine alla missione
E’ necessario liberare la parola “missione” dal solo riferimento “al partire per luoghi di missione degli addetti ai lavori” affinché nessuno perda la sua fondamentale corresponsabilità missionaria nella vita quotidiana e quindi si senta sempre “inviato” ad annunciare il Vangelo a tutti.
La sua vita di battezzato infatti, sarà sempre caratterizzata dall’essere testimone dalla sua esperienza particolare del “partire” nel nome di Gesù in comunione con la Comunità di fede.
E il “partire” deve essere sempre una risposta alla necessità dei fratelli che hai imparato ad amare vivendo l’accoglienza della Parola del Signore.
Essa forma ogni comunità per renderla “missionaria” in se stessa e quindi nel servire chi non ha ancora la “conoscenza” della vita cristiana.
A tutti un profondo ringraziamento per avermi aiutato a crescere sempre più nella mia vocazione missionaria ri-accogliendo il dono del “partire”.

Grazie alla formazione che l’Unità pastorale di Porto-Domo ha continuamente sostenuto e modellato in me, in questi quattro anni di fiducioso servizio come parroco, ho potuto accogliere con fiducia questo “nuovo” partire, nonostante l’età, a nome della Diocesi di Milano per Haiti.


Con affetto don Hervé